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Attualità: 4 Novembre
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Respuesta  Mensaje 1 de 9 en el tema 
De: lore luc  (Mensaje original) Enviado: 04/11/2011 03:56
4 novembre, festa nazionale
Il programma delle celebrazioni a Roma e sul litorale
Sezione: Cronaca 03/11/2011
( AGR ) E’ stato presentato in Campidoglio il programma per la Giornata dell’Unità nazionale e delle Forze Armate, da venerdì 4 a domenica 6 novembre. Eventi e attività sono stati illustrati dal comandante militare della Capitale, generale Mauro Moscatelli, e dal sindaco Gianni Alemanno. Quest’anno la festa del 4 novembre assume un rilievo più forte: per l’Italia è il 150° anno di unità nazionale e il 90° dalla traslazione della salma del Milite Ignoto da Aquileia a Roma.Prologo alle celebrazioni, un ciclo di 55 conferenze nelle scuole medie superiori di Roma e del Lazio, in cui otto team, composti da personale di tutti i corpi militari, hanno spiegato la doppia ricorrenza a circa 7.500 studenti. Il via, come ogni anno dal 1919 quando la festa fu istituita, il 4 novembre con la cerimonia di Stato all’Altare della Patria e la deposizione della corona d’alloro sulla tomba del Milite Ignoto – in memoria dei caduti di tutte le guerre e delle missioni internazionali – alla presenza del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. A seguire, il passaggio delle Frecce Tricolori della PAN (Pattuglia Acrobatica Nazionale).

Dopo il solenne momento istituzionale, le attività aperte alla cittadinanza: mostre, caserme e aree di addestramento liberamente visitabili, cerimonie e concerti sulle principali piazze di Roma. Ecco il programma giorno per giorno:

venerdì 4 novembre si possono visitare nel Lazio 28 strutture militari tra caserme, aeroporti e navi. Al Circo Massimo, dopo l’Alza Bandiera alle 9.45, il Sindaco, il Comandante Militare della Capitale e altre autorità inaugurano l’esposizione dei mezzi e dei materiali militari, moderni e storici, 50 mila metri quadri di mostra per conoscere a fondo la realtà tecnica, tecnologica e sportiva di Esercito, Marina, Aeronautica, Carabinieri e Guardia di Finanza (dal 4 al 6 novembre). Nel corso della giornata, due esibizioni della Fanfara della Banda dei Bersaglieri “Garibaldi”. A Piazza del Popolo, alle 20.50 esibizione della Fanfara dei Carabinieri e, alle 21, concerto del maestro Ennio Morricone e della sua orchestra.



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Respuesta  Mensaje 2 de 9 en el tema 
De: lore luc Enviado: 04/11/2011 04:04

Armando Diaz (Napoli, 5 dicembre 1861 – Roma, 29 febbraio 1928) è stato un generale italiano, Capo di Stato Maggiore dell'Esercito durante la prima guerra mondiale, ministro della guerra e Maresciallo d'Italia nonchè Duca della Vittoria.

Avviato giovanissimo alla carriera militare, Diaz fu allievo dell'Accademia militare di Torino, dove divenne ufficiale d'artiglieria. Fu colonnello, comandante il 93º Reggimento fanteria, durante la guerra italo-turca. Maggior generale nel 1914, alla dichiarazione di intervento dell'Italia nella prima guerra mondiale fu addetto al comando supremo quale capo del reparto operazioni; lasciò l'incarico al momento della promozione a tenente generale, nel giugno del 1916, per assumere il comando prima della 49a Divisione militare, poi del XXIII Corpo d'armata.

La sera dell'8 novembre 1917 fu chiamato a sostituire Luigi Cadorna nella carica di Capo di Stato Maggiore dell'Esercito Italiano. Recuperato quello che rimaneva dell'esercito, organizzò la resistenza sul monte Grappa e sul fiume Piave. Guidò alla vittoria le truppe italiane nel 1918; per l'occasione stilò il famoso Bollettino della Vittoria in cui comunicava la rotta dell'esercito austriaco ed il successo italiano.

Al termine della guerra Diaz divenne senatore, e nel 1921 venne insignito del titolo di Duca della Vittoria. Nel primo governo Mussolini, su precisa condizione del re Vittorio Emanuele III (che intendeva in questo modo porre nel governo una figura di prestigio e lealmente monarchica), assunse l'incarico di Ministro della Guerra. Terminata l'esperienza governativa il 30 aprile 1924, si ritirò a vita privata. Nello stesso anno, venne insignito insieme al generale Luigi Cadorna del grado di Maresciallo d'Italia, istituito espressamente da Mussolini per onorare i comandanti dell'esercito nella prima guerra mondiale.

