Proposta shock: se il voto dei giovani contasse più degli anziani?
15/11/2011
Dare ai genitori e ai giovani under 30 un voto rafforzato. E magari estendere il diritto al voto ai ragazzi con meno di 18 anni. Un'idea rivoluzionaria? Una provocazione? Niente di tutto questo: si chiama "Demeny voting", ed è una teoria demografica comprovata.
è tempo di sacrifici. La situazione economica internazionale ci costringe a pensare al nostro futuro, ma soprattutto a quello dei più giovani, nostri figli o nipoti. Saranno loro, infatti, a pagare in prima persona le conseguenze di qualunque decisione sul debito, sulle pensioni, sulle tasse e sui sistemi di welfare. Oggi, in Italia, i votanti sopra l’età media della pensione di anzianità (over 58) sono la maggioranza: tra quattro decenni gli ultrasessantenni in Italia saranno 9,5 milioni in più, e gli "under60" sei milioni in meno.
L'indignazione dei giovani, che stanno pagando e continueranno a pagare gli effetti della crisi, ha riempito le piazze di tutto il mondo con manifestazioni e cori di protesta. Quindi perché non dare al loro voto un valor maggiore, in termini numerici? I genitori potrebbero avere un voto, o qualche decimale di voto, in più per ciascuno dei loro figli; i ragazzi potrebbero cominciare a votare a 16 anni; e tutti gli under 30 potrebbero beneficiare di un voto più "pesante". La scheda nell'urna di un sessantenne conta uno? Allora permettiamo che quella di un ventenne conti magari 1,2, e di un trentenne almeno 1,1.
La proposta, come detto, non è poi così innovativa: nell’aprile 2004, la Germania ne ha discusso in parlamento: la mozione è stata respinta ma dal 2008 è tornata nel dibattito. Anche il Paese più "vecchio" del mondo, il Giappone, ne discute seriamente da tempo. Perché non discuterne anche in Italia?