Contadini in città
E' il giorno del Ringraziamento
Questa mattina si celebra l'inizio del riposo invernale. La festa, organizzata dalla Coldiretti, quest'anno torna in città
Per la prima volta con i trattori
davanti al Duomo
elisabetta graziani
torino
Sarà il «tempo della terra», quello scandito dai santi e dalle stagioni, a prendere il sopravvento questa mattina nel piazzale del Duomo. C’era una volta, e c’è ancora, nella Torino post industriale un cuore agricolo, fatto di allevatori e contadini. A un soffio da san Martino, per un giorno soltanto, le regole s’invertono e quel passato torna presente: una fila di trattori raggiungerà alle 10,30 piazza San Giovanni. è la festa del Ringraziamento, tradizione antica per la fine dell’anno agrario e l’inizio del riposo invernale. Da sessant’anni in Italia la stessa cerimonia ricorre ogni seconda domenica di novembre, quella più vicina al giorno 11 quando «si faceva san Martino» e, lasciati gli alpeggi, si scendeva nelle cascine in pianura «a mangè il fen» per l’inverno.
Il ritorno
Quest’anno a Torino, per la prima volta dopo tempi immemorabili, la festa provinciale organizzata dalla Coldiretti torna in città. Una volta erano gli animali, buoi e muli, a entrare nel tempio di Dio, oggi sono le macchine a fermarsi sulla soglia. In mezzo, 1500 anni e 12 gradini, quelli costruiti con il Duomo nel XV secolo per mettere la parola fine all’usanza contadina di far benedire le bestie all’interno della precedente basilica.
I «sopravvissuti»
Cinque le aziende agricole ancora attive nel tessuto urbano e circa 18 mila gli iscritti alla Coldiretti in provincia, centosettanta le sezioni. Borgata Parella, Vallette, Falchera, Campo volo, e Pozzo Strada, sono i lembi di città dove sorgono gli ultimi presidi della campagna. Qui le cascine torinesi spuntano come funghi vicino ai palazzi e ciascuna conserva sua una peculiarità. I fiori da Vilma Stella, in via dei Ciclamini, ex strada delle Vallette. La carne da Gino Frus, l’unico a produrla in città e a rivenderla in montagna. Il bovino di razza piemontese da Paolo Lana, in zona Falchera. La cascina didattica da Lucia Dentis, vicino a corso Marche, e l’inimitabile porchetta di Nando e Angelo Dentis in via Villa Giusti. Anche se molto è cambiato rispetto alla vita dei genitori, oggi i pochi eredi del mondo contadino torinese continuano una vita parallela a quella della città. «L’annata agraria va da san Valentino a metà febbraio fino a san Martino verso metà novembre, poi inizia la pausa invernale - spiega Vilma Stella -. Quando tutti lavorano, noi andiamo in ferie. Anche se è una vacanza per finta: si approfitta del riposo dai campi per fare la manutenzione dei macchinari».
La ricorrenza
Feste come quella di questa domenica scandiscono l’anno e servono per ringraziare sia per i frutti raccolti sia dei pericoli scampati. «Speri che non ci sia troppa pioggia, ma neanche troppo sole. Che la grandine non rovini il raccolto e che il gelo non bruci i germogli. La terra ha tante regole che la città non conosce - dice Paolo Lana, presidente della sezione cittadina della Coldiretti -. è una vita dura. Non è un caso se negli ultimi dieci anni sono spariti dal tessuto urbano quasi tutti gli agricoltori». Un velo di malinconia per una Torino che va scomparendo. Nella mente risuonano i versi della «preghiera del campagnin» che don Beppe Cocchi, lo storico sacerdote contadino, leggerà oggi in Duomo, come da tradizione, alla fine della festa del Ringraziamento: «Quando sono stanchi i miei occhi e il cielo di velluto si riempie di stelle, sento il tuo respiro, Nosgnor-paisan, e ti chiamo. Non lasciarmi solo».