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Riflessioni: Quando ero giovane...
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Respuesta  Mensaje 1 de 1 en el tema 
De: Quinef  (Mensaje original) Enviado: 04/12/2009 17:32
"Quando ero giovane "collutorio" si scriveva con 2 t. Le stagioni erano 5, c'era anche La secondavera, che durava una settimanetta, e durante la quale uno poteva utilizzare le ferie pregresse. L'hanno soppressa perché c'erano troppe vacanze, che sommate alle pensioni baby davano a volte diritto di finire di lavorare a quattordici quindici anni. E poi uno non faceva in tempo a tirare fuori dall'armadio la roba secondaverile, che la moglie o la mamma lo gettava malamente in disparte urlando: "E' dal reparto estivo, che bisogna attingere, questa roba non va più toccata". E va be'.
Quando ero giovane, mica come adesso, che si fa l'amore con una ragazza poi le si chiede il nome, e già che ci siamo si chiede anche il nome del nascituro. Una volta l'approccio cominciava a dieci anni. La madre ti sussurrava nell'orecchio, nel bel mezzo della notte, con voce cavernosa: "Camilla Camilla Camilla Camilla" e così al mattino pensavi a Camilla e non sapevi perché, anzi non sapevi nemmeno chi fosse, questa Camilla. L'anno dopo ti facevano vedere una foto di Camilla, dalle sopracciglia al naso e ti dicevano, questa è Camilla. Ti piace, Camilla? Sì è bella, ma chi la conosce? E poi, tutto di seguito, ti facevano vedere la foto del casolare e dei suoi genitori, e dopo una serie di foto che costava come una dote, dopo anni e anni di approcci grafici e fotografici, ti trovavi nel letto con Camilla, la prima notte di nozze, e ancora non sapevi chi era.
Quando ero giovane non si andava a lavorare in macchina, cilindrata duemila con le gomme gudìar ribassate, ma si andava in bicicletta, a volte su una ruota sola perché l'altra era buca, a volte solo con il telaio, senza ruote, ma la si portava ugualmente per la forza dell'abitudine e si facevano cento chilometri tutti i giorni e quando si arrivava in fabbrica era già anche finita la giornata e il tempo lavorativo passava molto in fretta.
Quando ero giovane alla domenica si metteva il vestito della festa, che era come quello degli altri giorni, solo che si metteva su alla festa. Alla domenica ci si lavava e poteva anche capitare che si mangiasse e di quando in quando ci scappava una partitina con il gheinboi.
Quando ero giovane si diceva pane al pane, invece adesso si dice, passami quel coso, o quella forma farinosa cotta in forno dopo lievitazione più o meno prolungata, senza mai chiamarlo davvero con il suo nome. E anche i rapporti umani sono di tipo amplessoidale-epidermico con lievi risvolti cerebrali, ma si parla molto di più con animali e cose, che con le persone. Ho visto gente parlare con finestre a abbaini, accarezzare lascivamente automobili e biciclette da corsa, passarsi monete di metallo sulle zone erogene, discutere amabilmente con dei cacatoa, levrieri, gnu, e tenere il broncio ai familiari per mesi o per anni.
Quando ero giovane il rancore durava qualche minuto, giusto il tempo per calare una mannaia o il bastone, adesso il rancore è uno stile di vita e quando si chiede ma perché ce l'hai con me, non ci si ricorda il perché, ti rispondono se ce l'ho con te un motivo ci sarà pure, no?
Quando ero giovane ci si conosceva tutti, si voleva bene al vicinato, soprattutto alle mogli dei vicini, che erano tutte molto socievoli e affettuose e le si consolava in tempo di guerra, di carestia, di tormenta, di solleone, insomma ogni occasione era buona per una consolazione. Ma adesso questo altruismo è tutto verso se stessi, tutto verso lo specchio, i vetri, le superfici riflettenti. Io ho scoperto dopo sette anni che il mio vicino di casa è un nero, dopo dieci che la mia dirimpettaia è una cinese, e dopo diciassette che quello sotto di me è un travestito. Ma in dove cavolo di quartiere abito? Soprattutto alla luce del fatto che il fiume che scorre a poche decine di metri da casa mia si chiama Yang tze Chiang, e non capisco un'acca di quello che dicono gli altri?
