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Respuesta  Mensaje 1 de 10 en el tema 
De: primaveraestate  (Mensaje original) Enviado: 19/01/2010 07:32

  Il nome di Molare è noto anche per una manifestazione tradizionale ultra centenaria che ogni anno richiama migliaia di turisti provenienti da diverse parti d'Italia e alcuni anche dall'estero. E' la sagra del polentone. La tradizione narra che in tempi lontani, gli abitanti delle sperdute frazioni intorno a Molare, si recassero il primo giorno di quaresima di ogni anno, nella chiesa parrocchiale. Si narra che un anno, mentre i pellegrini si accingevano a rientrare nelle loro abitazioni, venissero sorpresi da una forte nevicata che li costrinse a rifugiarsi sotto una tettoia, al freddo, in attesa di riprendere il cammino.

Mentre la nevicata infuriava, passò nelle vicinanze della chiesa, la carrozza del conte Gajoli Boidi, il quale volle invitarli nelle cucine del suo castello, ordinando alla servitù polenta e baccalà per tutti. I pellegrini, trovandosi poco a loro agio all'interno del castello, chiesero di poter gustare il dono sotto la tettoia che era stata loro rifugio contro la neve.

Così fu ed il pranzo continuò in allegria, tra la curiosità di molti abitanti del concentrico.

In anni successivi qualcuno pensò di rievocare il gesto, preparando in piazza la grande polenta e distribuendola a tutti i presenti fra canti e balli. Una festa che con il passare degli anni si è trasformata in una grande manifestazione folcloristica.



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Respuesta  Mensaje 2 de 10 en el tema 
De: primaveraestate Enviado: 22/01/2010 08:20

La città di Alessandria ebbe a soffrire, come tante d'altronde, assedi, guerre e lutti, ma, pur fra questi, conobbe episodi curiosi come quello della regina Pedoca
Dura condottiera germanica, la donna aveva fama di sanguinaria sterminatrice. Strinse nella morsa delle sue soldatesche la città, che tuttavia opponeva una forte resistenza. 
Se una non cedeva, manco l'altra mollava. 
Pedoca, anzi, fece impiantare dei vitigni a ridosso delle mura cittadine, assicurando che non se ne sarebbe andata fino alla comparsa della nuova uva. Maturata questa, la situazione di stallo protraeva. 
A Pedoca non restava che togliere l'assedio, ma prima di far fagotto, fece versare il vino di quelle vigne ad arrossare la terra al posto del sangue degli alessandrini.

 


Respuesta  Mensaje 3 de 10 en el tema 
De: primaveraestate Enviado: 26/01/2010 18:06

Intorno all'assedio posto da Federico I ad Alessandria negli anni 1174 - 1175, sorsero tra il popolo varie tradizioni, le quali finirono per comporre una storia dell'assedio ben diversa dalla vera.

I fatti storici fanno riferimento alla quinta discesa in Italia dell'imperatore Federico I, che, dopo aver sottomesso Susa e Asti, si accampò attorno ad Alessandria, confidando di entrarne in possesso in poco tempo, giacché era sorta solo sei anni prima.

La città, sorta sugli aneliti di libertà della Lega Lombarda, aveva molti nemici: Pavia ne temeva l'espansione, il Marchese del Monferrato voleva tornare in possesso di quei territori e l'imperatore era deciso a distruggerla per eliminare uno dei simboli della rivolta della Lega contro l'impero. I fatti decisivi si svolsero durante il periodo di Pasqua: il Barbarossa temendo di essere chiuso tra l'esercito degli assediati e l'esercito della Lega, che stava arrivando in soccorso della città, tentò di ottenere il successo per mezzo di un tradimento. Stipulò una tregua con gli Alessandrini valevole per i tre giorni santi della Pasqua, ma usò questo tempo per far scavare un tunnel che sbucava dentro la città. Nella notte del venerdì santo tentò la sortita, ma le sentinelle riuscirono ad avvertire in tempo la popolazione: fu sventato l'attacco proditorio e, anzi, gli Alessandrini spalancarono la città e attaccarono l'esercito nemico, che si disperse per le campagne, ponendo così fine alle mire dell'imperatore.

