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Da La Repubblica
Privo di biglietto perché impossibilitato a farlo mostra i soldi al controllore. Ma viene costretto a scendere dalla polizia ferroviaria
Quel ragazzo senza braccia sul treno dell'indifferenza
di SHULIM VOGELMANN
La ragazza decide di risolvere la questione in altro modo e in ossequio
alla procedura appresa al corso per controllori provetti si dirige a
passi decisi in cerca del capotreno. Con la sua uscita di scena i
viaggiatori riprendono a respirare, e tutti speriamo che la storia
finisca lì: una riprovevole parentesi, una vergogna senza coda, che il
controllore lasci perdere e si dedichi a controllare i biglietti al
resto del treno. Invece no. Tornano in due. Questa
volta però, prima che raggiungano il giovane disabile, dal mio posto
blocco controllore e capotreno e sottovoce faccio presente che data la
situazione particolare forse è il caso di affrontare la cosa con un po'
più di compassione.
Al che la ragazza, apparentemente punta nel vivo, con aria acida mi
spiega che sta compiendo il suo dovere, che ci sono delle regole da far
rispettare, che la responsabilità è sua e io non c'entro niente. Il
capotreno interviene e mi chiede qual è il mio problema. Gli riepilogo
la situazione. Ascoltata la mia "deposizione", il capotreno, anche lui
sulla trentina, stabilisce che se il giovane non aveva fatto in tempo a
fare il biglietto la colpa era sua e che comunque in stazione ci sono
le macchinette self service. Sì, avete capito bene: a suo parere la
soluzione giusta sarebbe stata la macchinetta self service. "Ma non ha
braccia! Come faceva a usare la macchinetta self service?" chiedo al
capotreno che con la sua logica burocratica mi risponde: "C'è
l'assistenza". "Certo, sempre pieno di assistenti delle Ferrovie dello
Stato accanto alle macchinette self service" ribatto io, e aggiungo che
le regole sono valide solo quando fa comodo perché durante l'andata
l'Eurostar con prenotazione obbligatoria era pieno zeppo di gente in
piedi senza biglietto e il controllore non è nemmeno passato a
controllare il biglietti. "E lo sa perché?" ho concluso. "Perché quelle
persone le braccia ce l'avevano...".
Nel frattempo tutti i passeggeri che seguono l'evolversi della vicenda
restano muti. Il capotreno procede oltre e raggiunto il ragazzo
ripercorre tutta la procedura, con pari indifferenza, pari
imperturbabilità. Con una differenza, probabilmente frutto del suo
ruolo di capotreno: la sua decisione sarà esecutiva. Il ragazzo deve
scendere dal treno, farsi un biglietto per il successivo treno diretto
a Roma e salire su quello. Ma il giovane, saputa questa cosa, con lo
sguardo disorientato, sudato per la paura, inizia a scuotere la testa e
tutto il corpo nel tentativo disperato di spiegarsi; spiegazione
espressa con la solita esplicita, evidente parola: handicap.
La risposta del capotreno è pronta: "Voi (voi chi?) pensate che siamo
razzisti, ma noi qui non discriminiamo nessuno, noi facciamo soltanto
il nostro lavoro, anzi, siamo il contrario del razzismo!". E detto
questo, su consiglio della ragazza controllore, si procede alla fase B:
la polizia ferroviaria. Siamo arrivati alla stazione di (...). Sul
treno salgono due agenti. Due signori tranquilli di mezza età. Nessuna
aggressività nell'espressione del viso o nell'incedere. Devono essere
abituati a casi di passeggeri senza biglietto che non vogliono pagare.
Si dirigono verso il giovane disabile e come lo vedono uno di loro alza
le mani al cielo e ad alta voce esclama: "Ah, questi, con questi non ci
puoi fare nulla altrimenti succede un casino! Questi hanno sempre
ragione, questi non li puoi toccare". Dopodiché si consultano con il
capotreno e la ragazza controllore e viene deciso che il ragazzo
scenderà dal treno, un terzo controllore prenderà i soldi del disabile
e gli farà il biglietto per il treno successivo, però senza posto
assicurato: si dovrà sedere nel vagone ristorante.
