cronaca
01/12/2011 - il caso
In 13 anni 100 detenuti
laureati in carcere
Celle aperte di giorno e libero accesso ai locali dedicati allo studio per chi sceglie di dare almeno quattro esami all'anno
Alle Vallette quest'anno 8
matricole su 28 domande
presentate
torino
L'alternativa, in sintesi, è questa: fissare per tutto il giorno il soffitto della cella e lo schermo lampeggiante della televisione o frequentare l'Università in carcere, buttandosi a capofitto sui libri, con il progetto di tornare in libertà con un titolo di studio qualificato? Dal 1998, cento detenuti della Casa circondariale Lorusso e Cutugno di Torino non hanno avuto dubbi: meglio le lezioni del Polo universitario aperto all'interno del penitenziario con il contributo della Compagnia di San Paolo.
Un'iniziativa pionieristica in Italia e all'estero che ieri, con l'inaugurazione dell'Anno accademico 2011-2012 alla presenza del rettore dell'Università, Ezio Pelizzetti, e del Procuratore generale Gian Carlo Caselli, è arrivata al suo tredicesimo anno di vita. Quest'anno sono 8 (su 28 domande) le matricole delle due facoltà attivate, Giurisprudenza e Scienze Politiche; detenuti che vengono anche da fuori regione, perché la domanda di ammissione ai corsi può essere inoltrata da tutta Italia. Altri 19 hanno superato il primo anno, 4 di loro si laureeranno entro la metà del 2012. Per tutti condizioni di detenzione meno restrittive degli altri detenuti: celle aperte di giorno e libero accesso ai locali dedicati allo studio.
Unico vincolo: sostenere almeno quattro esami all'anno. «Il tempo della detenzione deve essere utile sia al carcerato, sia alla società - dice il direttore delle Vallette, Pietro Buffa -. L'offerta universitaria aiuta i detenuti a crescere e li prepara al reinserimento una volta terminata la pena». Soprattutto quando non si parla di tempi brevi, dal momento che gli studenti hanno tutti condanne per reati gravi. Emilio, 26 anni, è l'ultimo laureato: 110 e lode in scienze politiche, laurea triennale. Ha deciso di continuare con quella specialistica: «Tra poco dovrei iniziare la semilibertà - spiega -, quindi spero di finire gli studi fuori, discutendo la tesi con gli altri studenti dell'Ateneo». Marino, invece, il titolo ci tiene a prenderlo dove ha studiato e dovrà sbrigarsi, perché tra un anno sarà fuori. Lo spiega con una metafora: «In carcere, con i miei compagni di studio ho attraversato il deserto, l'Università è stata la mia oasi».
Marowane, 30 anni, da 8 in Italia, ha chiesto il trasferimento dal carcere di Alessandria per giocare nella squadra di rugby delle Vallette: «Appena ho saputo dei corsi ho fatto domanda d'iscrizione e mi hanno preso: tra qualche mese sosterrò il mio primo esame». In parallelo alle storie dei detenuti, corrono quelle dei docenti e degli enti sostenitori dell'iniziativa: «Sessanta professori che a titolo gratuito organizzano le attività didattiche - dice Maria Teresa Pichetto, ordinario di Storia del pensiero politico, una delle fondatrici del Polo -. E poi Università e Compagnia di San Paolo che provvedono al materiale didattico e al pagamento delle tasse universitarie».