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Riflessioni: Solitudine
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Respuesta  Mensaje 1 de 5 en el tema 
De: lore luc  (Mensaje original) Enviado: 29/05/2011 09:15

CONFESSIONI Il romanziere turco, Nobel per la letteratura, rivela i segreti del suo lavoro

Orhan Pamuk, elogio della solitudine

«Bisogna fuggire la gente. E trovare il coraggio di chiudersi in una stanza»

La valigia di mio padre di Orhan Pamuk raccoglie tre conferenze tenute dal grande romanziere turco fra l' ottobre del 2005 e il dicembre del 2006: la prima, pronunciata in Germania, a Francoforte, in occasione del conferimento di un importante premio, il Friedenpreis; la seconda, alla University of Oklahoma, nell' ambito della Puterbaugh Conference; l' ultima a Stoccolma, nell' occasione liturgica dell' assegnazione del Nobel. «Ho sempre dovuto trascorrere lunghe ore da solo, chiuso in una stanza», dichiara Pamuk a Francoforte. E in Oklahoma: «Quando sono lontano da casa e mi è impossibile tornare nella mia stanza e rimanere solo, l' unica mia consolazione è addormentarmi in pieno giorno». Infine, a Stoccolma: «Per diventare scrittore pazienza e fatica non bastano: si deve anzitutto provare l' impulso irresistibile a fuggire la gente, la compagnia, la consuetudine, la quotidianità, e a chiudersi in una stanza». Tre conferenze, e un tema che ricorre. Si direbbe che Pamuk non possa parlare di se stesso, della propria opera e della letteratura in generale, senza rendere omaggio alle pareti che «per trent' anni» l' hanno custodito, protetto e separato dagli altri. Consideriamo le circostanze. La strana stagione degli inviti inattesi, dei riconoscimenti e della consacrazione ha proiettato lo scrittore davanti a un pubblico di sconosciuti, in un Paese straniero. Centinaia di visi lo scrutano con curiosità, forse cercando qualche congruenza tra la sua fisionomia, e l' idea che, attraverso la lettura dei libri, se n' erano fatta. L' occasione è amabilmente sociale, ma l' uomo che parla da una pedana prova un lieve stupore, ben sapendo che quell' accoglienza lusinghiera è la rimunerazione e il beneficio di una lunga solitudine. Una scelta che l' aveva allontanato dagli altri l' ha misteriosamente riportato verso gli altri. Riconoscerlo è un atto di onestà, un dovere, forse un bisogno psicologico. «Quando ero giovane» dice Pamuk agli studenti dell' Università di Oklahoma «credevo che chi mi diceva che ero "staccato dalla vita" indicasse questo modo di vivere "mezzo morto". Si potrebbe anche dire mezzo fantasma. Mi è accaduto di pensare di essere un morto e di cercare di animare il cadavere che avevo dentro con la letteratura». Testimonianza preziosa, specie in un mondo come il nostro, dove gli uomini sembrano avere dimenticato i vantaggi delle inettitudini e delle malinconie, e gli strani ghirigori del destino. Sfuggire all' assedio di chi gli ripete che gli «altri» e la «vita» gli sono necessari forse non è mai stato, per un giovane, difficile come oggi. Viviamo in una società che condanna in modo unanime il gesto di chi sceglie di stare solo in una stanza (come consigliava Pascal). Se in un bambino o in un ragazzo vengono rilevate inclinazioni pensierose, scarsa socievolezza, mancanza di interessi sessuali evidenti, risultati scolastici mediocri, un' ostinata predilezione per la lettura di opere bizzarre o per argomenti o attività stravaganti, súbito intorno a lui le fronti si corrugano, e la coppia genitoriale, il corpo docente, la corporazione degli psicologi si affrettano a organizzare apposite riunioni. Prendere visione diretta della personcina è a volte impossibile, visto che da giorni se ne sta chiusa in camera, magari (non necessariamente, ma può accadere, e forse qualche volta è accaduto davvero) leggendo le peripezie oziose e interminabili di un Dickens enorme o de Le mille e una notte, oppure semplicemente fantasticando. Su un punto tutti si trovano d' accordo: il problema c' è, e va affrontato. I virus della solitudine e della malinconia devono essere debellati sin dai primi sintomi. La riprovazione generale, a volte aiutata dalla fragilità di inclinazioni appena germogliate, ottiene quasi sempre i suoi effetti: il ragazzo prima o poi trova un giro di amici, entra a far parte di una ghenga, di un branco. A quel punto subentrano, negli insonni e ossessionati genitori, altre paure, anch' esse oggetto di discussione con una fitta rete di consulenti. Ma i pericoli nati dalla socializzazione (droghe, incidenti del sabato sera, timori relativi a pratiche sataniche o a stupri di gruppo...) appaiono probabilmente meno gravi della tendenza alla solitudine. Cercando di ricostruire la propria esperienza, sin da quando, ragazzo privilegiato (per la presenza di un padre indulgente), soffriva se qualcuno lo accusava di essere «staccato dalla vita», la prima cosa che viene in mente al Nobel Pamuk non è né il debito eventuale verso un Paese o a una tradizione, né gli sforzi di sviluppare un talento probabilmente posseduto sin dall' inizio (senza saperlo, e quindi soffrendo di molti dubbi dolorosi), né un' idea o un messaggio di cui sia il portatore, bensì il nudo gesto fondante di chiudere una porta dietro le spalle. Naturalmente non a tutti tocca l' esito finale dei riconoscimenti e delle apoteosi; molti si chiudono nella loro camera e lì restano, sino alla fine. Ma quella scelta non impoverisce per niente la loro esperienza: giacché, come scrisse Montaigne (uno dei primi scrittori «soli in una stanza», almeno per tutta una parte della sua vita) «ogni uomo porta in sé la forma intera dell' umana condizione». Uno scrittore è una sorta di spettro. Corteggia e manifesta la morte anticipata che è in lui attraverso la pratica della letteratura. Parola imbarazzante, quest' ultima: imbarazzante e anche un po' equivoca. Giacché per molti «letteratura» è ancora una mera arte dello scrivere, una «retorica»; mentre, attraverso un processo forse comparabile al sorgere del monachesimo, e la progressiva separazione da altre scritture (per esempio, quella giornalistica), la letteratura, come si ricava anche dalle parole di Pamuk, è diventata ben altro: un modo di essere. * * * Il libro La Valigia di mio padre di Orhan Pamuk (traduzione di Semsa Gezgin) è edito da Einaudi (pagine 72, 8). Orhan Pamuk, ha vinto il Nobel per la letteratura 2006. Tra i suoi libri si ricordano: Neve, Il castello bianco, Istanbul, Il mio nome è rosso, la casa del silenzio, La nuova vita (tutti editi da Einaudi) e Voci di Istanbul. Scritti e interviste (Datanews)

