Le filastrocche,
spesso, ci appaiono come un accostamento disordinato di parole, frutto,
talvolta, più della casualità fonetica che di un intrinseco significato.
Ciò
nonostante, esercitano un particolare fascino e il mio ricordo
personale, legato all’infanzia, le voleva utilizzate sia come
accompagnamento ritmico di un divertimento che come gioco di abilità.
La filastrocca “più difficile” da ripetere era
Tulì, tulì, tulì.
Era molto lunga e conteneva dei vocaboli caduti in disuso. Con i
compagni di gioco la declamavamo a turno, e vinceva chi riusciva a dirla
tutta d’un fiato. Nel caso di parità era favorito chi riusciva a
ripeterla più velocemente. Ogni volta che, per un qualsiasi motivo, ci
s’interrompeva, bisognava ricominciare daccapo.
Tale filastrocca, con
lievi modifiche, sia nel testo che nel titolo, è presente in tutta la
Sicilia. Giusto per fare alcuni esempi: a Sciara è intitolata
A talì, talì, a Cerda
Tirenanna, e si usa cantarla così come ad Alia; a Lercara Friddi
Tarì, tarì, tarì e via di seguito.
Anche
nella raccolta di Canti Popolari Siciliani di Giuseppe Pitrè se ne
possono leggere due versioni, una proveniente da Prizzi e intitolata
Turullà e turullì, e l’altra proveniente da Palermo e intitolata
Olì olì olì! Tulì tulì tulì
Tulì tulì tulì
setti fimmini p’un tarì
Un tarì è troppu pocu
setti fimmini p’un vraccocu
U vraccocu è troppu duci
setti fimmini pi ‘na nuci
A nuci è troppu dura
setti fimmini pi ‘na mula
A mula jetta cauci
setti fimmini pi ‘na fauci. A fauci havi lu pizzu
setti fimmini p’un marvizzu
U marvizzu havi l’ali
setti fimmini p’un canali
U canali jetta l’acqua
setti fimmini pi ‘na vacca
A vacca havi li corna
setti fimmini pi ‘na donna
La donna voli cacari
supra li spaddi di mastru Natali
Mastru Natali c’u spitu ‘n coddu
passa lu ciumi e si stocca lu coddu.
Tulì tulì tulìTulì
tulì tulì / sette femmine per una moneta / una moneta è troppo poco /
sette femmine per un’albicocca / L’albicocca è troppo dolce / sette
femmine per una noce / La noce è troppo dura / sette femmine per una
mula / La mula dà calci / sette femmine per una falce / La falce ha la
punta / sette femmine per un tordo / Il tordo ha le ali/sette femmine
per una grondaia / La grondaia porta acqua / sette femmine per una vacca
/ La vacca ha le corna / sette femmine per una donna / La donna vuole
salire / sulle spalle di mastro Natale / Mastro Natale ha lo spiedo al
collo / passa il fiume e si rompe il collo
Mi ricordo di una filastrocca che invitava al silenzio, promettendo sensazioni molto sgradevoli per chi lo avesse infranto:
Sutta u lettu d’a za Cicca
Sutta u lettu d’a za Cicca
c’è ‘na jatta sicca sicca
cu’ parra prima s’a va licca.
Sugnu figghia di spizzicali
pozzu arridiri e pozzu parrai.
Sotto il letto di zia CiccaSotto il letto di zia Cicca / c’è una gatta magra magra / chi per primo parlerà / la gatta leccherà
Ci si poteva salvare dalla “predizione” rispondendo prontamente:
sono figlia di farmacista / posso ridere e posso parlare.
Particolare fascino hanno le filastrocche cantate.
Esse
hanno, di solito, un unico disegno melodico composto da quattro battute
musicali per verso, che si adegua al testo poetico, a prescindere dalla
sillabazione dello stesso. Tra le più popolari vi era Oggi è duminica,
che si declamava mentre si girava in cerchio, proprio come si faceva con
il ben noto “Giro, giro tondo” italiano.
Oggi è duminica
Oggi è duminica
tagghiamu a testa a Minica
Minica nun c’è
tagghiamu a testa ô re
U re è malatu
tagghiamu a testa ô surdatu
U surdatu è a la guerra / e sbattemu u culu ‘n terra.
Oggi è domenicaOggi
è domenica / tagliamo la testa a Domenica / Domenica non c’è / tagliamo
la testa al re / Il re è malato / tagliamo la testa al soldato / Il
soldato è alla guerra / e cadiamo con il sedere per terra.
Tale filastrocca è comune anche ai nostri giorni. A Vicari ho sentito dei bambini aggiungere i seguenti versi:
“Nterra c’è un chiuviddu / e ni puncemu lu culiddu” (a terra c’è un chiodino / e ci pungiamo il culetto”.
Vi era un’altra filastrocca che riscuoteva grande successo tra i fanciulli:
Rosa pitosa.
In essa i riferimenti sessuali erano più che un semplice riferimento,
ed erano anche il motivo per cui i ragazzi di solito stavamo attenti a
non cantarla davanti ai “grandi” che, se li avessero uditi, li avrebbero
redarguiti.
Rosa pitosa
Rosa pitosa fimmina di casa
veni to maritu ti pizzica e ti vasa
ti jetta ‘n capu u lettu
e ti sona u friscalettu
ti jetta ‘n capu a cascia / e ti sona la grancascia.
Rosa pitosaRosa
pitosa femmina di casa / viene tuo marito e ti pizzica e ti bacia / ti
butta sul letto / e ti suona il fischietto / ti butta sulla cassa / e ti
suona la grancassa
A Lercara Friddi si aggiungono altre due versi:
“Ti vasa lu viddicu / e ti spunta un pedi di ficu” (Ti bacia l’ombellico e ti spunta un albero di fichi).
Le filastrocche si possono ascoltare cliccando quì!