Sembra un docile essere che chiede coccole dalla terra, immobile e ferma anche nel suo carattere. E’ l’eterno movimento che lo rende così affascinante, è la sua continua evoluzione che lo rende così misterioso. Grande è il suo incarico: nascondere all’uomo quante più cose possibili. Il mare è la veste della terra e nessuna fantasia umana è così forte da poterla immaginare nuda. Ma cosa nasconde? Perché?
Sono tante le leggende che si raccontano sui mari, mari che nascondono mostri , mari che risucchiano isole in un lampo, mari che si aprono, mari che si insanguinano. L’idea di poter meglio conoscere i suoi misteri mi ha spinto a partecipare a numerosi corsi di immersione, non sono serviti che ad apprezzare di più la natura ed a esaurire qualche soldo messo da parte. Non mi è bastato mettere la testa giù per scoprire i suoi segreti né basterà a nessun altro. Il suo potenziale va ben oltre la nostra capacità visiva.
Avete mai sentito il rumore del mare mentre cercate di addormentarvi? E’ stupendo, non è un rumore ma un vero e proprio sussurro, a volte è come giudice che ti ammonisce, altre è come un amante che ti parla con un filo di voce appena giusto per arrivarti al cuore. Il mare ci parla.
Durante i miei riposi periodici ho sempre cercato di lasciare tutto alle spalle ma alcuni pensieri sono duri ad estinguersi. Te li porti ovunque tu vada, ti accompagnano fino alla morte. Ma i pensieri non sono gli unici bagagli, anche il mare è sempre lo stesso e quello che fai in una parte del mondo, ti viene ricordato e sussurrato dal mare dalla parte opposta. E’ un miracolo perpetuo che avviene senza alcuna interruzione, è un dialogo fra una coscienza e il mare.
Il dialogo col mare è una magia che ti sconvolge ogni volta, è una interazione fra dimensioni diverse. Spesso mi trovavo in possesso di un cumulo di risposte senza domande o domande senza risposte ma ero certo che prima o poi avrei raggiunto uno stato di equilibro, una intesa perfetta che avrebbe fatto di me non un semplice interlocutore, ma un amico del mare.
Letta in giro e con questo caldo parlare di mare da' un senso di fresco...
Lento sulla tremula distesa del mare naviga il veliero. Il fianco martellato dal frangersi dell´onda azzurrina gronda di spuma, e sotto i raggi della luna, prende riflessi d´argento. Il calmo dondolare del naviglio culla il sonno dei marinai raccolti sotto coperta mentre una triste canzone, sale sommessa nell´aria e si diffonde all´interno. Chi canta tra tanto silenzio? Il comandante, che stringe fra le mani la dura asta del timone, veglia su tutti attento ed esperto. Egli vuole nascondere in quel canto, il tormento del suo cuore, affranto, vuol dimenticare in esso il dolore e l´ansia che l´opprimono, forse desidererebbe inabissarsi in quella immensa distesa del mare per non più soffrire, per cadere finalmente nell´oblio. Sull´albero maestro oscilla lenta la lanterna sospinta dalla brezza. Al suo debole chiarore, altre lontanissime se ne aggiungono: sono le stelle, ed in mezzo ad esse la luna che accompagna il peregrinare notturno dei marinai. Esse soltanto sono fedeli al vecchio pilota che indirizza loro il canto nostalgico. Il mare accompagna lentamente con la sua sinfonia dei suoi flutti, quella nenia dolorosa: dolce e calda sinfonia di una notte lunare... Una pagina dal web
I ricordi, un inutile infinito, ma soli e uniti contro il mare, intatto in mezzo a rantoli infiniti.. Il mare, voce d’una grandezza libera, ma innocenza nemica nei ricordi, rapido a cancellare le orme dolci d’un pensiero fedele… Il mare, le sue blandizie accidiose quanto feroci e quanto,. quanto attese, e alla loro agonia, presente sempre, rinnovata sempre, nel vigile pensiero l’agonia… I ricordi, il riversarsi vano di sabbia che si muove senza pesare sulla sabbia, echi brevi protratti, senza voce echi degli addii a minuti che parvero felici…
Giuseppe Ungaretti
L’uomo e il Mare
Sempre il mare, uomo libero, amerai! perché il mare è il tuo specchio; tu contempli nell’infinito svolgersi dell’onda l’anima tua, e un abisso è il tuo spirito non meno amaro. Godi nel tuffarti in seno alla tua immagine; l’abbracci con gli occhi e con le braccia, e a volte il cuore si distrae dal tuo suono al suon di questo selvaggio ed indomabile lamento. Discreti e tenebrosi ambedue siete: uomo, nessuno ha mai sondato il fondo dei tuoi abissi; nessuno ha conosciuto, mare, le tue più intime ricchezze, tanto gelosi siete d’ogni vostro segreto. Ma da secoli infiniti senza rimorso né pietà lottate fra voi, talmente grande è il vostro amore per la strage e la morte, o lottatori eterni, o implacabili fratelli!