Il giovane disabile, totalmente in balia degli eventi, ormai non tenta
più di parlare, ma probabilmente capisce che gli sarà consentito
proseguire il viaggio nel vagone ristorante e allora sollevato, con
l'impeto di chi è scampato a un pericolo, di chi vede svanire la
minaccia, si piega in avanti e bacia la mano del capotreno.
Epilogo della storia. Fatto scendere il disabile dal treno, prima che
la polizia abbandoni il vagone, la ragazza controllore chiede ai
poliziotti di annotarsi le mie generalità. Meravigliato, le chiedo per
quale motivo. "Perché mi hai offesa". "Ti ho forse detto parolacce? Ti
ho impedito di fare il tuo lavoro?" le domando sempre più incredulo.
Risposta: "Mi hai detto che sono maleducata". Mi alzo e prendo la
patente. Mentre un poliziotto si annota i miei dati su un foglio chiedo
alla ragazza di dirmi il suo nome per sapere con chi ho avuto il
piacere di interloquire. Lei, dopo un attimo di disorientamento, con
tono soddisfatto, mi risponde che non è tenuta a dare i propri dati e
mi dice che se voglio posso annotarmi il numero del treno.
Allora chiedo un riferimento ai poliziotti e anche loro si rifiutano e
mi consigliano di segnarmi semplicemente: Polizia ferroviaria di (...).
Avrei naturalmente voluto dire molte cose, ma la signora seduta accanto
a me mi sussurra di non dire niente, e io decido di seguire il
consiglio rimettendomi a sedere. Poliziotti e controllori abbandonano
il vagone e il treno riparte. Le parole della mia vicina di posto sono
state le uniche parole di solidarietà che ho sentito in tutta questa
brutta storia. Per il resto, sono rimasti tutti fermi, in silenzio, a
osservare. L'autore è scrittore ed editore
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De: clicy21 |
Enviado: 30/12/2009 18:39 |
E' una cosa assurda...........pero' e' ancora piu' assurdo che si mandi in giro da sola una persona senza braccia! Una qualsiasi necessita', di qualsiasi genere, come se la cava?Mi auguro che non si trattasse del solito furbastro che tenta di fare il furbastro! Tutta la storia non quadra! Se aveva i soldi poteva farseli prendere in tasca dal controllore e pagare il biglietto anche con la sovrattassa come e' capitato anche a me, inoltre quel tizio non era obbligato a dare le sue generalita' perche' non aveva offeso dando di maleducata e prima casomai di darle doveva farsi dare quelle dell'offesa tutta questa storia non torna...mah
Ely |
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Ciao a tutti...bè in verità la storia quadra poco ma,comunque sia,siamo circondati da persone che,solo perchè hanno una divisa, credono di poter fare e disfare.Si chiama abuso di potere,questo...In una cittadina nella provincia di Firenze lavorava un uomo che,solo perchè aveva una divisa e lavorava per la Polizia municipale,trovava tutti i pretesti per fare multe...C'è un piccolo particolare che non tornava...che la faceva a chi voleva lui.Figuratevi che lo avevano soprannominato "Rambo"..Quando passava per strada eran guai per molti sventurati.Si salvava solo chi(e parlo degli esercenti di negozi)gli offriva la colazione,il pasto...e chi più ne ha più ne metta...Addirittura molte donne hanno raccontato che,in cambio di un appuntamento,il bellimbusto stracciava le multe( ci ha provato anche con me!!!...Un bel giorno,senza sapere chi ringraziare, si ritrovò all'ospedale e fu segnalato all'Ufficio di competenza...Questo signore è stato trasferito in un'altra città dove...spero per lui,forse ha messo la testolina a posto...Ma questa è un'altra storia e la dovevo scrivere...Riguardo al caso descritto da Francesca,non mi rimane che chiedere..."Ma...l'umanità nei confronti del prossimo dove stà?"
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