Venerdì Santo
Il Cristo Nero è sicuramente il simulacro più antico di Caltanissetta, protettore principale della città fino al 1625, anno in cui il titolo venne attribuito a San Michele Arcangelo per avere per avere salvato il capoluogo nisseno dalla peste. Ma l'immutato sentimento di profonda venerazione da parte di tutti i nisseni, di generazione in generazione, proclama, ancora oggi, questo crocifisso "Signore della Città".
L'affluire dei molti devoti al Santuario comincia nelle prime ore pomeridiane e continua con ritmo sempre più crescente fino al momento della processione. In chiesa si forma un flusso di gente, simile allo scorrere lento di un fiume, che dall'ingresso principale si muove lentamente verso l'uscita laterale:i fedeli guardano devotamente e ascoltano ladare i vari gruppi di laudanti che si formano e si alternano per tutto l'arco del pomeriggio, quasi a voler tenere compagnia a quel minuto annerito corpicino.
I turisti vengono da ogni parte del mondo e, una volta li, ai suoi piedi si inginocchiano scoppiando a piangere e pregando devotamente nell'unica lingua che Gesù ci ha insegnato. Molti chiedono delle grazie e in tanti lodano il signore per averle ricevute. La tradizione vuole che i fogliamari, prima della cosiddetta ladata, mangino le sarde per migliorare la resa delle corde vocali. Circa un'ora prima dell'uscita del Cristo Nero dalla chiesa tutti i devoti portatori, i laudanti e i portatori d'incenso si riuniscono in una sala dell'istituto, messa a disposizione dalle suore Francescane, per prepararsi alla processione stessa e indossare il saio processionale di colore viola, dopo aver ricevuto le ultime disposizioni dal capo coro.
Una volta messisi a piedi scalzi, ritornano in chiesa e ricominciano la ladata. Giunti quasi al calar del sole i fogliamari, dopo essersi divisi i compiti, cominciano a sfollare la piazzetta di via Nicolo: il Cristo Nero sta per uscire. Un giovane devoto esce fuori dalla chiesa e sfila con il globo terrestre tra le mani; emozionato, quasi geloso lo stringe a se e lo consegna a malincuore ad un membro della famiglia Mammana, raccomandando con lo sguardo di custodirlo amorevolmente E' il momento: la sacra immagine viene portata fuori dal santuario a spalla da un numeroso gruppo di portatori che orgogliosi e fieri, alla domanda "E GRIDAMMU TUTTI" rispondono a gran voce "VIVA LA MISERICORDIA DI DIU". A questo punto la Vara uscita fuori viene subito portata sotto il balcone della famiglia Mammana che, come tutti gli anni, si offre per completare il fercolo del1'ultimo pezzo mancante: il globo terrestre.
Il piccolo Crocifisso annerito, posto su un tronco dorato, domina: e posto sotto una grande e maestosa corona anch'essa dorata che si eleva, sorretta da quattro colonne ritorte decorate con foglie d'acanto e sormontata da un'altra piccola corona raccordata con essa mediante quattro grandi volute che ripetono i movimenti delle colonne; a loro volta, dalla piccola corona dorata, si dipartono altre quattro piccole volute che con grazia sorreggono l'apice una croce dorata su un globo.
Davanti al Crocifisso passano, sfilando lentamente, le più alte cariche della Real Maestranza che, giunta in prossimità della Vara, sembra scortarla. Lentamente sfilano e sostano anche lo Scudiero, l'Alabardiere, il Portabandiera e il Capitano della Real Maestranza, uno dopo l'altro, fissando il proprio sguardo sul Re dei re, il Signore della Città. Seguono le dieci categorie di artigiani vestiti a nero in segno di lutto, precedute ognuna dalla propria bandiera avvolta in un velo di lutto e abbassata. Seguono, infine, le suore Francescane del Signore, il Seminario, il Capitolo della Cattedrale e il Vescovo. A questo punto il Crocifisso viene innalzato a spalla dai portatori, tutti a piedi scalzi, e portato per le vie più antiche della città, fra i fedeli che pregano e piangono, tra lampade a cera, attraverso cascate di petali di fiori che piovono giù dai balconi affollati.
Un forte profumo di incenso si libera ne1l'aria in segno di purificazione, mentre i laudanti intonano frasi dal dialetto più arcaico Il Fercolo, maestoso e dominante, spicca con il suo colore oro in quell'avvolgente buio della sera e, mentre si avvicina al santuario nella strada di ritorno, anche i piccoli si cimentano nella ladata, contribuendo cosi al ricambio generazionale. Non appena il Crocifisso giunge in prossimità della scalinata San Francesco, tutte le cariche e i componenti delle varie categorie si schierano in entrambi i lati della via Signore della Città, attendendo il passaggio del fercolo per porvi l'ultimo saluto prima d'essere rimesso a posto.
è un momento davvero emozionante in cui tutti si inchinano all'unico "Re". Anche il Vescovo, affacciatosi dall'ormai famoso balcone dell'istituto, pronuncia un coinciso discorso all'aperto su una delle sette espressioni dette da Gesù sulla Croce, esortando evangelicamente a rinnovarsi seguendo il Salvatore, il Signore della Città, nel cui nome benedice tutti i partecipanti. Il Crocifisso viene quindi riposto in chiesa, mentre si ode l'ultima strofa della ladata "E LADAMUCI A LU SANTU SACRAMENTU. VIVA LA MISERICORDIA DI DIU".
I fogliamari, finita la processione, si recano in una delle sale messe a loro disposizione per la lavanda dei piedi e la svestizione dal saio processionale.
Si conclude così quello che per i nisseni è il giorno
più sentito della Settimana Santa e i fogliamari con il cuore in gola,
porgono l'ultimo saluto al loro Re, nell'attesa di riportarlo per le vie
della città l'anno successivo.
Testi Tratti dal Dvd "Il Cristo Nero" di Michele Bellomo e Danilo Miraglia, realizzato da Aurelab Digital Studio , 2008
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