DI fronte alla valanga dei voti NOTAV, che ha spazzato via la Bresso, per la prima volta, in 20 anni, il quotidiano torinese ha scritto un articolo con la verità!!!
Il Pd
spazzato dalla valanga anti-Tav - LA STAMPA DEL 31/03/2010
In Val Susa trionfa il movimento «Cinque stelle» e la Bresso perde
ottomila voti
torino
La partita si giocava qui: pesare la forza del movimento contro l’Alta
Velocità, la tenuta del centrosinistra dilaniato da troppe ambiguità,
l’avanzata della Lega. E così ha deciso la Valsusa: con Cota o con
Grillo. Nel mezzo poco spazio: Pd annichilito, sinistra spazzata via. Ma
in questa valle stretta e intasata da troppo cemento la Tav continuano a
volerla in pochi.
Ci sono 8 mila voti che Bresso ha lasciato sul campo e il sorpasso del
centrodestra. C’è la lista Grillo al 20 per cento; Lega e Pdl che
sbancano 39 Comuni su 43. Sembrano fenomeni opposti, e lo sarebbero, in
qualunque frammento d’Italia. Qui, invece, sono facce della stessa
storia.
Cesare Borello, anima della Lega nella Bassa Valle, non si nasconde: «I
primi No Tav siamo stati noi. Purtroppo è stata una battaglia persa».
Dice proprio così, «purtroppo». Poi la storia è cambiata: «L’errore è di
chi persevera in una lotta perdente, quando invece bisogna parlare di
ricadute sul territorio, che non sono un asilo o una strada, ma si
chiamano “zona franca”, Iva sul territorio».
è qui che la Valsusa si è spaccata in due: di qua chi è contro e lo sarà
sempre, di là chi si è rassegnato e vuole monetizzare. Gazebo contro
presidi: nel mezzo le briciole. L’altra faglia l’ha scavata una crisi
che in due anni si è portata via decine d’aziende. «Continuano a
costruire capannoni, ma restano vuoti», spiega Giuseppe Jacovella,
sindacalista della Fiom. «Perché un imprenditore dovrebbe investire qui?
C’è un futuro da reinventare, ma nessuna idea». Tra queste montagne si è
fatta strada la convinzione che non sia un caso: «Ci hanno messo in
ginocchio per poter fare la ferrovia», racconta Francesco Aubert,
settant’anni e davvero poco a che spartire con i No Tav. «Ho costruito
strade, scavato tunnel. Non sono contro, però vedo che per fiaccarne la
resistenza questa valle è stata lasciata andare allo sfascio». Suo
figlio ha 40 anni, lavorava in una ditta di autotrasporti a Susa. Ora è
in cassa integrazione e ha votato Grillo. «Anche i miei nipoti sono a
casa - racconta un altro pensionato, Anselmo Faure - E hanno scelto
Grillo».
Nel cuore della valle si annida un voto che sa di rivolta e localismo: a
Venaus, l’epicentro della lotta contro il super-treno nel 2005, i
«grillini» fanno 29,8%, e dietro c’è la Lega. Solo nella Bassa valle i
voti sono 6600. Adesso qualcuno dirà che la Valsusa ha consegnato il
Piemonte alla Lega. «Storie - reagisce Luigi Casel, uno dei leader No
Tav - Senza Grillo non avremmo votato. Hanno assediato la valle sperando
che alzassimo bandiera bianca. Ecco la risposta». La risposta si chiama
Marco Scibona, 42 anni, impiegato, due figli e 2200 preferenze, «senza
soldi, manifesti e organizzazione». «Altro che voto di protesta. Questo è
un voto di proposta: noi parliamo di acqua, rifiuti, energia, sviluppo
sostenibile».
A Torino qualcuno è rimasto di sasso. In valle sapevano che sarebbe
andata a finire così. Terra di montanari, guai a trattarli con
arroganza. «In vent’anni la gente ha imparato a pensare. Non vota
secondo ordini di scuderia o di partito» spiega Casel. Lo sa bene Sandro
Plano, presidente No Tav della Comunità montana, ribelle dentro il Pd,
più volte minacciato d’espulsione. Il day after dei democratici è
livido. «Era prevedibile, il comportamento del partito non ha aiutato.
Siamo stati isolati, e questo ha favorito l’emorragia».