Grande o piccola che sia, tutti
abbiamo una casa da ricordare: casa in cui
le vecchie mura raccontano
anni ed emozioni cresciuti con noi......
La vecchia casa (da Lipika) - Tagore
La casa di cui parlo appartiene a persone che un
tempo erano ricche e sono poi cadute in rovina.
Ogni giorno la sua miseria si accresce di nuovi
particolari. L'intonaco si stacca dalle pareti, i
passeri saltellano sul vecchio pavimento e sbattono
le ali nella polvere; le colombe si raggruppano nella
cappella come nembi di nuvole in un cielo
temporalesco.
Nessuno ha fatto caso al battente della porta verso
nord, che si è spezzato precipitando; nessuno si cura
dell'altra imposta che, come una vedova colpita dal
dolore, è continuamente percorsa dal vento.
E' una casa con tre cortili, ma solo cinque stanze
sono abitate, mentre le altre restano chiuse.
E' simile a un vecchio per il quale il ricordo del
passato rappresenta ormai tutta la vita, e il
momento presente non conta.
Con l'intonaco scrostato che mette a nudo i
mattoni, la casa sta vicino alla strada come un
pazzo che, immobile e coperto di stracci, non si
cura né di se stesso né degli altri.
Una mattina presto udii un pianto di donna
provenire da quella casa. Seppi poi che l'ultimo
figlio di quella famiglia, un ragazzo che viveva
facendo l'attore in una compagnia di dilettanti, era
morto all'età di diciotto anni.
Le donne piansero per qualche giorno, poi la
famiglia scomparve.
Da allora tutte le stanze rimasero chiuse, solo
quell'unica imposta verso nord non fu chiusa né si
ruppe: percossa dal vento batteva sempre come un
cuore impaurito.
Poi un giorno, di pomeriggio, udii delle grida di
bambini nella casa. Osservando di sfuggita nella
veranda vidi che una veste femminile dal bordo
rosso pendeva ad asciugare.
Dopo tanto tempo degli inquilini sono venuti
dunque ad abitare almeno una parte della casa, ma
sembra che sia una famiglia povera con molti figli.
La moglie indolente s'annoia e bastona i piccoli,
che piangono rotolandosi sul pavimento. Una serva
di mezza età lavora sempre e litiga con la padrona
minacciando di abbandonarla, ma poi rimane.
Su questo lato della casa vengono fatte piccole
riparazioni ogni giorno.
Le fessure dei vetri sono state chiuse con la carta e
hanno messo dei sostegni di bambù dove la
ringhiera della veranda si era spezzata. La finestra
cadente della camera da letto è stata rinforzata con
dei mattoni e hanno imbiancato le pareti, senza
riuscire tuttavia a far scomparire del tutto le
macchie.
In un vaso sulla terrazza c'è una pianta malaticcia di
croton, che sembri si vergogni d'essere nata e vicino
a lei s'innalza un arbusto di aswatha (*), spuntato
dal pavimento rosso, che sembra irridere la
pianticella.
Grande è ora la povertà, come grande fu un tempo
la ricchezza. I piccoli espedienti di una mano
femminile cercano di coprire la decadenza, che si
rivela comunque.
Nessuno però si è mai curato di quella stanza
abbandonata nell'ala nord della casa. Flagellata dal
vento la sua unica imposta si muove come un
infelice che si percuota il petto per il dolore.
Tagore