Chi ha avuto lo stomaco per riuscire a farlo, ha potuto godere in questi ultimi due giorni, della rappresentazione scenica “mandata in onda” dai media mainstream riguardo alla grande manifestazione NO TAV di domenica 3 luglio in Val di Susa. Dal fiume d’inchiostro dispensato a profusione e dal ragliare querulo dei mezzibusti in TV, tutti i lettori e gli ascoltatori che fossero stati all’oscuro dell’argomento, avrebbero potuto purtroppo cogliere solamente un vasto campionario di amenità assortite, finalizzate a rinchiuderli a doppia mandata all’interno dell’oscurità pregressa. Non una testata o un TG che abbia ritenuto giusto contestualizzare quello che stava accadendo in Val di Susa, magari tentando di spiegare per quale ragione da 20 anni gli abitanti di una valle alpina stiano portando avanti una lotta che impegna le loro giornate e le loro notti, a detrimento degli affetti, della salute e del portafoglio. Non una testata o un TG che si sia soffermato sui numeri straripanti di un corteo che raccoglieva aderenti da ogni angolo d’Italia e anche dall’estero, a dimostrazione di come sempre più persone stiano prendendo coscienza del senso di una lotta che riguarda gli interessi di tutti. Non una testata o un TG che abbiano “posato gli occhi” sulla moltitudine eterogenea dei manifestanti, che comprendeva tutte le classi sociali, tutte le fasce d’età, tutte le sensibilità politiche, unite per l’occasione in un percorso comune che pennivendoli e cantastorie non sono assolutamente stati in grado di cogliere….
In compenso tutti i giornali e le TV, che quotidianamente tacciono in merito ai massacri compiuti dai nostri soldati in Libia ed in Afghanistan, per ordine di Washington, che fingono sistematicamente di dimenticare che l’Italia è un paese in guerra, che domenica non hanno visto le forze dell’ordine tirare pietre dai cavalcavia (nonostante in rete esistano filmati a profusione che documentano l’accaduto) e non si sono accorti dei poliziotti che lanciavano i lacrimogeni ad altezza uomo , colpendo in faccia i manifestanti, e non sono a conoscenza del fatto che in Val di Susa i cittadini sono stati gasati con un gas tossico vietato dalla convenzione di Ginevra (mentre in rete la cosa è documentata da almeno una settimana), e si sono scordati di raccogliere le testimonianze dei feriti, torturati dalla polizia prima e dopo il ricovero in ospedale, ed erano voltati dall’altra parte quando qualche teppista in divisa defecava sulle tende del campeggio, o dormivano mentre il camper del movimento NO TAV veniva dato alle fiamme , e si appisolavano di fronte agli anziani che non respiravano e alle ragazzine che vomitavano in mezzo al gas.
Si sono scoperti improvvisamente pacifisti, scandalizzati e intrisi di “genuino” stupore, di fronte alle orde di black block che a loro dire avrebbero assalito selvaggiamente le forze dell’ordine, barricate da tutto il giorno all’interno di un fortino inespugnabile.
Pacifisti pronti, solo allora, a condannare fermamente qualche microgrammo di violenza, sopraggiunto come conseguenza delle tonnellate che erano passate dinanzi ai loro occhi quando pacifisti ancora non erano. Unici veri black block dell’informazione (gli altri allignano solamente nella fantasia della “buona stampa”) pronti ad assassinare la realtà per il tozzo di pane pietosamente lanciato dal padrone. Pacifisti per una notte, passata a scrivere articoli spazzatura e montare servizi che trasudano vergogna, con l’intento di produrre indignazione nell’opinione pubblica ed incanalare il dissenso laddove esso non possa nuocere.
E dal giorno dopo nuovamente guerrafondai, o ciechi, o colpiti da paralisi cerebrale, quando la vera violenza meriterebbe di essere raccontata.
Sai cos'ho saputo oggi??? Il Signor Lazzaro, titolare dell'impresa Italcoge, non è stato picchiato dai No TAV ma bensì dai suoi operai esasperati di continuare a non prendere lo stipendio ormai da anni!!