Mariotti Giovanni


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De: lore luc Enviado: 29/05/2011 09:20
Repetita juvant

Nietzstche / Così parlò Zarathustra / Delle mosche del mercato

 

Fuggi, amico mio, nella mia solitudine! Io ti vedo stordito dal rumore dei grandi uomini e trafitto dai pungiglioni dei piccoli.

Con dignità sanno tacere con te bosco e rupe. Assomiglia di nuovo all'albero che ami, dalle ampie fronde: silenzioso e in ascolto si protende sul mare.

Dove cessa la solitudine, là incomincia il mercato e dove incomincia il mercato, là incomincia anche il rumore dei grandi commedianti e il ronzio delle mosche velenose.

Nel mondo le cose migliori non servono a nulla, se non v'è nessuno che le rappresenti:

grandi uomini chiama il popolo questi rappresentatori.

Poco comprende il popolo la grandezza, cioè il creare. Ma è sensibile a tutti i rappresentatori e commedianti di grandi vicende.

Intorno agli inventori di nuovi valori ruota il mondo: ruota in modo invisibile. Ma intorno ai commedianti ruotano il popolo e la fama: questo è il "corso del mondo".

Spirito ha il commediante, ma poca coscienza dello spirito.  Sempre crede in ciò con cui riesce a far credere gli altri più fortemente, - far credere in lui stesso!

Domani avrà una nuova fede e dopodomani un'altra ancora. Ha i sensi pronti come il popolo, e umori variabili.

Rovesciare - significa per lui: dimostrare. Render folli - significa per lui: convincere.  E il sangue è per lui il migliore degli argomenti.

Una verità che penetra solo in orecchi fini egli la chiama menzogna e nulla.  Infatti egli crede soltanto a dei che suscitino gran frastuono nel mondo!

Pieno di solenni saltimbanchi è il mercato - e il popolo si vanta dei suoi grandi uomini: questi sono per lui i padroni dell'ora.

Ma l'ora li incalza: così essi incalzano te. E anche da te vogliono un sì o un no. Ahimè, tu vuoi collocare la tua sedia fra il pro e il contro?

Di questi incalzanti assolutisti non essere geloso, tu, amante della verità! Mai fino ad oggi la verità andò al braccio di un assolulista.

A causa di questi precipitosi ritorna nella tua sicurezza: solo al mercato si viene aggrediti con "sì? o no?".