Hanno detto di Diaz

"Chi è questo Diaz?" (generale Ferdinand Foch, comandante degli eserciti dell'Intesa)
"Cadorna fu sostituito da Diaz, un napoletano di discendenza spagnola. Il quale si preoccupò maggiormente del benessere materiale dei suoi uomini ed istituì degli uffici di propaganda con il compito di esporre ai soldati la condotta e le finalità della guerra." (Dennis Mack Smith, storico)
"Diaz rappresentò una figura più simile a quella di un consigliere di amministrazione, che di un capo di esercito." (Mario Silvestri)
"L'ho tirato fuori io, è una mia scoperta." (Vittorio Emanuele III)

Ha detto Diaz

"Non mi faccio illusioni su me stesso,ma posso dire di avere avuto un merito: quello di equilibrare le forze e gli ingegni altrui, di far regnare la calma fra i miei generali e la fiducia fra le mie truppe. Sento che questa è la mia caratteristica."

"Non un uomo ha vinto, ma un popolo."
"Assumo la carica di Capo di stato maggiore dell'esercito. Conto sulla fede e sull'abnegazione di tutti." "L'arma che sono chiamato a impugnare è spuntata: bisognerà presto rifarla pungente: la rifaremo."
"Ricordo che la importante funzione del comando è la concessione delle ricompense che deve essere più equa che abbondante. Curarne la ripartizione fra ufficiali e truppa in modo che la proporzione non sia troppo a favore dei primi. "

PROCLAMA DEL GENERALE DIAZ
(riportato nella targa in bronzo collocata nel Palazzo Municipale)

IV NOVEMBRE MCMXVIII ORE 13

LA GUERRA CONTRO L 'AUSTRIA-UNGHERIA CHE SOTTO L'ALTA GUIDA DI S.M. IL RE DUCE SUPREMO L'ESERCITO ITALIANO INFERIORE PER NUMERO E PER MEZZI INIZIO' IL XXIV MAGGIO MCMXV E CON FEDE INESORABILE E TENACE VALORE CONDUSSE ININTERROTTA AD ASPRISSIMA PER XLI MESI E' VINTA.

LA GIGANTESCA BATTAGLIA INGAGGIATA IL XXIV DELLO SCORSO OTTOBRE ED ALLA QUALE PRENDEVANO PARTE CINQUANTUNO DIVISIONI ITALIANE TRE DIVISIONI BRITANNICHE DUE FRANCESI UNA CZECO-SLOVACCA ED UN REGGIMENTO AMERICANO CONTRO SESSANTATRE' DIVISIONI AUSTRO-UNGARICHE E' FINITA.

LA FULMINEA ARDITISSIMA AVANZATA DEL VENTICINQUESIMO CORPO D'ARMATA SU TRENTO SBARRANDO LE VIE DELLA RITIRATA ALLE ARMATE NEMICHE DEL TRENTINO TRAVOLTE AD OCCIDENTE DALLA TRUPPE DELLA SETTIMA ARMATA E AD ORIENTE DA QUELLE DELLA PRIMA SESTA E QUARTA HANNO DETERMINATO LO SFACELO TOTALE DELLA FRONTE AVVERSARIA.

DAL BRENTA ALA TORRE, L'IRRESISTIBILE SLANCIO DELLA DODICESIMA, DELL'OTTAVA, DELLA DICIOTTESIMA ARMATA E DELLE DIVISIONI DI CAVALLERIA, RICACCIA SEMPRE PIU' INDIETRO IL NEMICO FUGGENTE.

NELLA PIANURA S.A.R. IL DUCA D'AOSTA AVANZA RAPIDAMENE ALLA TESTA DELLA SUA INTATTA TERZA ARMATA, ANELANTE DI RITORNARE SULLE POSIZIONI DA ESSA GIA' VITTORIOSAMENTE CONQUISTATE CHE NON AVEVA MAI PERDUTO.

L'ESERCITO AUSTRO-UNGARICO E' ANNIENTATO:ESSO HA SUBITO PERDITE GRAVISSIME NELL'ACCANITA RESISTENZA DEI PRIMI GIORNI E NELL'INSEGUIMENTO HA PERDUTO QUANTITA' INGENTISSIME DI MATERIALE DI OGNI SORTA E PRESSOCHE PER INTERO I SUOI MAGAZZINI E I DEPOSITI:HA LASCAITO FINORA NELLE NOSTRE MANI TRECENTOMILA PRIGIONIERI CON INTERI STATI MAGGIORI E NON MENO DI CINQUEMILA CANNONI.

I RESTI DI QUELLO CHE FU UNO DEI PIU' POTENTI ESERCITI DEL MONDO RISALGONO IN DISORDINE E SENZA SPERANZA LE VALLI CHE AVEVANO DISCESO CON ORGOGLIOSA SICUREZZA.

COMANDO SUPREMO

GENERALE DIAZ

L' ARMISTIZIO DI VILLA GIUSTI

Dopo la disastrosa battaglia di Vittorio Veneto dell'ottobre-novembre 1918, l'Esercito Austro-Ungarico era allo sfascio. La sconfitta si trasformò in rotta non più arginabile e mentre le truppe tentavano di rientrare in patria, a Villa Giusti si firmava l'armistizio per far cessare il fuoco su tutto il fronte italiano.

La popolazione italiana apprese il mattino del sabato 2 novembre 1918 l'esaltante notizia:

TRAVOLTO DALL'ESERCITO ITALIANO, IL NEMICO CHIEDE A DIAZ L'ARMISTIZIO.