La prima gallina che canta ha fatto l'uovo. La Marcegaglia degli inceneritori ha invocato la discesa in campo della "maggioranza silenziosa" "E' venuto Il momento che la maggioranza silenziosa di questo Paese che vuole la Tav, le infrastrutture, si faccia veramente sentire, perche' altrimenti si fa sentire solo la minoranza rumorosa ed in malafede". La maggioranza silenziosa ha già fatto sentire la sua voce con i referendum. Il festoso banchetto, la tavola imbandita con 6/7 centrali nucleari pagate dai contribuenti per decine di miliardi e incassate dalla Confindustria non c'è più. E neppure la lucrosa gestione dell'acqua pubblica da parte degli industriali assistiti. Il ponte sullo Stretto è diventato una chimera. Rimangono le Grandi opere Inutili finanziate dallo Stato, come la Tav e la Gronda in Liguria. Devastazioni del territorio e cemento a carico dei contribuenti. La Confindustria dei Concessionari di Stato alla Benetton con le autostrade o alla Marcegaglia con gli inceneritori pagati in bolletta con il CIP6 vuole una sola cosa, i soldi pubblici. Senza andrebbe in asfissia. Il capitale di rischio in Italia ce lo mette lo Stato, i cittadini che pagano le tasse, operai, impiegati, piccoli imprenditori, sono loro la "maggioranza silenziosa". E a questi la Marcegaglia chiede ancora soldi. La Confidustria con il piattino in mano fa però la voce grossa. "Molto grave quanto dichiarato da Grillo: ''Ha detto che quelli erano degli eroi, mentre quelli erano dei delinquenti. I veri eroi sono gli agenti di polizia". è falso e ne risponderà nelle aule giudiziarie. I miei eroi sono i cittadini che combattono con le armi della democrazia questo sistema marcio dalle fondamenta, come la popolazione valsusina. La Marcegaglia ha aggiunto "Noi imprenditori, i lavoratori, le banche, dobbiamo dire: adesso basta, ci siamo stufati. Dobbiamo velocemente decidere un giorno in cui chi crede nella crescita di questo Paese, dica basta". Su questo siamo d'accordo. Dobbiamo dire basta agli imprenditori con le pezze al culo che depredano le risorse del Paese. Ieri, tanto per cambiare, sono stati condannati in primo grado Sergio Cragnotti e Cesare Geronzi a nove e quattro anni di carcere per il crac da 1.125 milioni di euro della Cirio. Chi risarcirà i risparmiatori? La Confindustria? Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure.
dalla Valle che Resiste e Non Si Arrende, 4 luglio 2011
IL DISPOSITIVO MILITARE DI DIFESA DEL FORTINO DE LA MADDALENA COSTERà IL DOPPIO del finanziamento UE alla Torino-Lione
4000 militari in Afghanistan e 2000 in Susastan
Un memento per i cittadini italiani e per l’Italia in crisi
Il Movimento No TAV rileva che, mentre lo scavo della galleria geognostica e di servizio de La Maddalena costerà non meno di 143 milioni di Euro per 56 mesi di lavoro,il dispositivo militare adottato per contrastare l’opposizione popolare costerà nel medesimo periodo 186 milioni all’anno, quindi in totale 868 milioni di €. (6 volte il valore dell’opera).
Si fa notare inoltre che l’importo della militarizzazione costerà oltre due volte il valore del finanziamento a fondo perduto [1]che l’Unione Europea ha promesso all’Italia. Esso ammonta infatti a 417,4 milioni di Euro, ossia il 63% dei 662,6 milioni di € previsti per questo Progetto Prioritario n. 6, il resto va alla Francia.
Le analisi sono state fatte considerando i costi industriali e la struttura delle truppe (ufficiali, sottufficiali, truppa) ed i relativi costi diretti e indiretti (stipendio, ore di straordinario, indennità di missione, tredicesime, tfr, vitto e alloggio).
Non sono stati considerati i costi diretti e indiretti dei veicoli e degli elicotteri, il costo dei lacrimogeni e le spese generali degli ufficiali di comando che non sono dislocati sul campo.
A La Maddalena, secondo le dichiarazioni fornite dai media, sono stati schierati 1.920 uomini su 4 turni. Il costo di ciascun uomo è stato calcolato pari a € 265,06 al giorno in media. Il costo annuo di questo dispositivo è quindi di € 185.754.048.
Questa valutazione era già stata fatta nel 2010 in occasione della campagna dei sondaggi geognostici, pubblicati nei siti No TAV e mai smentiti.
