Marco Cedolin
Settimana
assai convulsa quella che sta per concludersi in Val di Susa, con una
grande manifestazione popolare in programma proprio a Susa per sabato
pomeriggio. Dopo i primi sondaggi nella cintura torinese e il tentativo di carotaggio
respinto martedì 12 dai presidianti dell’autoporto di Susa, le trivelle
sono entrate in azione due volte. La prima alle 3 di notte di martedì
19, in un terreno di proprietà della Sitaf (poi spostata dopo 24 ore a
50 metri di distanza per un secondo sondaggio), non lontano dal
presidio dell’autoporto, la seconda alle 4 di mattina nei pressi della
stazione di Condove.
In entrambi i casi la stessa dinamica ,
territorio invaso da svariate centinaia di agenti in tenuta
antisommossa e rapido blocco di tutte le vie di accesso (compresi gli
svincoli autostradali) ai siti oggetto dei carotaggi. Altrettanto
solerte anche la risposta della popolazione contraria all’opera, con
centinaia di persone mobilitatesi nel cuore della notte e presidi nati
dal nulla, dove alle prime luci dell’alba già si sfornava caffè caldo,
insieme a fette di torta, destinate a trasformarsi nel corso della
giornata in tome e salami, il tutto rigorosamente doc, prodotto e
distribuito a km zero.
La protesta ha avuto sempre carattere
pacifico e le occasioni di tensione sono state poche, la più seria
delle quali quando un gruppo di NO TAV dopo avere bloccato il TGV nella
stazione di S. Antonino è riuscita a sorprendere le forze dell’ordine
arrivando nella stazione di Condove via treno, fino a giungere a pochi
metri dalla trivella. Alcuni carabinieri particolarmente agitati hanno
alzato il manganello, ferendo lievemente un manifestante che è stato
trasportato in ospedale, ma la situazione si è ricomposta quasi
immediatamente. Per il resto molte azioni dimostrative con blocchi
dell’autostrada e della ferrovia e mobilitazione che nel complesso (fra
Susa e Condove) ha coinvolto qualche migliaio di manifestanti, rendendo
abbastanza evidente il fatto che l’immagine di una valle “normalizzata”
dove le persone contrarie all’alta velocità si sono ridotte a un
manipolo di facinorosi, alligna per ora solamente nella fantasia di
politici e pennivendoli che vendono mistificazioni assortite un tanto
al chilo. Chiunque abbia avuto occasione anche solo di passare qualche
minuto ai presidi (si tratti di quelli permanenti o di quelli nati
spontaneamente in un paio d’ore) ha potuto infatti constatare come la
protesta sia ben viva e partecipata, radicata nel territorio ed
eterogenea. Neppure il genio istrionesco di un bravo affabulatore come
Mario Virano riuscirebbe a “vendere” la favola dei NO TAV
professionisti della protesta ed estremisti antagonisti che arrivano da
“fuori”, di fronte alle signore che preparano il caffè ed affettano
formaggio e salame, di fronte ai signori in età che discutono di
ferrovie e alle loro nipotine che li hanno seguiti appena finiti i
compiti.
Ad impressionare maggiormente è stata l’entità dello
spiegamento di forze messo in campo e l’alta velocità “di lavoro” delle
trivelle, che stando alla documentazione ufficiale avrebbero dovuto
permanere sul territorio da una a due settimane, mentre sono state
smontate dopo meno di 24 ore. Entrambi questi elementi inducono più
di una riflessione in merito all’operazione carotaggi che sembra mirata
semplicemente all’ottenimento di un risultato mediatico, piuttosto che
non al riscontro di risultati tecnici che in tutta evidenza non
interessavano. L’importante era “violare” il territorio valsusino per
dimostrare che si può, premurandosi di fare in fretta, prima che il
montare della protesta producesse risultati mediatici di tutt’altra
natura. E al contempo saggiare il grado di radicamento della
contestazione, per comprendere l’efficacia dei quattro anni di "cura" Virano/ Ferrentino. Le risposte arrivate dal territorio
si sono rivelate molto lontane dalle aspettative, dimostrando che la
contrarietà all’alta velocità in Val di Susa continua a rimanere un
sentimento ben radicato fra la popolazione, così come alta resta la
disponibilità dei cittadini a mobilitarsi in massa a qualunque ora del
giorno e della notte. Il “lavoro” praticato in questi anni da Virano e
Ferrentino ha prodotto risultati molto modesti, certo non sufficienti a
giustificare l’ingente quantità di denaro pubblico dissipata nella
gestione dell’Osservatorio. La prospettiva di portare avanti oltre 10
anni di pesantissimi cantieri,
all’interno di una valle alpina dove si ritiene “indispensabile”
schierare 500 agenti e un centinaio di mezzi blindati per mantenere
montata una trivella per 16 ore, appare poi del tutto impraticabile e
disancorata da ogni logica.
In compenso l’operazione sondaggi ha
fatto un gran bene al movimento NO TAV che trovando nuovi stimoli e
nuove occasioni di socializzazione, sta riscoprendo il piacere dello
stare insieme e la capacità di mobilitazione, come sicuramente
dimostrerà la manifestazione di domani.
Il camper
informativo sulle ragioni del TAV, con a bordo il presidente della
Provincia di Torino Saitta e un paio di esperti è comparso solo a Susa,
contemporaneamente al primo sondaggio, per poi defilarsi a tempo
indefinito a causa dello scarso gradimento riscosso presso la
popolazione.
Le trivelle probabilmente
torneranno in azione all’inizio della settimana prossima, per
effettuare una parte dei sondaggi che ancora mancano, naturalmente
ancora una volta ad alta velocità. Sempre che Virano, uomo molto
arguto, non realizzi che in fondo si tratta di un autogol e decisa che
la loro importanza nel merito dello studio del progetto preliminare è
così marginale da renderli superlui.
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