Fu questo il titolo del “Corriere della Sera”, naturalmente sull'intera pagina. A grandi caratteri, campeggiava il bollettino dell'agenzia d'informazioni Stefani, alla quale il governo aveva fornito le prime notizie sulle trattative in corso. Il bollettino diceva: “Roma, 1 novembre notte. Si è presentato alle nostre linee un ufficiale dello Stato Maggiore austriaco, il quale, munito di apposita autorizzazione, ha chiesto di entrare in discussione per un armistizio. Il generale Diaz ne ha informato il presidente del Consiglio dei Ministri attualmente a Parigi. L'On. Orlando, alla sua volta, ne ha informato la Conferenza interalleata che ha discusso e precisato le condizioni alle quali l'armistizio potrebbe essere accordato, e ha dato incarico al generale Diaz, in nome dei Governi alleati e degli Stati Uniti, di darne comunicazione ai parlamentari austriaci.

Le condizioni dell'armistizio si ispirano ai concetti del Presidente Wilson: cioè di rendere impossibile al nemico di ricominciare la guerra e di impedirgli di profittare dell'armistizio per sottrarsi ad una difficile situazione militare, e lo stato della battaglia sulla nostra fronte dimostra praticamente il grande valore di queste ultime condizioni. Siccome è probabile che i parlamentari austro-ungarici vorranno conferire in proposito coi loro comandanti, è da credere che la risposta non potrà essere immediatamente prossima. (Stefani) ”.

La sottolineatura della frase finale voleva certamente evitare che un eventuale fallimento dei negoziati in corso e la continuazione della guerra causasse una pesante delusione.

Ma l'Impero austro-ungarico aveva ormai le ore contate. Sotto il titolone L'AUSTRIA HA CAPITOLATO il “Corriere della Sera” del 5 novembre pubblicava il famoso bollettino italiano della Vittoria: “La guerra contro l'Austria-Ungheria che, sotto l'alta guida di S.M. il Re Duce Supremo …”. In mezzo alla prima pagina, in posizione ancora più evidente e a grossissimi caratteri il comunicato del Comando Supremo sulla firma dell'armistizio. Eccolo: “4 novembre, ore 16. In base alle condizioni dell'armistizio stipulato fra i plenipotenziari del Comando Supremo del R. Esercito Italiano in nome di tutte le Potenze Alleata e degli Stati Uniti d'America e i plenipotenziari dell'I.R. Comando Supremo dell'Esercito Austro-Ungarico, le ostilità per terra, per mare e per aria su tutte le fronti dell'Austria-Ungheria sono state sospese alle ore 15 di oggi, 4 novembre. DIAZ.”

In seconda pagina le prime notizie sui negoziati: “Le trattative per l'armistizio hanno avuto luogo a Padova. La delegazione del Comando nemico era formata da 8 ufficiali presieduti dal generale Weber. Essa è stata alloggiata nella villa del senatore Giusti ed ha avuto trattamento signorile nonché tutti gli onori militari. Pel Comando italiano ha riferito il generale Badoglio, il quale ebbe come interprete un giovane ufficiale trentino cognato dell'eroe Battisti.”

Il giorno seguente, il quotidiano milanese riportava più precisi particolari:

“ Il 29 ottobre si presentava con la bandiera bianca alle nostre linee un capitano austriaco che dichiarava di voler essere introdotto al nostro Comando per trattare l'armistizio e presentava le credenziali. Il capitano non venne ammesso, perché sprovvisto di sufficienti patenti. Il giorno 30 si presentava al medesimo settore una Commissione parlamentare austriaca composta di nove ufficiali con le persone del seguito. La Commissione annunziò la sua presenza alle linee con quindici trombe e agitando una bandiera bianca. Dato l'ordine di cessare il fuoco, i parlamentari entrarono nelle nostre linee accompagnati da venti ufficiali dei carabinieri. Non furono bendati, ma messi in un'automobile chiusa con le tendine abbassate. I parlamentari vennero trasportati sotto la scorta di un generale brigadiere alla residenza del Supremo Comando.

Alla mattina seguente, poco prima delle 9, i parlamentari si riunirono nella sala principale della villa. Alle 9,30 il generale Badoglio faceva il suo ingresso. Gli Austriaci si misero in posizione di attenti, salutando. Anche il generale Badoglio rispose al saluto. Il generale von Weber si presentò e presentò la missione. Il colloquio durò pochissimi minuti, e il generale Badoglio ritornò subito al Gran Quartiere Generale. Dopo usciti dalla villa i carabinieri tributarono nuovamente gli onori militari alla missione austriaca. La sera del giorno 2 il gen. Badoglio ebbe un altro colloquio con i parlamentari. Il colloquio fu lunghissimo.

Il giorno 3 il generale Badoglio, il generale Scipioni, il colonnello Gazzano, il capitano Maravigli, il comandante Accissi per la Marina Italiana furono nuovamente a contatto con i parlamentari. Si trattava di discutere la firma vera: la stipulazione dell'armistizio. Il colloquio durò fino alle 18,39. Prima di uscire avvenne uno scambio di strette di mano, l'armistizio era firmato.”