Quando dovesse essere aperto il cantiere per il tunnel di base di 57 km, il costo della difesa militare del cantiere per i presumibili 15 anni di lavoro potrà essere, a costi 2011, pari a € 2,79 miliardi di €.
non sono una scrittrice ma vi prego leggete e raccontate ad altri..è l'unica arma che ci è rimasta contro l'informazione di regime
E' iniziata alle 06 di mattina come una "comune" gita in montagna,panini,scarponi,acqua...sciarpa e limoni
Molti di noi nemmeno sapevano a cosa servissero i limoni,circolava voce i che i valligiani dessero indicazioni di portarli visto il precedente di lunedi..alcuni sapevano di dover portare i guanti,altri le mascherine ...pochi sapevano perchè.
Alle 8.30 ci troviamo sotto il forte a bere un caffe,fa freddo ed il cielo è limpidissimo,ci viene chiesto di attendere nei prati in modo di permettere a tutti di arrivare ai parcheggi...si chiacchiera,si famigliarizza con le bandiere altrui e già si mangia!!
Ore 10 si parte...difficile incollonare lungo una stretta strada di montagna così tante persone (3000 per la questura,50 mila per chi era lì ed ha visto)...i Pisani scalpitano,vogliono arrivare più vicini alla testa del corteo,I trentini cantano in tedesco mentre un gruppo si è portato gli strumenti musicali ....qualcuno afferra una pietra ed inizia a scandire il tempo del passo battendo sulle lamiere dei parapetti...molti lo imitano e al fastidioso rombo dell'elicottero che ci filma uno ad uno (ma evidentemente non sa contarci) si unisce questo concerto di percussioni improvvisate...
Rido alla vista di un simpatico signore giapponese che tiene alta una bandiera trentina,molti hanno i cani ed altrettanto i bambini...i bambini sono facili da contare con il loro palloncino colorato tra le mani
Scendiamo la valle,mi affianco ad una coppia che porta fiera la bandiera occitana...ho deciso di sfilare con loro e con la bandiera delle mie terre
Il paesaggio è bellissimo,vigne strappate alla roccia e rese dolci dalla Dora,creste che si stagliano nel cielo blu e...2 elicotteri che continuano a filmarci...
Tutti vorremo vedere quanti siamo e come siamo belli ma la strada è tutta a curve e solo in piccoli tratti possiamo gioire dedendo un paio di curve avanti che .."guarda,anche lì ci sono bandiere!!siamo tantissimi!!!"
E ti da soddisfazione vedere gente che arriva da lontano,chesi è svegliata prima di te ed ha affrontato il viaggio per dire "GIU LE MANI DALLA VAL SUSA"...
10.30 INIZIAMO A SENTIRE I PRIMI SPARI DI LACRIMOGENI ...l'elicottero sorvola una zona in basso verso la Dora per segnalare ai tiratori dove si trovano i manifestanti che salgono dall'altro paese...si guardano le cartine,cerchiamo di capire..iniziamo ad essere ammutoliti e il ritmo battuto sul ferro del guard rail aumenta come aumenta la rabbia e lo sdegno
Arriviamo ad un bivio,ultimo rifornimento d'acqua e la possibilità di sceglere se scendere verso il fiome per risalire a Chiomonte o salire su una cima, a Sant Antonio ...ci viene caldamente consigliato di scegliere il percorso in discesa che passa davanti alla Centrale occupata dalla polizia ed è il percorso "ufficiale"
Davanti a noi si apre un panorama terrificante,la montagna violentata con enormi pilastri che reggono sospesa l'autostrada...passiamo tra un pilastro e l'altro, alcuni si fermano nella poca ombra a riposare, altri bagnano i cani accaldati...si scambiano parole e si tende l'orecchio ai colpi dei lacrimogeni...vediamo fumo ma siamo lontani ..i commenti si sprecano e con essi lo sdegno e la paura
Si procede sotto un sole sempre più caldo,un signore anziano trascina i piedi e trasporta i propri viveri in una borsa di plastica, un motociclista affronta la camminata con la tuta di pelle, ad un bimbo scappa il palloncino e i cani più piccoli si fanno prendere in braccio
I lanci di lacrimogeni si fanno più insistenti e più vicini..ora abbiamo tutti la sensazione di essere davanti ad una battaglia...l'elicottero non ci lascia in pace (e non lo farà fino a fine della giornata a spese nostre!!)
scendiamo al fiume, passiamo a fianco dei cancelli proibiti ...la strada si stringe diventando un vecchio ponte dalle sponde di pietra..alcuni si femano lungo il Dora ma i più vengono invitati a salire lungo i tornanti verso il paese.................