Una volta si parlava un linguaggio universale, non si conoscevano più di dieci quindici parole, si era ignoranti ma ci si capiva, buongiorno , buonasera, vuoi una mano? Adesso c'è la babele delle lingue e ti fregano in giacca e cravatta e conoscono venti o trenta parole già alla lettera "A" e tutte incomprensibili.
Quando ero giovane si era giovani davvero, si era ingenui fino a trentotto anni, e stupidi fino a quaranta, e un bel giorno si andava a letto stupidi e ci si alzava riposati, seri e adulti, pieni di esperienza, rugosi e maturi, con i capelli brizzolati e un fare composto e austero. Si era entrati nell'età matura. Adesso si è boss a dodici anni, e dai tredici ai settanta si lotta con l'adolescenza e un bel giorno, quando è il momento di svegliarsi per entrare nell'età matura, invece si muore, così che dire a uno sei una persona matura è come darlo per spacciato.
Io nell'età matura ci sono entrato con le gambe e tutto, e non si sta neanche scomodi. Ho guardato il mondo con occhi maturi, e ho capito che era già ora di raccogliere le mele. C'è un gap generazionale, perché io "gap" è l'unica parola straniera che so della lettera G.
Quando ero giovane non si andava mai in vacanza e chi ci andava veniva additato da tutti e gli si stava alla larga. Chi ci andava faceva di tutto per non darlo vedere, e se aveva la macchina carica di valigie con sdraio e ombrellone sul portapacchi e gli si chiedeva la meta, quegli con noncuranza rispondeva: "Vado la supermercato a fare la spesa della settimana". Adesso il lavoro viene visto come ramo servizi, che comprende tutto, rapporti matrimoniali, polizze assicurative, bevuta al bar con gli amici, prestanome, cercanome, nome in incognito e conto cifrato. Se uno produce lo si guarda con un po' di sospetto, come se in garage avesse stipato l'occorrente per l'atomica. Non è raro che uno che produce venga perquisito dalla finanza o dai nocs o dalla cia o dia o fbi o avis perché dire che si produce è come dire qualcosa di brutto, tipo si produce coca o si produce un'escrescenza. Producendo poco si fa molta vacanza e se uno viene visto con un badile o con una cassetta degli attrezzi sul portapacchi si sente tenuto a raccontare a tutti che sta andando in ferie in montagna.
Quando ero giovane il mondo era piatto e c'erano le colonne d'Ercole e ci si sentiva tutti al sicuro, perché di là c'era il nulla e al di qua si stava bene, invece poi il mondo si è arrotondato e dal nulla sono venuti gli schiavi neri e via via gli albanesi, i musulmani e i cinesi, esseri che per certi versi ci somigliano, ma che la scienza sta ancora studiando, perché non si capisce come facciano a stare in venti in un monolocale.
Quando ero giovane la vita media era quarant'anni e non c'era il problema di parcheggiare i vecchi, adesso vivono fino a 130-140 anni e sono tutti in sosta vietata, per questo ci sono i parchi buoi con tetto dove con la modica cifra di due stipendi si può lasciare il babbeo a tempo indeterminato, questo sì, non come i lavori che adesso sono tutti precari. Qui di precariato non ce n'è".
"Adesso prendi fiato, nonno, che il tuo compagno di stanza sta riposando. E poi a Villa Margherita non si sta così male".
"Fatto sta, bambina, che la sfoglio tutti i giorni, la margherita, muoio non muoio muoio non muoio. Ma quanti maledetti petali ha questa margherita ignorante del tempo? E a proposito di tempo, che ore sono? Oggi ci sono i tortelli, perché è festa".
Autore: Robirobi


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