Questa la storia vera, che va d'accordo con la tradizione sino al punto in cui la città, soffrendo per mancanza di viveri, era decisa a cercare una salvezza solo col proprio valore. Ed ecco che, mentre gli Alessandrini si apprestavano all'ultimo sacrificio, arriva a portare il suo aiuto un uomo del popolo, vecchio d'anni e di senno, di nome Gagliaudo, che ideò uno stratagemma per confondere il nemico.

Una mattina uscì dalla città assediata e si diresse verso il campo nemico, facendo finta di condurre al pascolo l'unica mucca rimastagli, ben foraggiata di tutte le granaglie che era riuscito a trovare in città. I nemici, non appena lo scoprirono, lo catturarono e uccisero la bestia, ma alla vista di quanto era nutrita ne furono tanto meravigliati, che riferirono la cosa all'imperatore. Questi interrogò Gagliaudo, che fu ben felice di raccontare come la città fosse fornita di viveri sufficienti per resistere ancora parecchi mesi. Federico, che in questa storiella "di parte" appare abbastanza sciocco, disperando di conquistare Alessandria si ritirò. Così la città fu salva, senza lottare, grazie all'astuzia di Gagliaudo.

Ad Alessandria, sulla facciata del duomo, all'angolo con la via che costeggia l'edificio, vi è un'antica cariatide medioevale, che la tradizione identifica con Gagliaudo. All'inizio del Novecento si sparse la voce, probabilmente uno scherzo ben architettato, che la statua era stata vista muoversi e addirittura urlare nelle notti di luna piena.


Respuesta  Mensaje 4 de 10 en el tema 
De: primaveraestate Enviado: 29/01/2010 07:46

Federico Barbarossa, San Pietro e i cavalieri fantasma
 

 

Questa leggenda integra quella più famosa di Gagliaudo, il salvatore di Alessandria, durante l'assedio alla città portato dall'imperatore Federico I nel 1174 - 1175.

La vicenda parla di un inganno ordito dai nemici di Alessandria, per porre fine al lungo assedio: scavarono un tunnel fin dentro le mura per cogliere di sorpresa l'esercito degli assediati. A svelare l'inganno fu nientemeno che San Pietro, che, quando i soldati stavano per sbucare dal tunnel, scese dal cielo, avvolto in una fulgida luce, sopra un cavallo bianco, nelle mani una spada e le chiavi del paradiso, destò tutta la città e la avvertì del mortale pericolo. I cavalieri alessandrini riuscirono, in tal modo, a contrastare la sortita nemica e, anzi, guidati da San Pietro, uscirono dalla città e misero in fuga tutto l'esercito dell'imperatore, il più potente sovrano d'Europa.

A memoria dell'evento prodigioso, nella cattedrale di Alessandria è conservato un dipinto che raffigura San Pietro a cavallo con le chiavi e la spada, nell'atto di spronare i soldati contro uno sbigottito Barbarossa.

Il mistero, però, non termina qui, perchè si narra di viaggiatori che, attraversando di notte le campagne alessandrine, abbiano visto strane figure simili ai cavalieri medioevali girovagare furtive e silenziose. I contadini narravano che si trattasse degli spiriti degli antichi cavalieri che avevano sconfitto il Barbarossa, secoli addietro, anime che vanno alla ricerca dei tesori che nascosero da vivi o con una missione speciale da compiere.

Attorno a queste "presenze" sono sorti molti racconti. Si narra di una fanciulla aggredita da due delinquenti e salvata dall'improvvisa apparizione di un cavaliere dalle sembianze spaventose; oppure di un guerriero che si aggira di notte nelle zone dove si svolse la battaglia e di tanto in tanto si inginocchia a terra: sarebbe il capitano dell'esercito alessandrino che ringrazia i suoi valorosi soldati morti per la salvezza della città.


Respuesta  Mensaje 5 de 10 en el tema 
De: primaveraestate Enviado: 29/01/2010 07:46
Ma dalla Vostre parti non ci sono leggende?