...........si apre il panorama e quello che vediamo ci rende muti ed increduli..............
decine di mezzi della polizia e dei carabinieri in una fitta nebbia di lacrimogeni, persone che vagano per le vigne sulla collina davanti a noi accerchiati dalle forze dell' ordine e usati per il tiro al bersaglio....in pochi minuti impariamo a riconoscere i lacrimogeni a grappolo da quelli semplici, le traiettorie dei lacrimogeni dalle scie nel cielo e dalla gente che fugge...traiettorie a parabola che colpiscono lontanissimo dal punto del reticolato difeso dalla polizia...TRAIETTORIE AD ALTEZZA UOMO CHE COLPISCONO ..E BASTA
Saliamo in paese a rifornirci d'acqua, le famiglie si fermano a prendere il gelato ..qualcuno annuncia "scendete a sostenere la situazione al cancello della centrale....hanno sfondato la prima recinzione e si cerca di entrare!!"
Si scende e ad ogni curva l'aria diventa più pesante ,le donne sedute a terra battono il ritmo di quella che ormai è una battaglia..sassi e bastoni contro il metallo...occhi sbarrati e nessuna capacità di commentare se non con qualche urlo "BASTARDI" ogni qual volta il lancio arriva tra la gente costretta alla fuga
Arrivo al ponte...inizio a respirare male....i giovani cercano di avvicinarsi al cancello,la polizia avanza, spara lacrimogeni, arretra.....avanza, spara ,arretra....i lanci diventano ad altezza uomo..tra un lancio e l'altro i POLIZIOTTI LANCIANO PIETRE ..arriva l'idrante....l'acqua fa quasi piacere ma il ponte è stretto e non si riesce ad indietreggiare...sparano sui giovani davanti a loroe questi rispondono con le pietre ma non risparmiano chi osserva dal prato o dal ponte ARMATO SOLO DELLA PROPRIA VOCE E DELLA MACCHINA FOTOGRAFICA..capiamo a cosa servono i limoni..capiamo che era meglio portare la maschera antigas perchè le sciarpe non ci proteggono...le persone non respirano..pochi hanno i guanti per afferrare i lacrimogeni a terra e buttarli nell'acqua, ci si ustiona ...
Vicino a me due donne con la fascia tricolore e la scritta amministratore...non hanno parole, mi raccontano di aver tentato una mediazione ma i poliziotti sono "fuori controllo"..un signore di 70 anni valsusino mi racconta di lunedì e della sua casa,di suo figlio che fa il pastore come lui e della tav...mi racconta dell'amianto nella valle...non piange..non ha più niente da perdere...un ragazzo non respira più e lo aiuto come posso offrendo acqua e limoni ma I LIMONI CONTRO I LACRIMOGENI CS NON SERVONO A NULLA!!!
Passano le ore, si fa sera...la polizzia avanza dietro ad una ruspa..abbatte la recinzione ed esce verso di noi...si scappa salendo i tornati ...organizzati (stranamente organizzati)..abbiamo quasi imparato come ci si comporta in battaglia..
Saliamo mentre l'ambulanza scende a prendere i feriti...un ragazzo mi fa vedere una brutta ferita al petto, so di un altro colpito in viso e uno in addome...molti hanno vomitato
Si cercano gli amici, i compagni di viaggio...si chiede "hai incontrato uno di bergamo?..eri al fiume?..hai visto il gruppo di...?"...alcuni telefonano, altri raccolgono le capsule dei lacrimogeni...qualcuno scende a parlare con la polizia
Sul ponte una scena irreale...un bagno chimico da cantiere rovesciato a terra segna il confine..da una parte del fiume loro e dall'altra noi.....uomini dell'organizzazione parlano, la polizia ancora ci filma, l'elicottero si allontana..qualcuno offre cibo
Cala la sera e penso che devo ancora percorrere 7 km per tornare alla macchina..cammino nella valle silenziosa e non ho più nè pensieri nè lacrime...HO VISTO LA GUERRA NELLE MIE VALLI
Oggi ho comprato il giornale..LA REPUBBLICA aveva in prima pagina il ponte su cui ho passato ore e titolava la foto "SCONTRI TRA POLIZIA E BLACK BLOCK"....LA STAMPA parlava di 300 stranieri armati e organizzati militarmente............MI E' TORNATA LA NAUSEA
Partiamo da un dato di fatto: quello che abbiamo letto sui giornali il 3 e il 4 luglio non è quello che abbiamo visto in Val Susa. Abbiamo assistito a una mistificazione della realtà che forse non dovrebbe ma ci ha stupiti. Non abbiamo bisogno di ripetere ciò che i comitati No Tav, gli organizzatori della manifestazione, hanno detto per spazzare via ogni dubbio sulla presenza di black bloc, di terroristi, di gruppi di facinorosi. Proviamo a raccontare, con una narrazione corale, cosa è stata per noi la giornata di lotta in Val Susa, con l'intento di voler far sapere a tutti, istituzioni e giornali in primis, che hanno preso un grosso abbaglio (più o meno volontariamente).