Sulla scorta dei documenti ufficiali e del racconto dei partecipanti alle trattative, la storia ha poi fissato la versione su come si giunse all'armistizio. Ecco alcuni curiosi particolari:

“L'ufficiale austriaco con la bandiera bianca si presentò alle linee di Val Lagarina; aveva una lettera del generale Weber, comandante del VI corpo d'armata austro-ungarico, il quale scriveva di essere incaricato dal Comando Supremo di entrare in trattative, immediatamente, per un armistizio. Lo stesso generale Weber, essendo stato respinto il suo inviato, entrò in Italia il giorno successivo con gli altri otto ufficiali della Commissione.

Nel medesimo giorno, sempre in Val Lagarina, si presentò un colonnello tedesco, con l'incarico di prender parte ai negoziati in nome del governo germanico, ma fu invitato a ritirarsi.

Nel colloquio del 2 novembre la delegazione italiana comunicò ai rappresentanti dell'Austria-Ungheria le condizioni dell'armistizio, decise dal Consigli Interalleato di Versailles, su proposta del presidente del Consiglio italiano Orlando.

Questi i punti principali:
1. Sgombero dei territori invasi e delle regioni assegnate all'Italia dal Patto di Londra. (Il 26 aprile 1915 gli Alleati avevano assegnato all'Italia le province austriache sino al confine alpino, la Dalmazia settentrionale, le isole prospicienti e Valona, promettendo altri compensi in Asia Minore, e la neutralità di una parte delle coste albanesi e dalmate).
2. Consegna di un'ingente parte del materiale d'artiglieria e della flotta.
3. Restituzione dei prigionieri fatti all'Intesa.
4. Facoltà per l'Intesa di servirsi, per ragioni militari e d'ordine pubblico, di tutti i mezzi di comunicazione dell'Impero Austro-Ungarico.

Quest'ultimo punto sembrò troppo duro al generale Weber. Egli chiese ed ottenne di mandare a Trento due suoi ufficiali (cui seguì poi un terzo), perché tentassero di entrare in contatto con il governo di Vienna. Weber voleva le istruzioni finali, soprattutto in merito alla quarta clausola. L'imperatore Carlo aveva dato formali assicurazioni all'imperatore Guglielmo che, l'Austria, non avrebbe mai consentito all'Intesa di attaccare la Germania attraverso il territorio austriaco. L'accettazione del “punto quattro” avrebbe reso possibile tale operazione.

La sera del 2 novembre, in mezzo al caos che iniziava a diffondersi a Vienna, l'imperatore riuscì a raccogliere, dopo molto sforzo, un Consiglio della corona, il quale decise l'accettazione delle clausole d'armistizio.

L'Armistizio di Villa Giusti diede luogo anche ad un increscioso equivoco. Il generale Weber aveva comunicato a Vienna che l'Italia avrebbe sospeso le operazioni di guerra 24 ore dopo la firma dell'armistizio; ciò per avere il tempo di avvertire tutte le truppe in movimento. Il Comando Supremo Austriaco ordinò invece immediata sospensione delle ostilità nella notte stessa del 3 novembre. Ciò fu causa di numerosi incidenti e della cattura di molti prigionieri. Un'inchiesta austriaca riconobbe poi “la piena lealtà e correttezza del Comando Supremo Italiano”. L'Austria, con l'acqua alla gola, era convinta che, al primo annuncio anche unilaterale di pace, nessun soldato si sarebbe battuto.

In quanto alla Germania, il 4 novembre il generale Diaz telegrafò a Parigi: “Se la Germania non sottostarà condizioni armistizio che le saranno imposte da alleati, l'Italia interverrà per costringerla alla resa”. Di fronte alla minaccia italiana alla sua frontiera meridionale, la Germania ormai boccheggiante cedette. L'8 novembre fu annunciata l'abdicazione del Kaiser. Lo stesso giorno, nella foresta di Compiègne, il generale Foch dettò ai delegati tedeschi le condizioni dell'armistizio. Esso venne firmato il giorno 11. La Prima Guerra Mondiale era finita.

materiale proveniente da Wikipedia.it l'enciclopedia libera della rete


Respuesta  Mensaje 3 de 9 en el tema 
De: lore luc Enviado: 04/11/2011 04:13
 

Venerdì  4  Novembre 2011

Sacrario di Redipuglia


Respuesta  Mensaje 4 de 9 en el tema 
De: lore luc Enviado: 04/11/2011 04:17
Ricorre anche il 90° della traslazione della salma del Milite Ignoto da Aquileia al Vittoriano.
Il canale RaiStoria commemora l'evento alle ore 17.

Respuesta  Mensaje 5 de 9 en el tema 
De: sempreverde Enviado: 04/11/2011 08:21

Bacheca

 Giornata delle Forze Armate.
Giornata di omaggio alle Forze Armate e celebrazione dell'Unità Nazionale
Giorno festivo fino al 1977.
fu istituita all'indomani della battaglia di Vittorio Veneto (la battaglia si svolse dal 24 ottobre al 3 novembre 1918) per ricordare e celebrare i soldati impegnati in guerra per la Patria.


