L’ULTIMO ALBERO (IL RACCONTO DI MARTINO)
Martino tutte le sere prima di addormentarsi chiedeva al nonno di raccontargli una fiaba e il nonno con quanta pazienza aveva, tutte le santissime sere doveva inventarsi storie fantastiche, di draghi, di fate e streghe, Martino non aveva paura, anzi, più erano spaventose e più era affascinato. Ora, avvenne un giorno che il nonno non sapeva più cosa inventare, Martino si intristì al punto da tenere il broncio.
Una sera il nonno prese Martino per mano e insieme si misero a camminare, attraversarono lunghe vie, strade e sentieri deserti, finché dopo tanto camminare, stanchi e affamati si fermarono vicino ad un ruscello cui accanto sporgeva qualcosa di strano, di mai visto dagli occhi di Martino, era come un’immensa costruzione fatta con uno strano materiale.
Il nonno vedeva l’espressione del nipotino sempre più di meraviglia; gli occhi spalancati, la bocca aperta: “Nonno dimmi, che cos’è questa cosa, io non l’ho mai vista!” Il nonno sorrise, prese Martino sulle ginocchia e incominciò a raccontare: “vedi Martino, tanto tempo fa in questo luogo era tutto diverso da come lo vedi ora, c’erano strane abitazioni ovunque e tanto colore tutto intorno, il più che risaltava era il verde, sì, questo colore si chiamava “verde”. In questo posto vivevano tante creature, ce n’era una in particolare, era un uomo grande come il sole e grosso come la montagna dove abitiamo noi.
Quest’uomo però non era buono di cuore e un giorno prese a distruggere tutto ciò che lo circondava, cominciò a calpestare tutto quanto e più trovava da distruggere più si sentiva forte, iniziò a tagliare tutte le costruzioni di questo pianeta, a sradicare le radici e a mangiarle per disprezzo.
Il tempo passava e questo omone si trovò solo, non c’era più niente che potesse distruggere. Piano, piano cominciò a diventare triste, ormai si sentiva impotente, era invecchiato a dismisura e dove un tempo aveva una folta barba ora cresceva una strana lanuggine verde, al posto dei capelli si ritrovava piccole foglioline verdi, le braccia e le gambe gli crebbero talmente sino ad ergersi con il suo busto e sprofondando invece le gambe e i piedi nel suolo ramificando un groviglio di radici sempre più in profondità.
Sentì delle strane gocce verdi scendergli lungo il viso, piangeva, pentito di essere stato tanto crudele, ma ad un tratto al comparire della luna si sentì in pace, chiuse gli occhi sempre più raggrinziti fino a scomparire”.
Martino era sbalordito: “Nonno, come si chiama adesso quella strana creatura” chiese il bimbo, il nonno con un sorriso mesto rispose: “Albero, è l’ultimo albero il suo nome”.
Martino rimase affascinato dal racconto del nonno e lo ringraziò per la bella fiaba raccontatagli.
Ripresero il cammino verso casa, attraversarono lunghe vie, strade e sentieri e poi salirono, discesero e risalirono, fino a che raggiunsero l’infinito camminando sulle nuvole, Martino saltellava felice da una stella all’altra, raggiunsero finalmente casa, il bimbo si voltò per un attimo verso il nonno e gli chiese: “Come si chiama quel posto in cui mi hai portato?” – “Terra” – rispose il nonno “si chiamava Terra”.
Cinzia D.