Lenta è l'esperienza per le fontane profonde: a lungo devono aspettare prima di sapere che cosa è caduto nel profondo.

Lontano dal mercatoe dalla fama avvengono tutte le cose grandi: lontano dal mercato e dalla fama abitarono da sempre gli inventori di nuovi valori.

Fuggi, amico mio, nella tua solitudine: ti vedo trafitto da punture di mosche velenose. Fuggi là dove spira un'aria rude e forte!

Fuggi nella tua solitudine! Vivesti troppo vicino ai piccini e ai miserabili. Sfuggi alla loro invisibile vendetta.  Contro di te essi non sono altro che vendetta.

Non levare più il braccio contro di loro!  Sono innumerevoli e non tocca a te fare lo schiacciamosche.

Innumerevoli sono questi piccini e miserabili; e già più di un superbo edificio bastarono a farlo perire gocce di pioggia ed erbacce.

Tu non sei una pietra, ma fosti già scavato da molte gocce. T'infrangerai e scoppierai se ti scaveranno molte gocce ancora.

Fiaccato ti vedo dalle mosche velenose, ti vedo trafitto a sangue in cento punti; e il tuo orgoglio non vuole nemmeno adirarsi.

Sangue vorrebbero da te in piena innocenza, sangue bramano le loro anime esangui - e per questo pungono in piena innocenza.

Ma tu profondo, soffri troppo profondamente anche di piccole ferite; e prima ancora che tu sia guarito, lo stesso verme velenoso ti striscia sulla mano.

Troppo fiero sei per uccidere questi ingordi. Ma bada che non ti diventi fatale portare su di te la loro velenosa ingiustizia!

Ronzano intorno a te anche con la loro lode: invadenza è la loro lode.  Essi vogliono la vicinanza della tua pelle e del tuo sangue.

Ti adulano come un dio o un demonio; piagnucolano davanti a te come davanti a un dio o a un demonio. Che importa! Adulatori sono e piagnoni, e nulla più.

Spesso fanno con te gli amabili. Ma questa fu sempre l'astuzia dei vili. Si, i vili sono astuti!

Essi rimuginano molto su di te nella loro anima angusta, - sospetto sei loro in ogni istante!  Tutto quello che viene molto rimuginato, diviene sospetto.

Ti puniscono per tutte le tue virtù. Ti perdonano di cuore soltanto i tuoi sbagli.

Poichè sei mite e giusto, dici: "Non hanno colpa della loro piccola esistenza". Ma la loro anima angusta pensa: "Colpevole è ogni grande esistenza".

Anche quando sei mite con loro, si sentono pur sempre disprezzati da te, e ti ricambiano il beneficio con celati malefici.

La tua fierezza senza parole è sempre contraria al loro gusto; giubilano se capita che tu sia abbastanza modesto da essere vano.

Ciò che noi riconosciamo in un uomo lo accendiamo anche dentro di lui. Guardati perciò dai piccoli!

Davanti a te si sentono piccoli, e la loro bassezza arde in segreto e cova contro di te un'invisibile vendetta.

Non notasti come spesso ammutolirono quando tu ti avvicinavi e come le forze li abbandonarono, come il fumo il fuoco che si va spegnendo?

Sì, amico mio, tu sei la cattiva coscienza per i tuoi vicini, poichè essi sono indegni di te. Percò ti odiano e sarebbero lieti di suggere il tuo sangue.

I tuoi vicini saranno sempre mosche velenose; ciò che in te è grande - non può che renderli più velenosi e sempre più simili alle mosche.

Fuggi, amico mio, nella tua solitudine e là dove spira un'aria rude e forte! Non tocca a te di fare lo schiacciamosche. -

 

Così parlò Zarathustra.



Respuesta  Mensaje 3 de 5 en el tema 
De: primaveraestate Enviado: 29/05/2011 10:52
Penso che come in tutte le cose la giusta via sta nel mezzo. Troppa gente distoglie dalle riflessioni e dall'approfondire le questioni della vita. Troppa solitudine rende misogini e intolleranti.

Respuesta  Mensaje 4 de 5 en el tema 
De: Principe Errante Enviado: 10/06/2011 14:24
L'ideale riuscire ad appartarsi anche nel vano chiasso,trovare sempre la propria collina per contemplare anche nella palude.

Respuesta  Mensaje 5 de 5 en el tema 
De: haiku04 Enviado: 11/06/2011 11:35
Stare bene con sè stessi è la migliore compagnia.... per il resto la via di mezzo è come sempre la soluzione ideale, soprattutto la capacità di saper selezionare in modo oculato tra le proprie conoscenze...


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