Charles Baudelaire
S’Ode Ancora il Mare
Già da più notti s’ode ancora il mare, lieve, su e giù, lungo le sabbie lisce. Eco d’una voce chiusa nella mente che risale dal tempo; ed anche questo lamento assiduo di gabbiani: forse d’uccelli delle torri, che l’aprile sospinge verso la pianura. Già m’eri vicina tu con quella voce; ed io vorrei che pure a te venisse, ora di me un’eco di memoria, come quel buio murmure di mare.
.....Ne vedi una che arriva con tutta la sua forza e s'infrange sulla sabbia, trasportando con sé una densa spuma. Poi un'onda più piccola torna nell'oceano, con un rumore meno intenso: una sorta di rumore secondario. Arriva una seconda onda che s'incontra con la prima. E in quel momento c'è una pausa. Immediatamente dopo verrà una nuova onda, e il flusso e il riflusso continueranno per sempre. Questa è la musica che dobbiamo apprendere: le cose vanno e vengono, sempre [Khalil Gibran]
e venne dall’acqua, e venne dal sale la penitenza dalla mano del mare il comandante avanza e niente si puó fare vuole una morte, la vuole affrontare e lí l’attandeva, dove il sole cala cala e non muore, e l’acqua non lo lava e il demone lo duole, sui banchi d’acqua stregati di olio e petrolio e il vento non alzava, e il mare imputridiva legati a un solo raggio, tutti presi in ostaggio avanzavamo lenti, senza ammutinamenti e il comandante é pazzo, e avanza nel peccato e il demone ch’é suo, adesso vuole mio e brinda con il sangue all’odio ci convince, che se é sua la barca che vince, dev’essere la mia e gli occhi non videro, non videro la luce non videro la messe, che altri non l’avesse e il cielo fece nero, e urló la nube al cielo e s’affamó d’abisso, che tutti ci prendesse Matri mia, salvezza prendimi nell’anima Matri mia, le ossa nell’acqua anime bianche, anime salvate anime venite, anime addolorate che io abbia due soldi, due soldi sopra gli occhi due soldi per l’onore, due monete in pegno per pagare il legno, la dura voga del traghettatore e vieni occhi di fluoro, vieni al tuo lavoro vieni spettro del tesoro la vela tende, il vento se la prende la vela cade, le remi allontanate e accese sui pennoni i fuochi fatui, i fuochi alati della Santissima dei naufragati Matri mia, salvezza prendimi nell’anima il tempo stremava, l’arsura ci cuoceva parlavamo alle vare e il silenzio dal mare e il legno cedeva all’acqua suo pianto la vela cadde, la sete ci asciugó acqua, acqua, acqua in ogni dove e nemmeno una goccia, nemmeno una goccia da bere e gli uomini spegnevano, spegnevano il respiro spegnevano la voce, nel nome dell’odio che tutti ci appagó, il cielo rigó di sbarre il suo portale il volto di fuoco, dentro imprigionó lo spettro vedemmo venire di lontano venire per ghermire, nero di dannazione vita e morte, vita e morte era il suo nome Matri mia, salvezza prendimi nell’anima Matri mia, salvezza prendimi questa é la ballata di chi si é preso il mare che lapide non abbia, ne ossa sulla sabbia né polvere ritorni, ma bruci sui pennoni nei fuochi sacri, nei fuochi alati della Santissima dei naufragati O Santissima dei naufragati vieni a noi che siamo andati senza lacrime senza gloria, vieni a noi, perdon, pietá.