Roma, 18 ott. - E' morto il poeta Andrea Zanzotto, all'ospedale di Conegliano Veneto. Una settimana fa aveva compiuto 90 anni.
La capacita' di ascoltare "il canto interno del linguaggio" era il dono di Andrea Zanzotto. Quel dono che il padre, Giovanni, cerco' invano durante gli anni dell'infanzia del poeta scomparso oggi a Conegliano Veneto. Giovanni Zanzotto era un disegnatore e pittore notevole e per anni ha cercato in suo figlio lo stesso talento. Invano. A Pieve di Soligo, dove nacque nel 1921, il soprano Toti dal Monte era divenuto un vero e proprio culto e i genitori del piccolo Andrea cercarono di istradarlo alla musica. Inutilmente.
La poesia lo aveva scelto prima che lui scegliesse Lei. E, infatti, ricordando la propria infanzia e la scuola elementare con la maestra Marcellina Dalto, Zanzotto ricordera': "provavo qualcosa di infinitamente dolce ascoltando cantilene, filastrocche, strofette, non in quanto cantate, ma in quanto pronunciate o anche semplicemente dette. Ascoltavo il canto interno del linguaggio".
Il padre, fervente antifascista, dovette rifugiarsi a Parigi per un breve periodo di tempo. La famiglia torno' in Italia, ma le precarie condizioni economiche dovute alla difficolta' di Giovanni di trovare qualsiasi tipo di lavoro, spinse Andrea a intraprendere le scuole magistrali.
Nel 1939 si iscrisse alla facolta' di Lettere e Filosofia a Padova. Allo scoppio della guerra, chiamato alla visita militare, fu dichiarato rivedibile per insufficienza toracica e la forte asma allergica. Si salvo' cosi' dalla tragica campagna di Russia, mattatoio per la classe '21. In seguito rifiuto' di rispondere al reclutamento di volontari organizzati dal Fascio.
In un'epoca in cui si cantava la bellezza dell'azione e della velocita', il suo primo scritto - pubblicato sul numero 10 di Signum - si intitolava Adagio.
A quest'epoca risalgono i primi scritti in prosa che formeranno, nel 1964, la raccolta 'Sull'Altopiano'. Nel 1942 si laurea in Lettaratura Italiana con una tesi sull'opera di Grazia Deledda. Intanto partecipava alla Resistenza nelle file di Giustizia e Liberta' occupandosi di stampa e propaganda del movimento. Nel 1950 il primo importante riconoscimento: una giuria composta da Ungaretti, Montale, Quasimodo, Sinigalli e Sereni gli attribuisce il Premio San Babila per la sezione degli inediti.
I componimenti vincitori formeranno, nel 1951 la raccolta 'Dietro il paesaggio'. Seguiranno, a distanza di tre anni, 'Elegia e altri versi' e 'Vocativo'. A questa attivita' Zanzotto affiancava quella di critico letterario e insegnante. I primi importanti volumi in versi risalgono al 1968. 'La Belta' viene presentato a Roma da Pier Paolo Pasolini e a Milano da Franco Fortini, mentre il primo giugno usci' sul 'Corriere della Sera' la recensione scritta da Eugenio Montale.
Nel 1969 celebra lo sbarco sulla Luna con 'Gli sguardi, i fatti e Senhal', a riprova di quanto Zanzotto sentisse la vita pulsargli attorno. Del 1976 e' l'incontro con Fellini, con il quale collaborera' in 'Casanova'. Nello stesso anno viene pubblicata l'opera 'Filo', che comprende la lettera che Zanzotto scrive al regista. Nel 1979 riceve il Premio Viareggio con 'Il galateo in Bosco'. Ancora per Fellini scrive stralci e dialoghi della 'Citta' delle Donne'.
Gli anni '80 sono quelli in cui Zanzotto comincia a combattere con il suo male oscuro, la depressione, da cui non si liberera' che nel 1987, dopo un miracoloso viaggio a Parigi e alla pubblicazione di 'Idioma'. Non pubblichera' piu' fino al 1996, anno dell'uscita di 'Meteo'. Seguono scritti vari, tra cui storie per bambini e un libro-intervista 'In questo progresso scorsoio', nel 2009 .
Milano inventata
o mai stata
eppure così verginale
nel bel mezzo del tappeto autunnale sotto un sole di gloria boreale
Milano percorsa da foglie
e rade genti con pacate voglie
coi suoi tramtranvai sulle vie
verso mitiche periferie
carichi di gentili malinconie
Milano con metropolitane
che gemono canzoncine
nel loro vuoto senza confine
in cui vuoti vagoni s'avventano
come in un loro proprio elemento
Con tante vetrine Milano,
un po' firmata Jannacci o Celentano
in cui sbuca
qua e là il "Meridiano"
come impropria postura
e un suo sorrisetto scaleno