Respuesta  Mensaje 6 de 9 en el tema 
De: haiku04 Enviado: 04/11/2011 13:16

 

 

Conseguenze della prima guerra mondiale:

L'embargo della Germania

A seguito della guerra, gli alleati mantennero un blocco navale contro la Germania. Si è stimato che il blocco causò la morte di circa 800.000 civili tedeschi a causa della malnutrizione, durante gli ultimi due anni di guerra. Il mantenimento dell'embargo, come venne descritto da Leckie in Delivered From Evil, avrebbe "tormentato i tedeschi...guidandoli con furia nelle armate del diavolo". Molti storici hanno argomentato che il trattamento riservato alla Germania, dopo la fine della guerra, fu una delle cause della seconda guerra mondiale, altri sostengono l'opposto. Tutti concordano che il trattamento fu o troppo duro o troppo morbido, non ci fu la giusta via di mezzo. Tra i primi critici di tale trattamento si trova il famoso economista John Maynard Keynes, membro della delegazione inglese alla Conferenza di Parigi.

Churchill fece riferimento al blocco durante un discorso del 3 marzo 1919, alla Camera dei Comuni: "Stiamo mantenendo tutti i nostri mezzi di coercizione pienamente operativi...stiamo rafforzando il blocco con vigore...la Germania è prossima alla morte per fame. Le prove di cui dispongo...mostrano...il grande pericolo del collasso dell'intera struttura sociale tedesca e della vita nazionale, sotto la pressione di fame e malnutrizione!".

Il blocco non venne sollevato fino al giugno 1919, con la firma del Trattato di Versailles.

Il Trattato di Versailles

A seguito della Conferenza di pace di Parigi del 1919, il Trattato di Versailles firmato il 28 giugno 1919 pose ufficialmente fine alla guerra. Tra i suoi 440 articoli, il trattato richiedeva alla Germania di accettare la responsabilità della guerra e di pagare un risarcimento danni di 132 miliardi di marchi d'oro. Il trattato includeva anche una clausola per creare la Società delle Nazioni e per stabilire degli stati cuscinetto (come ad esempio la Polonia) per arginare la potenza delle nazioni più forti. Il Senato degli Stati Uniti non ratificò mai il trattato, nonostante la campagna del Presidente Wilson in suo favore. Gli Stati Uniti negoziarono una pace separata con la Germania, che venne finalizzata nell'agosto del 1921. Il trattato fu imposto alla Germania con la minaccia dell'occupazione militare e del blocco economico. Le gravose imposizioni finanziarie imposte dagli Alleati misero in ginocchio lo Stato germanico e, mettendo a dura prova la solidità dell'economia germanica, già precedentemente vessata dalla prima guerra mondiale, costituirono i prodromi delle pesanti ripercussioni della crisi del '29 sull'economia Germanica e sulla conseguente ascesa del Partito Nazionalsocialista e delle sue rivendicazioni pangermaniste.

L'epidemia Spagnola

Un evento distinto, ma collegato, fu la grande pandemia di influenza. Un nuovo ceppo virale, che si originò negli Stati Uniti (ma è conosciuto come spagnola) venne accidentalmente portato in Europa dalle truppe americane. La malattia si diffuse rapidamente attraverso gli Stati Uniti e l'Europa, e raggiunse poi tutto il resto del Mondo. Il numero esatto di vittime è sconosciuto, ma una cifra superiore ai 20 milioni (superiore anche alle perdite belliche) non è considerata una sovrastima.

Conseguenze geopolitiche ed economiche

 

Rivoluzioni

Probabilmente il singolo evento più importante causato dalle privazioni della guerra fu la Rivoluzione Russa. Sollevazioni socialiste e comuniste si ebbero anche in molte altre nazioni europee a partire dal 1917, soprattutto in Germania e Ungheria.

Come risultato della volontà da parte bolscevica di non cedere territorio, le forze tedesche e austriache sconfissero le armate russe, e il nuovo governo comunista firmò il Trattato di Brest-Litovsk nel marzo 1918. Nel trattato, la Russia rinunciava a tutte le pretese su Finlandia, Lettonia, Lituania, Polonia (in particolare, sull'ex Regno del Congresso del 1815, controllato dai Russi) e Ucraina, e venne lasciato a Germania e impero austro-ungarico di "determinare il futuro stato di questi territori in accordo con la loro popolazione". Più tardi il governo di Lenin rinunciò anche al trattato di partizione della Polonia, rendendo possibile a quest'ultima di rivendicare i confini del 1772.