Per tutta la giornata abbiamo attraversato strade, paesi, sentieri aggrappati ai fianchi delle montagne, sempre accompagnati dalla presenza di Valsusini sorridenti, determinati e incazzati, che ci spronavano a continuare, che ci indicavano la via verso i sentieri, o la fontanella più vicina. Che ci ringraziavano, anche quando stavamo solo arrivando verso il paese da cui si scendeva alla Maddalena, dove la battaglia era già iniziata.
Mentre ci prepariamo a scendere, una signora del paese rifornisce di maalox chi non ne ha, prepara limoni da portare giù, dà da mangiare a chiunque ne chieda e poi augura buona fortuna, e ringrazia. Un altro signore, settant'anni, un sorriso determinato e un bastone per camminare, che non era di Ramats, ma che conosceva la strada perché c'era già stato il lunedì, parla con un altro, più pratico del luogo, del sentiero da cui saremmo scesi verso le recinzioni del cantiere.
Una lunga fila di persone lungo il sentiero, già molto prima della metà, ci fa capire che là sotto di gente ce n'è davvero tanta. Alcuni stanno risalendo, il viso solcato da lacrime, occhi rossi, limoni in mano. "Là sotto senza maschere non si può stare..". Tossiscono, e pian piano arriva anche a noi l'odore acre dei lacrimogeni. Decidiamo di scendere comunque, dobbiamo vedere cosa succede, abbiamo l'urgenza di partecipare alla difesa della valle. Veniamo gasati sulla via anche dall'elicottero, ma i vecchi scendono, coprendosi appena il naso e la bocca, sono là quando i fuochi d'artificio fanno capire a tutti noi che chi è davanti è riuscito a forzare il primo sbarramento, e adesso si preme sul secondo. Ci sono ragazzi dell'organizzazione No Tav, con le radioline che permettono loro di comunicare tra tutta la montagna.
Vedo feriti che vengono portati via a braccia. Un ragazzo con il volto coperto di sangue, che continuava a zampillare da sotto il naso. E' stato colpito da un lacrimogeno, sparato direttamente al volto. Un altro poco dopo, con un dente e il labbro spaccato da una pietra lanciata da un poliziotto, ed un altro ancora con uno squarcio su una guancia.
Per ore, migliaia di persone si danno il cambio nella zona più calda, avanti e indietro per non stare troppo tempo in mezzo al gas. Dopo ore decidiamo di risalire, all'ennesimo lacrimogeno caduto tra i nostri piedi abbiamo bisogno di un po d'aria, di acqua che ormai è finita, e magari di maalox e limoni, finiti anche quelli.
L'aria fresca e dei panini preparati dai Valsusini ci attendono nel paese, ma dopo nemmeno mezz'ora arriva la voce che alcuni blindati stanno risalendo da Exilles. Riprendiamo gli zaini e iniziamo a raggrupparci, ma prima di poter anche solo cominciare a parlamentare, quelli iniziano a caricare nelle strade del paese, prendendosela con chiunque resti lì. Manganellate violente e gratuite per chi voleva tornarsene semplicemente a casa dopo chilometri nelle gambe. Picchiano forte, iniziamo a correre tra le stradine di Ramats verso i boschi, dietro i consigli dei valligiani sempre così complici. "Prendete quel sentiero lassù, è lungo ma non vi beccano". Io rimango giù, nelle strade di Ramats, non ho ancora raggiunto gli altri sul sentiero. La rabbia mi lascia davanti a loro che intanto aumentano. Arriva un altro plotone e penso ai miei compagni giù. Una signora sui cinquant'anni li riprende con il cellulare. Una manganellata in faccia e la buttano a terra: il marito, io ed un altro compagno ci mettiamo davanti, ci pigliamo qualche manganellata e corriamo via portando con noi la donna in lacrime per la rabbia. Tutto questo non ha avuto senso, bastardi. Raggiungiamo gli altri nel sentiero. Hanno militarizzato anche Ramats.
