Sto rileggendo a caso alcune pagine del romanzo I Miserabili di Victor Hugo, e mi ha impressionato ritrovare la figura del monello di strada e penso come abbinarlo ai bambini di strada di oggi.....
Ma ce ne sono ancora? O dobbiano proprio ritenere che sono rimasti solo gli estracomunitari,piccoli deviati, mandati sulla strada per procurare soldi ai piu' grandi?!...
Rivediamo insieme questa antica figura,descritta dall'autore:
"PARVULU
Parigi ha un fanciullo e la foresta ha un uccello; l'uccello si chiama passerotto, e il fanciullo si chiama monello.
Accoppiate queste due idee che contengono l'una la fornace più ardente e l'altra l'aurora, fate scoccare queste due scintille, Parigi e l'infanzia, e ne viene fuori un piccolo essere che Plauto chiamerebbe "Homunculus".
Questa piccola creatura è allegra. Non mangia tutti i giorni e va ogni sera allo spettacolo, se vuole. Non possiede né camicia, né scarpe, né casa; proprio come le mosche del buon Dio. Conta dai sette ai tredici anni, vive in piccole brigate, batte le strade, dorme a cielo aperto, porta vecchi pantaloni di suo padre che gli calano fino ai talloni, un vecchio cappello di qualche altro padre che gli cade sulle orecchie, una sola bretella di stoffa gialla; corre, sorveglia, mendica, perde tempo, fuma, bestemmia come un turco, frequenta l'osteria, conosce i ladri, da del tu alle prostitute, parla in gergo, canta canzoni oscene, ma non nasconde niente di cattivo nel cuore. Questo perché nell'anima ha una perla, l'innocenza, e le perle non si sciolgono nel fango. Dio vuole che l'uomo sia innocente finché resta fanciullo.
Se si chiedesse all'enorme città: - Chi è costui? - essa risponderebbe: - E' mio figlio.
ALCUNI SUOI SEGNI PARTICOLARI.
Il monello di Parigi è il nano della gigantessa.
Non esageriamo; questo cherubino delle chiaviche talvolta possiede una camicia, ma allora ne ha una sola; talvolta ha un paio di scarpe, ma sono senza suole; talvolta ha un tetto e lo ama perché c'è la mamma, ma preferisce la pubblica strada perché ci trova la libertà. Ha i suoi giochi, le sue malizie contro i borghesi, le sue metafore, come questa: essere morto si dice "mangiare il radicchio alla radice"; ha i suoi mestieri, come cercare una vettura pubblica, abbassare il predellino della carrozza, disporre dei pedaggi tra un marciapiede e l'altro quando piove - e questo per loro si chiama fare i "ponti delle arti" - ripetere ad alta voce i discorsi pronunciati dall'autorità a favore del popolo francese; grattare gli interstizi tra le pietre del lastricato; ha una sua moneta che si compone di tutti i pezzettini di rame lavorato che si trovano per la strada, e questa curiosa moneta, chiamata "loques", ha un corso invariabile e ben regolato in quella piccola bohème fanciullesca.
Infine ha anche la sua fauna, che studia accuratamente in tutti gli angoli: il ragno comune, il ragno campagnolo, la testa di morto, il "diavolo" che è un insetto nero che insidia torcendo la coda armata di due artigli. Ha il suo mostro favoloso che porta delle scaglie sul ventre e non è una lucertola, che porta delle pustole sul dorso e non è un rospo, che abita nelle buche delle vecchie calcare e nelle cisterne asciutte, nero, vellutato, vischioso, strisciante, ora lento, ora rapido, che non grida ma guarda, e che è così terribile che nessuno l'ha mai visto; ed egli chiama questo mostro "il sordo". Cercare dei sordi tra i sassi è un enorme divertimento. Un altro divertimento consiste nel sollevare bruscamente un sasso per trovarvi un millepiedi. Ogni quartiere di Parigi è celebre per le scoperte che vi si possono fare. Nel quartiere delle Orsoline ci sono le forfecchie, al Pantheon ci sono i millepiedi e nel Campo di Marte i girini.
Il monello ha i suoi motti di spirito come Talleyrand; non è meno cinico, ma è più onesto. E' dotato di una sua giovialità imprevista, e sbalordisce il bottegaio con le sue folli risate. La sua gamma va dalla commedia alla farsa.
Passa un funerale. Tra quelli che accompagnano il morto, c'è un medico.
- Toh! - esclama il monello. - Da quando in qua i medici vanno essi stessi a consegnare il loro lavoro?
Un altro monello si trova tra la folla. Un uomo grave, con occhiali e ciondoli, si volge indignato esclamando:
- Mascalzone! come ti prendi libertà con mia moglie?
Io, signore? frugatemi addosso - risponde il monello.
E' PIACEVOLE
Di sera, grazie ai pochi soldi che riesce sempre a procurarsi, l'"homunculus", entra in un teatro. Varcando la magica soglia, si trasfigura; da monello diventa birichino. I teatri sono una specie di navi rovesciate, con la stiva in alto. Ed è proprio in questa stiva che i birichini si ammucchiano. Il birichino sta al monello come la falena sta alla larva: lo stesso individuo che ha preso il volo e si libra nell'aria. Basta che sia là, con la sua felicità raggiante, con la sua potenza di entusiasmo e di gioia, col suo battimani che rassomiglia a un battito d'ali, e quella stiva stretta, fetida, buia, malsana, schifosa, abominevole diventa un paradiso.
Date a una creatura l'inutile e toglietele il necessario, e voi avrete il monello.
Il monello non è privo di intuito letterario; però, e lo diciamo con rincrescimento, la sua tendenza non ha gusto classico. Egli è per natura poco accademico. Così, per dare un esempio, la popolarità della signorina Mars in quel pubblico di ragazzi chiassosi era condita da una punta d'ironia. Il monello la chiamava signorina "Mosca".
Il monello schiamazza, canzona, schernisce, battaglia, porta cenci come un bambino e rappezzi come un filosofo, pesca nelle chiaviche, va a caccia nelle cloache, estrae la gaiezza dall'immondezzaio, sferza col suo brio la gente ai crocicchi, deride e morde, fischia e canta, acclama e dà la baia, tempera l'alleluia col laralallalà, salmodia tutti i ritmi dal "De profundis" alle canzonette, trova senza cercare, sa quel che ignora, è spartano fino al furto, pazzo fino alla saggezza, lirico fino alla sozzura, si accoccolerebbe sull'Olimpo; si ravvoltola nel letamaio e ne esce coperto di stelle. Il monello di Parigi è Rabelais in piccolo.
Non è contento dei suoi calzoni se non hanno il taschino per l'orologio.
Si meraviglia poco, si spaventa di meno, canzona le superstizioni, sgonfia le esagerazioni, deride i misteri, subsanna ai fantasmi, spoetizza i trampoli, introduce la caricatura anche nell'ingrandimento epico. Non che sia prosaico, tutt'altro; ma alla visione solenne sostituisce la farsa fantasmagorica. Se Adamastor gli apparisse, il monello gli direbbe: - Toh! l'orco!"
Ma ci sono ancora i monelli oggi?
Annamaria