 Situazione in Italia 

La guerra costò molto all'Italia: l'ingente spesa sostenuta dallo Stato per finanziare la guerra formò un debito saldato solo alla fine degli anni settanta. L'acquisizione del Trentino-Alto Adige, di Trieste, dell'Istria, ma non della Dalmazia, territori complessivamente solo per i tre quarti etnicamente italiani (a maggioranza non italiana stando al censimento austriaco del 1910-1911, a maggioranza italiana secondo quello italiano del 1921), fu pagata a caro prezzo. La profonda delusione per il mancato rispetto del Patto di Londra e la profonda crisi economica e politica che si sviluppò nel dopoguerra, infatti, portarono alle gravi tensioni sociali che sfoceranno prima nel biennio rosso e poi nel Fascismo.

Francia 

Per la Francia, la fine della guerra sembrò segnare idealmente la fine dello strapotere prussiano nell'area, che durava da quando prussiani e britannici sconfissero Napoleone Bonaparte nel 1814, e soprattutto dopo la sconfitta francese del 1870 nella Guerra Franco-Prussiana.

Il comandante supremo delle forze alleate, il maresciallo di campo Ferdinand Foch, aveva richiesto, per la futura protezione della Francia, che il fiume Reno dovesse fare da confine tra Francia e Germania. Basandosi sulla storia, era convinto che la Germania sarebbe di nuovo diventata una minaccia, e sapendo che i termini del Trattato di Versailles l'avevano lasciata sostanzialmente intatta, osservò con grande preveggenza che «Questa non è pace. È un armistizio di vent'anni».

Estremamente importante nella guerra fu la partecipazione di truppe coloniali francesi, provenienti dall'Indocina, dal Nord Africa e Madagascar, senza le quali la Francia sarebbe potuta cadere. Alcuni di questi soldati, tornati alle loro case, vistisi trattati ancora come cittadini di seconda classe, andarono ad ingrossare le file dei gruppi pro-indipendentisti.

Germania

Quasi il 15% del territorio e delle acque dell'Impero tedesco, venne ceduto su insistenza alleata a diverse nazioni per lo più senza interpellarne le popolazioni (in antitesi con i principi dei quattordici punti di Wilson). La parte più consistente venne ceduta alla Polonia, che rivendicò molte aree che ne avevano fatto parte prima della partizione del 1772-1795. Alcuni di questi territori costituirono quello che viene a volte definito il "Corridoio Polacco", a causa della sua posizione tra la Prussia Orientale ed il resto della Germania, il che ne faceva la via d'accesso polacca al mare anche attraverso il porto di Danzica, che aveva ottenuto lo statuto di città libera. Il Regno Unito (con i suoi Dominions) e la Francia occuparono la quasi totalità delle ex-colonie tedesche e ottomane come "mandati della Lega delle Nazioni". Il Giappone occupò lo scalo tedesco di Tsingtao che nel 1922 fu però recuperato dalla Cina.

Nonostante le umiliazioni della pace, la Germania onorò con spirito revanscista i suoi eroi di guerra e commemorò le sue vittorie, soprattutto con la costruzione nel 1927 di un enorme monumento a Tannenberg per la vittoria contro i russi. I nazionalisti tedeschi ben presto elaborarono delle teorie su come le trame interne avessero impedito la vittoria tedesca nella Grande Guerra, la nota idea della "pugnalata alle spalle". Molti tedeschi finirono col credere che avrebbero potuto vincere se non fosse stato per il tradimento della classe politica.

Nonostante fossero stati a favore del pagamento delle riparazioni di guerra da parte della Germania, gli USA finirono con il prestarle aiuti economici per la ricostruzione economica. Tali fondi vennero in realtà utilizzati per pagare le riparazioni. Le riparazioni (saldate in parte con beni e materie prime) causarono una recessione economica di vaste proporzioni non solo in Germania, ma anche in altri mercati legati economicamente a quello tedesco e che conobbero una consistente flessione in termini sia quantitativi che di prezzi.

È bene ricordare come questo Diktat, imposto dalle potenze vincitrici, oltre a essere oltremisura gravoso per l'economia tedesca, fu talmente umiliante da alimentare quel sentimento nazionale di rivincita e riscossa che il nazismo sfruttò per salire al potere. L'irresponsabilità in questo senso dei governi vincitori (soprattutto quello francese: la sconfitta del 1870 contro i Prussiani pesava ancora) fu molto grave. Bisogna d'altro canto tener conto che questa politica da parte dei governi dell'Intesa (in particolare di quelli europei) doveva dare soddisfazione alle popolazioni dei propri Paesi, stremate da cinque anni di guerra e di martellante propaganda e assetate più di vendetta che di giustizia.

 

Impero austro-ungarico

L'impero austro-ungarico cessò di esistere. Essendo un organismo plurinazionale, basava la propria forza (o debolezza) su una forma di fedeltà dinastica di stampo quasi medievale, inconciliabile con le spinte nazionali dei popoli che ne avevano fatto parte fino al 1918.  Dal suo smembramento nacquero nuovi Stati, come quello d'Austria (una repubblica che disconosceva la continuità con l'impero) e di Ungheria (che si diede ben presto un governo ultraconservatore guidato dall'ammiraglio Horthy, ufficialmente reggente in nome di un re che non venne mai scelto). Boemia, Moravia e Slovacchia formarono la Cecoslovacchia. La Galizia venne trasferita alla Polonia e l'attuale Trentino-Alto Adige, con Trieste e la Venezia Giulia, all'Italia. Bosnia e Erzegovina, Croazia, Slovenia, e Vojvodina vennero unite a Serbia e Montenegro per formare il Regno di Serbi Croati e Sloveni, in seguito Regno di Jugoslavia. La Transilvania divenne parte della Romania. Questi cambiamenti vennero riconosciuti come già avvenuti e in parte causati dal Trattato di Versailles.

