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De: lore luc (Mensaje original) |
Enviado: 28/05/2012 03:35 |
Com’è difficile imparare a dire "scusa"
Giacomo Poretti
Il prototipo degli uomini normali continua a essere Fonzie,
il personaggio di Happy Days
GIACOMO PORETTI
Per un essere umano ammettere i propri torti ed
errori è impresa quasi proibitiva. In confronto, cercare di far
appiccare il fuoco alla carbonella del barbecue senza usare il napalm,
vincere al Superenalotto e attraversare via Montenapoleone senza
comprare un maglione di cachemire sono assolutamente delle bazzecole.
Ammettere di aver sbagliato è una delle prove più difficili che la vita
ci sottopone. Confessiamolo, quanto deve essere umiliante per un
calciatore sbagliare il rigore decisivo che potrebbe far vincere la
Champions League alla sua squadra, oppure per un tennista fallire lo
smash decisivo che gli consegnerebbe il Torneo di Wimbledon, o per un
meccanico di Formula Uno al pit stop decisivo montare una ruota di
bicicletta al posto dello pneumatico. O ancora: quanto sarebbe difficile
per un super manager ammettere di aver sbagliato quando incitava i
dipendenti a reagire e trovare la forza, quella stessa forza che permise
a Napoleone di vincere a Waterloo? Che tormento interiore avrà provato
quel politico che non sapeva dire chi gli aveva regalato una casa?
Oppure, senza andare molto lontano: quanto ci si sente inadeguati e a
disagio quando dimentichiamo il compleanno di nostra moglie o il nostro
anniversario? La tentazione sarebbe di dare la colpa al Governo Monti
che ha cambiato il calendario con un decreto o sostenere che nell’anno
bisestile non si festeggia il genetliaco. La Storia è piena di grandi
uomini e donne che si sono assunti la responsabilità dei loro errori e
se la sono cavata con una sola semplicissima parola: «Scusate». Il
prototipo invece degli uomini normali è stato e continua ad essere
Fonzie, il coprotagonista dell’indimenticabile serie televisiva «Happy
Days», il quale non riusciva a pronunciare al parola «Scusa» e «Ho
sbagliato», e quando ci provava si contorceva in uno spasmo corporeo che
lo avrebbe fatto morire.
Mia nonna quando faceva il risotto alla
domenica e gli veniva scotto, diceva che il metano moderno alzava la
temperatura in maniera esagerata; mio nonno invece quando a briscola
calava un carico anziché un liscio, dava la colpa al compagno che aveva
fatto il segno sbagliato (e mia nonna malignamente sosteneva che era
perché aveva bevuto troppo). Mio zio Luigi quando piantava un chiodo nel
muro per appendere il calendario di Frate Indovino e faceva crollare
mezza parete della cucina diceva che oramai i muri li fanno con la carta
da giornale. Un mio cugino, che tutti in famiglia sapevamo della sua
avversione per i libri di testo e gli studi, sosteneva di non essere
andato a scuola perché il Provveditorato agli studi vietava ai nati nel
1954 l’iscrizione scolastica; quando gli ricordavamo che lui era nato
nel 1958, lui diceva che quelli di quel Provveditorato erano
particolarmente stronzi. Io stesso quando tornavo a casa con un 4 in
Storia mi giustificavo dicendo che il professore ce l’aveva con me. Mia
madre mi chiedeva su cosa ero stato interrogato, e io dicevo: - Mi ha
chiesto chi ha vinto la battaglia di Waterloo... - E tu cosa hai
risposto? - Gli inglesi, mamma. - E lui? - Mi ha detto: somaro, ha vinto
Napoleone. E poi ha aggiunto: Poretti, se non studi ti faccio perdere
l’anno. - Io gli ho detto: Professore, ma lei è fuori... A quel punto
mio padre mi mollava un ceffone, perché una volta i professori avevano
sempre ragione, anche il mio di Storia, che poi era il papà di quel
manager che ha fatto carriera nella telefonia. All’oratorio invece c’era
un tipo che quando si giocava a rigori e io segnavo diceva che non
valeva tirare di destro; allora tiravo di sinistro e segnavo e lui
diceva che non era valido fare tre passi di rincorsa; tiravo da fermo e
segnavo lui diceva che l’avevo ingannato con l’occhio; allora andavo a
giocare con un altro bambino e lui mi diceva che non valeva giocare con i
bambini più alti di me, io gli spiegavo che se fosse stato così sarei
stato chiuso in casa da solo per tutta la vita, lui replicava che se
avevo un complesso di inferiorità dovevo andare dallo psicologo; a quel
punto lo mandavo a quel paese con un bel vaffa e lui sosteneva che non
era opportuno dire parolacce, allora io proponevo di fare la pace a
patto che lui convalidasse il mio primo rigore, lui immancabilmente: «Io
e te non abbiamo mai giocato a rigori». Poi lui tornava a casa e la
mamma gli chiedeva: «Com’è andata oggi, hai perso?». E lui rispondeva:
«Non è che ho perso, non ho vinto». Capita a tutti di far fatica a
chiedere scusa, anche a governi o istituzioni che magari dopo secoli
trovano la forza e il coraggio di avviare un processo di riparazione con
chi ha subito un torto per colpa loro. Imparare a chiedere scusa è uno
degli esercizi fondamentali che mi aveva suggerito padre Bruno, quello
che sosteneva che di ogni essere umano bisogna farne un’anima. Quando
sono confuso lo sogno, padre Bruno.
L’altra notte mi è riapparso
vestito da Mago Merlino e da un librone scolpito nella pietra mi leggeva
come se fosse una fiaba le cose che fedelmente vi riporto: «Primo,
imparare a chiedere scusa; secondo, ricordarsi di dire tutti i giorni
alla propria moglie o compagna che la si ama; terzo, ascoltare gli altri
e considerare che potrebbero farci cambiare idea; quarto, trovare il
tempo per leggere un libro al mese (non vale sull’iPad); quinto, bere
almeno una bottiglia di Bonarda alla settimana (se freddo, si abbina
bene anche con un fritto di acciughe); sesto, ringraziare prima di
addormentarsi; settimo, in aprile non ti scoprire; ottavo, studiare la
storia dei personaggi a cui sono dedicate le quattro vie che confinano
con la nostra casa; nono, piantare con il vostro bambino una piantina di
insalata sul balcone o sul davanzale (e ricordarsi di innaffiarla);
decimo, ricordarsi che a Waterloo Napoleone non ha vinto. Mi ha
svegliato mia moglie perché dice che russavo troppo forte, io le ho
detto che non era possibile e che si sarà confuso con l’allarme di
un’auto.
A
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Sicuramente l'umiltà è una dote che molti non hanno... eppure càpita a tutti di commettere errori madornali...
in fondo siamo esseri umani e quindi sottoposti a sbagliare..
(e pure spesso aggiungerei... ) |
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Ho chiesto e chiedo molte volte scusa se mi accorgo di avere sbagliato. Non mi sembra di essere umile per questo, mi sembra di essere giusta. |
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De: haiku04 |
Enviado: 28/05/2012 13:49 |
Una delle cose che odio sono le persone che vogliono sempre aver ragione anche di fronte all'evidenza. Per me accorgersi di aver sbagliato e quindi chiedere scusa è sinonimo non di umiltà ma di intelligenza! (ma lo sappiamo che è un mondo pieno di cretini) |
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E' difficilissimo ammettere d'aver commesso un errore,ed é un segno di grande forza.Per questo la fragile umanità che segue sempre la piccola convenienza é incapace di farlo. |
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