...si è saputo di pietre che si sono mosse e di alberi che hanno parlato...
Il lunedì leggo sulla Repubblica "per fortuna non c'è stata in Val di Susa una replica dei fatti di Genova di dieci anni fa...a differenza di allora la risposte delle forze dell'ordine è stata ferma ma professionale"; leggo e ho il puzzo del cs addosso che mi attorciglia lo stomaco; leggo ed ho passato ore a correre nei boschi come un animale inseguito, con un elicottero che scendeva così vicino alla mia testa che la sensazione di essere sotto tiro toglieva la lucidità.
E così capita che dopo aver scampato un pericolo ti senti ancora prigioniero, senza voce e impotente di fronte ai teoremi ignobili che vengono enunciati con voce ferma dagli esponenti del Partito Democratico e di ministrucoli spietati. Appare evidente che tolto di mezzo Berlusconi non vi è alcuna differenza di approccio alla politica: il dissenso, per quanto di una moltitudine eterogenea, se confligge con gli interessi delle aziende o dei partiti deve essere respinto con le ruspe, letteralmente.
Si guardino allo specchio questi signori che hanno cavalcato la vittoria dei referendum (strumentalmente a dir poco) e hanno scaricato in cinque minuti "il popolo", quello del vento del cambiamento, perché non più compatibile, e si sono schierati compatti contro un'intera popolazione e molto di più. Da Napolitano a Bersani da Vendola a Beppe Grillo si sono schierati contro gli stessi che solo pochi mesi fa appoggiavano: siamo gli stessi del 14 dicembre, gli stessi del movimento universitario e delle scuole, gli stessi che denunciano la gestione mafiosa della ricostruzione dell'Aquila e che si sono battuti per i referendum sui beni comuni, gli stessi che hanno sostenuto la lotta dei lavoratori della Fiom. Siamo gli stessi e saremo di più.
Eravamo decine di migliaia in Val Susa, parliamo le nostre lingue, i nostri dialetti d'origine e parliamo anche inglese, spagnolo, tedesco, arabo e francese. Di tutte le retoriche disgustose messe in campo dal PD e da Repubblica, la più odiosa è quella "territorialista", fiumi di inchiostro spesi per dire che i manifestanti, i violenti, non sono della Val Susa, non c'entrano nulla. Come se invece i duemila poliziotti fossero tutti valligiani. E soprattutto, come se a combattere quella che è una battaglia di civiltà, per un paese migliore, dovessero essere solo gli abitanti della zona. Eppure ogni lotta ce l'ha insegnato: libertà, diritti e sogni, sono di tutti. La lotta No Tav non è una lotta territoriale, non è semplicemente una lotta ambientalista, è una lotta contro la gestione mafiosa degli appalti pubblici, contro la collusione tra interessi delle aziende e interessi di amministratori pubblici, contro la prevaricazione della finanza sulle nostre vite, è una lotta di democrazia che esattamente come nelle università e all'Aquila dice: noi vogliamo prendere parte alle decisioni collettive e per farlo non ci basta mettere una X su una scheda elettorale una volta ogni cinque anni.