A causa della distribuzione della popolazione e parzialmente per gli interessi delle grandi potenze, i nuovi confini non sempre seguirono una divisione etnica (come avrebbe previsto il "principio di autodeterminazione dei popoli", uno dei 14 punti di Wilson). Semplicemente era impossibile stabilire un'esatta linea di demarcazione tra popolazioni che erano vissute a contatto per secoli e perciò molti dei nuovi stati dell'Europa orientale ex-asburgica avevano delle minoranze etniche al loro interno. Centinaia di migliaia di tedeschi continuarono a vivere nelle nuove nazioni (come nella regione dei Sudeti in Cecoslovacchia o nell'Alsazia assorbita nuovamente nello Stato francese). Un quarto dell'etnia ungherese si trovò a vivere fuori dall'Ungheria. Un'altra inosservanza di questo principio furono le annessioni al Regno d'Italia dell'attuale Alto Adige/Südtirol e di parte della Carniola abitata da Sloveni. Tali annessioni rispondevano a criteri, importanti per l'epoca, di natura geografica o strategica, anche se vennero viste da taluni come una forma di risarcimento nei confronti del giovane Stato italiano.

Gran Bretagna e Impero britannico 

Per quanto riguarda la Gran Bretagna, il finanziamento della guerra ebbe un enorme costo economico. Da principale investitore oltremare, si trovò ad essere uno dei principali debitori, con il pagamento degli interessi che formava circa il 40% di tutte le spese statali. L'inflazione raddoppiò tra il 1914 ed il 1920, mentre il valore della sterlina inglese crollò. Le riparazioni di guerra, in forma di carbone tedesco, danneggiarono la produzione locale di minerale, e la situazione peggiorò ulteriormente con lo sciopero generale del 1926.

Cambiamenti di minor rilievo si produssero fra gli Stati membri del Commonwealth. Battaglie come quelle di Gallipoli per Australia e Nuova Zelanda, e del crinale di Vimy per il Canada, stimolarono la coscienza e l'orgoglio nazionali determinando, a partire dagli anni venti del Novecento, una maggiore insofferenza nei confronti della dominazione britannica e nell'umiliante subordinazione al Regno Unito.

Impero ottomano 

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Spartizione dell'Impero ottomano.

Alla fine della guerra l'Impero ottomano, come quello austro-ungarico, cessò di esistere e il proprio territorio venne in massima parte suddiviso tra le potenze vittoriose.

Francia e Regno Unito si presero gran parte del Medio Oriente, e ai britannici venne dato il Mandato di Palestina sotto l'egida della Lega delle Nazioni.

La Grecia ottenne parte dell'Anatolia, ma qualche anno più tardi la reazione turca riuscì ad espellere i Greci dal paese. Lo stato indipendente di Armenia, creato nella Turchia orientale, venne invaso dall'Armata Rossa nel 1920 ed annesso all'Unione Sovietica.

Venne creata anche un'area autonoma curda, ma i tentativi di ottenere l'indipendenza negli anni venti venne frustrata dai Turchi nell'indifferenza di tutto l'Occidente.

Russia

Durante la Rivoluzione polacca-ungarica, e le guerre civili, molte nazioni russe si guadagnarono un'indipendenza temporanea o duratura. Tra queste troviamo Finlandia, Lituania, Lettonia, ed Estonia.

La prima si salvò dall'invasione sovietica, mentre le altre furono invase dall'URSS nel 1940.

Proclamato da tedeschi e austriaci sull'area del Regno del Congresso nel 1916, il Regno di Polonia venne rimpiazzato dalla Seconda Repubblica Polacca nel 1918. Sotto la dinamica guida del temporaneo capo di Stato Jozef Pilsudski, si riunì alle ex-province polacche di Austria e Prussia. Pilsudski voleva anche aiutare Bielorussia ed Ucraina a diventare nazioni indipendenti, ma il suo piano fallì e queste divennero due distinte Repubbliche Sovietiche.

La Romania, inizialmente formata dall'unione di Valacchia e Moldavia recuperò la parte orientale della Moldavia dalla Russia.

Gli stati di Armenia, Georgia e Azerbaijan vennero creati nella regione del Caucaso. Nel 1922 tutte queste nazioni vennero invase e dichiarate Repubbliche Sovietiche. Eventi simili si verificarono in Asia centrale.