Respuesta  Mensaje 6 de 10 en el tema 
De: Butterfy Enviado: 29/01/2010 12:17
 
Fra i fitti boschi di Rosia, in un piccolo torrente vi sorge un ponticello fatto ad arco senza alcun pilastro che lo sorregge. E' l'antico ponte della Pia Tolomei un vedova di un cavaliere che si risposò con un certo Nello d'Inghiramo signore di Castel di Pietra. Ma purtroppo il fatto volle che la Pia non potesse fare figli con d'Inghiramo che quest'ultimo invaghito la uccise dandole traccia d'infedele. Si dice che la Pia avesse detto, prima di morire, di percorrere il ponte per andare in Maremma a scontare il suo esilio.
La gente del luogo ha conservato la memoria di questa emblematica donna di cui si racconta la bianca visione sopra al ponte, immobile e tranquilla nella notte, un pallido chiarore che alcuni giurano di aver visto nelle notti senza luna.
Non sappiamo se è stata la letteratura o le memorie dantesche abbiano influenzato in qualche modo le sue apparizioni, in cui sembrerebbe che appaia pensierosa invece che spaventata. Si crede che la Pia non sia stata una Tolomei né da fanciulla né da signora ma una Malavolti e vittima di interessi e di accuse politiche anziché d'amore.
Quando si sposò con Nello fu fatta morire nel Castel di Pietra per infondate accuse di tradimento. L'apparizioni della Pia starebbe a significare la vendetta per quella morte assurda indossando l'abito del candore. Infatti sarebbe stata vista tutta bianca, con un velo che copre il volto, vagare senza toccare il terreno, senza il minimo gesto finche qualcuno incuriosito non la fa fuggire via.
Il fantasma sembrerebbe molto triste e sembra volerci comunicare il suo crudo ricordo della morte, ma purtroppo non ci comunica nulla, anzi scompare proprio quando potrebbe mostrarci il suo vero segreto. Inspiegabile invece è la sua apparizione, che invece di apparire nelle rovine del Castel di Pietra, dove è morta, appare su quel ponte come se volesse ascoltare il vento.

 

 

 

 

 

 

 


Respuesta  Mensaje 7 de 10 en el tema 
De: Amico Web di Francesca Enviado: 01/02/2010 18:53

La leggenda di Aleramo e la nascita del Monferrato
 

La leggenda narra di una nobile coppia di Sassonia che si impegnò a compiere un pellegrinaggio fino a Roma, qualora le fosse donata la gioia di un figlio. Aleramo nacque durante il pellegrinaggio, nei pressi di Acqui Terme e subito rimase orfano dei genitori, assaliti da una delle bande di briganti che infestavano la zona.

Il giovane divenne un coraggioso cavaliere al servizio dell'imperatore Ottone I di Sassonia e si innamorò di sua figlia Alasia. I due innamorati, non avendo il consenso dell'imperatore, furono costretti a fuggire e andarono nei luoghi natii di Aleramo, che si adattò a fare il carbonaio.

Il cavaliere, però, attratto dalle imprese di coraggio, tornò a prestare servizio presso l'esercito imperiale, durante alcune rivolte scoppiate nel Nord Italia. Venuto a conoscenza della cosa,  Ottone decise di perdonare i due giovani, concesse ad Aleramo il titolo di marchese e gli promise tanta terra quanta fosse riuscito a percorrere in soli tre giorni di sfrenata cavalcata. Quella terra è il Monferrato: durante la prova, infatti, Aleramo usò un mattone (mun, in dialetto) per ferrare (frà, in dialetto) il cavallo, dando, così, il nome a quel territorio.

Ogni anno, dal 1985, questa leggenda rivive attraverso una gara ippica, che ripercorre il tracciato di Aleramo lungo tutto il Monferrato Alessandrino.