Capita anche che dopo essere stati presi per ore a sassate e fumogeni sparati come proiettili e dopo aver visto che Fabiano, un manifestante, è stato torturato dagli agenti, si debba leggere la solidarietà bipartisan alle forze dell'ordine e la condanna verso i manifestanti. Quella condanna, che cerca di dividere il movimento, è in realtà un attacco a tutti coloro che per anni hanno manifestato in modo dialogante in Val Susa ma che non hanno mai ricevuto alcun ascolto. E quella condanna ci fa pensare a due cose: da una parte che viviamo in un paese profondamente antidemocratico, dove a dieci anni da Genova la polizia (che non è mai stata veramente punita per i fatti del 2001) può, ancora, impunemente compiere ogni violenza e ricevere la solidarietà di tutti i partiti; dall'altra parte capiamo ancora di più che in Val Susa si è consumata l'ennesima frattura profondissima fra chi fa politica attivamente e chi siede in parlamento, tra la politica e il politico. Una frattura enorme e insanabile ormai tra chi gioca all'antiberlusconismo e chi si batte non solo perché Berlusconi se ne vada, ma per affermare nuovi modi di partecipazione alla decisione collettiva. Un frattura tra chi ha deciso di abbandonare le piazze e chi invece crede che proprio ora più di prima queste debbano essere invase e vissute intensamente. Una frattura tra chi crede che un riformismo non sia più possibile e chi invece continua a vedere nella “alternativa” al governo Berlusconi il suo orizzonte politico.
In tanti in questi giorni abbiamo pensato a Genova. Non solo perché sono passati dieci anni dai fatti del G8, ma anche perché abbiamo provato la stessa sensazione di profonda rabbia verso uno Stato violento che non ha alcun rispetto per chi vuole partecipare alla vita politica in forme e modi diversi da quelli parlamentari, per chi non si accontenta di votare e delegare la decisione ad altri ma vuole poter decidere del proprio futuro, sentirsi vivo e non passivo di fronte allo sfascio che stiamo vivendo. E se Genova è stato il momento più brutto che abbiamo vissuto, abbiamo continuato a vedere ogni volta le forze dello Stato essere usate ciecamente contro ogni tipo di protesta ci sia stata in questo paese negli ultimi dieci anni: dagli studenti ai terremotati dell'Aquila, dal movimento No dal Molin fino ai cittadini di Chiaiano e a quelli della Val Susa.
Domenica in Val Susa abbiamo visto una comunità che è nata, cresciuta e si è autorganizzata attorno al presidio No Tav, ma non una parola abbiamo letto sui giornali riguardo la resistenza di questi uomini e queste donne che sono rimasti accampati per anni, non una parola abbiamo letto sulle modalità con cui ci hanno accolto senza domande guardandoci in faccia e riconoscendo qualcosa nel fondo di comune: la voglia di non guardare al mondo con rassegnazione. Nelle forme della lotta di domenica abbiamo riconosciuto un'organizzazione e un sentire simile a quello che abbiamo conosciuto tra gli indignados di Plaça Catalunya: la denuncia degli intrecci profondi e inestricabili tra amministrazione pubblica e interessi privati, il costruirsi di nuove forme di partecipazione e di decisione politica, il crescere di ciò che chiamiamo “comune”. In Val Susa come in Plaça Catalunya persone di generazioni, estrazione sociale e luoghi diversi si sono trovate a lottare esattamente per lo stesso motivo: la possibilità di decidere del proprio presente e del proprio futuro, oltre la gestione della democrazia statale.
"Ciao ragazzi, venite da Ramats? Com'era là?" Da una macchina che si muove a passo d'uomo, incolonnata con chissà quante altre macchine mentre aspettano di superare un posto di blocco, a fine giornata, un valligiano sorridente si rivolge a noi: stanchi, sporchi di maalox e polvere, qualcuno con un casco appeso al braccio. "I miei tre fratelli sono stati a Giaglione. Erano là a combattere da stamattina, sono risaliti solo mezz'ora fa".
Ci salutiamo, col valligiano, la fila scorre un po' più veloce, ma prima di andarsene ci tiene a ringraziarci. Un ringraziamento e dei sorrisi sentiti, di cuore. "Non finirà qui!", dice.
A tutti quelli che ci dicevano grazie, ve lo scrivo perché un groppo in gola non mi permetteva di rispondere, ci avete fatto vedere che resistere è possibile tutti insieme.
Noi torneremo tutte le volte che ce lo chiederete perché nella vostra bella valle ci avete fatto sentire a casa e ci avete regalato il senso della vostra lotta che ora possiamo dire senza riserve nostra.
Il fermo di Turi sull'autostrada il giorno dello sgombero. Fare attenzione al termine del filmato e notare il blackbloc "infiltratosi!!!!" tra le "forze dell'ordine" che sferra un calcio in faccia a Turi in terra. Bisogna ricordare che Turi era armato con una pericolosissima testa d'aglio!