Stati Uniti

Gli Stati Uniti furono i veri vincitori della guerra: il numero delle vittime fu decisamente esiguo rispetto a quelli delle altre potenze dell'Intesa (ancor più se calcolati in ragione della popolazione), e il ruolo decisivo giocato dagli americani, specie in campo economico-finanziario, fu comunque fondamentale per l'esito della guerra favorevole a queste ultime. Ciò portò a una sorta di "dipendenza" economica nei confronti degli Stati Uniti da parte di un'Europa allo sfascio, che, nel rivendicare porzioni di territorio, aveva dato via a una guerra di proporzioni devastanti, che la aveva portata a perdere un'intera generazione di uomini e il predominio mondiale di cui godeva da secoli.

Gli ideali promessi dal Presidente Woodrow Wilson non vennero raggiunti appieno, in generale si tentò di realizzare il principio dell'autodeterminazione dei popoli, ma non sempre fu possibile; inoltre nei confronti delle potenze vincitrici questo principio fu più flessibile. Il popolo americano scelse l'isolazionismo, uscendo dalla Società delle Nazioni. Godette per diversi anni di una prosperità relativa, fino al crollo della borsa del 1929.

Economia mondiale

Le pressioni sull'economia mondiale causate dalle riparazioni tedesche, la presenza in Occidente di un apparato produttivo sviluppatosi in funzione della guerra e in attesa di riconversione e, non ultime, alcune nefaste e incontrollabili tendenze speculative prodotte dal capitalismo americano, furono le cause principali della Grande depressione del 1929.

Trauma sociale 

Le esperienze della guerra portarono a una sorta di trauma collettivo in tutte le nazioni partecipanti. L'ottimismo del 1900 svanì quasi completamente e gli ex-combattenti iniziarono a esser conosciuti come la Generazione Perduta poiché non si ripresero mai completamente da quell'esperienza. Il fenomeno fu particolarmente acuto in Francia, dove un largo numero di giovani erano stati uccisi o feriti durante il conflitto. Negli anni seguenti molte nazioni (fra cui anche l'Italia) vollero celebrare il proprio dolore per i tanti propri figli persi e migliaia di memoriali vennero eretti in molti centri grandi e piccoli d'Europa.

Resti delle munizioni

Lungo le aree dove erano situate le trincee e le linee di combattimento, come nella regione della Champagne, o nell'Italia nord-orientale erano rimasti un gran numero di proiettili inesplosi (e altre munizioni) che hanno continuato a costituire un pericolo e a provocare ferite e occasionali uccisioni fino al XXI secolo. Alcuni esemplari vengono rinvenuti ancora oggi, ad esempio dagli agricoltori che arano i loro campi. Talune munizioni contengono inoltre composti chimici tossici come l'iprite. La ripulitura dei principali campi di battaglia è un compito che non può considerarsi ancora concluso. Squadre apposite rimuovono, disinnescano o distruggono centinaia di tonnellate di munizioni ogni anno in Belgio e in Francia.
Il graduale scioglimento dei ghiacciai sull'arco alpino orientale, teatro degli scontri italoaustriaci, sta riportando alla luce altrettanto munizionamento inesploso. La pericolosità di tale fenomeno è accentuata dal fatto che oggi queste zone sono meta di notevoli flussi turistici, con il rischio di possibili ferimenti, anche mortali.

Ergo, la prima guerra mondiale è stata un'inutile carneficina, milioni di morti, soprattutto considerando la scarsa densità della popolazione di allora in rapporto ad oggi, e dove il nostro esercito ha patito enormemente per la disumana gestione degli ufficiali (Cadorna e i suoi sottoposti, tipo l'infame generale Capello, re della decimazione) , e che si è giovata di una vittoria di Pirro... persino i turchi hanno avuto più vantaggi di noi.... ONORE a tutte le vittime di questa follia.... quanta giovinezza sacrificata per la conquista di poche pietre senza nessun valore, e chi si è salvato è stato poi padre di altri giovani mandati al secondo, inevitabile massacro.... 

 

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De: primaveraestate Enviado: 04/11/2011 13:35
Fin da bambina ho vissuto con commozione questa giornata che mio nonno e mio papà (medaglia di bronzo al valor militare) hanno sempre rispettato, ed ora con la mia scelta mi sembra di onorare la loro memoria

Respuesta  Mensaje 8 de 9 en el tema 
De: lore luc Enviado: 04/11/2011 14:42
gestire la pace è sempre stato più difficile che vincere la guerra

Respuesta  Mensaje 9 de 9 en el tema 
De: haiku04 Enviado: 04/11/2011 23:42
Mio nonno ha combattuto sull'altipiano di Asiago, ferito seriamente (suo fratello e il marito di sua sorella morti nella disfatta di Caporetto). Mio padre ferito anch'esso e poi prigioniero degli inglesi nell'Africa orientale: entrambi decorati. Non per questo porto rispetto alle guerre, ma solo ai combattenti!
Certo che gestire la pace è difficile, e consapevoli di questo si potrebbero evitare le guerre: la seconda no a causa della prevaricazione nazista, ma la prima è stata assolutamente inutile ("la questione d'Oriente" si poteva risolvere in altro modo), e inoltre è figlia della prima.  Non bisognerebbe MAI dimenticare l'orrore che le guerre generano!


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