Respuesta  Mensaje 8 de 10 en el tema 
De: primaveraestate Enviado: 05/02/2010 16:07

Il passato della Calabria può essere letto anche sfogliando tutta quella lunga serie di tradizioni, credenze e superstizioni popolari tramandatesi nel corso dei secoli. Negli usi e costumi calabresi sono ravvisabili, infatti, estremi storici e culturali di epoche diversissime tra loro; le vestigia del passato si sono conservate intatte soprattutto in quelle aree meno esposte alle influenze esterne: i paesi montani, ad esempio, e alcuni centri maggiormente isolati, tuttora rivivono – in taluni periodi – feste, sagre e avvenimenti nati tantissimi secoli fa; o, ancora, non vengono dimenticati, dalle minoranze etniche, gli eventi e le manifestazioni tipiche di quella specifica popolazione. Infine, anche nei centri più moderni, più esposti alle influenze di altri popoli, le famiglie hanno tramandato piccole superstizioni che accompagnano il fare quotidiano di ciascun calabrese.
In questa sede, si cerca di recuperare quel grande patrimonio di tradizioni e di cultura che la Calabria possiede, e che spesso ha conquistato anche grazie all'alternarsi di numerosi popoli e di diversissime culture provenienti da tutto il bacino del Mediterraneo.


Respuesta  Mensaje 9 de 10 en el tema 
De: Amico Web di Francesca Enviado: 06/02/2010 20:36

Il tesoro del Castello di Graines. Valle d'Aosta

Sotto il castello di Graines è sepolto un tesoro; nessuno mai è riuscito a portarlo alla luce, anche se molti ci hanno provato. Tra gli altri un giovane mandriano.
In sogno, una voce gli aveva indicato il punto dove avrebbe dovuto scavare, ammonendolo a lasciare il nascondiglio prima che il gallo cantasse tre volte.
La notte successiva, l'uomo fece come gli era stato detto e, scoperta una botola, penetrò nella stanza del tesoro.
Abbagliato dallo sfavillio dell'oro e delle gemme che a mucchi riempivano la grotta, indugiò a contemplare quelle favolose ricchezze, affondandovi cupidamente le mani. Il gallo cantò: una, due, tre volte. La botola si chiuse senza far rumore: e l'uomo restò prigioniero nella caverna incantata, nè alcuno seppe più nulla di lui.


Respuesta  Mensaje 10 de 10 en el tema 
De: primaveraestate Enviado: 09/02/2010 07:47

Il giorno di Santa Cecilia e' un giorno speciale per i tarantini: questa ricorrenza segna infatti, prima che in tante altre zone d'italia, l'inizio delle festività natalizie.
All'alba per le strade buie e silenziose suonando le novene natalizie le bande girano suonando le novene dei compositori locali, prima fra tutte la dolcissima Novena di Paisiello, grande musicista tarantino prediletto alla corte della zarina.

Nelle Pastorali tarantine si interseca tradizione e melodia popolare, le pastorali più famose sono datate dalla prima metà dell'ottocento all'inizio del secolo scorso. La più antica è quella del Maestro Giovanni Ippolito.

Sul perche' sia proprio questo giorno a dare il via ai festeggiamenti c'e' una storia. pare che, tanto tempo fa, la banda della citta' uscì suonando all'alba del 22 novembre per onorare Santa Cecilia, protettrice della musica. E da quel giorno inizio' la tradizione.

In questo giorno si addobba l'albero, si prepara il presepe e soprattutto ...si friggono le PETTOLE, dolcetti poveri, frittelle di pasta lievitata condite con zucchero, o miele o vincotto oppure salate con verdure o baccalà.

Attorno alle origini della pettola (dal latino pitta, ovvero piccola focaccia) la frittella che si prepara durante le festività natalizie a Taranto girano alcune leggende.


Si narra che una donna mentre stava preparando il pane fu distratta da un gran rumore all'esterno: gli zampognari suonavano marce natalizie e lei prese a seguire il corteo.

L'impasto del pane, dimenticato, lievito' eccessivamente fino a diventare inutilizzabile.

La donna prese a fare pezzetti di quella pasta e a gettarla con rabbia nell'olio caldo. Ed ecco che la pasta si gonfio' dorandosi...cosi', si dice, siano nate le pettole!



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