(di Daniele Ciacci su Tempi del 06-09-2012) «La vicenda di Eluana resta sullo sfondo. Marco Bellocchio non entra nei particolari e ciò sembra lo preservi da qualunque possibile critica di faziosità. Ma non è così». A tempi.it, Lucia Bellaspiga, giornalista di Avvenire e autrice del libro Eluana. I fatti, racconta di Bella addormentata, l’ultima fatica di Bellocchio presentata ieri al Festival del Cinema di Venezia: «Ci sono riferimenti concretissimi, in stile docu-fiction, con spezzoni dei telegiornali dell’epoca, accanto a riferimenti velati ma molto suggestivi, che inducono il pubblico a pensare che Eluana fosse come l’ha dipinta il regista. Ma Bellocchio mente».
Il film di Bellocchio raffigura il reale stato delle cose?
Assolutamente no. Si dà una descrizione sbagliata delle persone in stato vegetativo. Nel film, Bellocchio vorrebbe raccontare di una ragazza in quella condizione: bellissima, bionda, è Rosa, la figlia di Isabelle Huppert. Ha gli occhi sbarrati ed è attaccata alle macchine. Ma le persone in stato vegetativo non sono attaccate alle macchine. Eluana non era attaccata a nessuna macchina. Verso di lei non c’è stato alcun accanimento terapeutico. Quello che la malafede dei media vuole trasmettere, tuttavia, è l’opposto.
Cioè?
Chi ha visto Eluana, chi si è informato, sa benissimo che non era in stato terminale. Ben diversa, nel film, era la condizione della moglie del senatore. In un flashback si racconta che tal senatore, personaggio molto accattivante e ben reso dalla recitazione di Toni Servillo, ha spento la macchina che dava il respiro alla moglie, malata terminale. Eluana non era malata, sarebbe ancora qui se non l’avessero uccisa. Non serve a nulla scomodare il cardinal Martini o Giovanni Paolo II – quest’ultimo direttamente interpellato nel film, con la frase: «Lasciatemi andare alla casa del Padre», prontamente strumentalizzata –, perché il loro non è stato un “rifiuto dell’accanimento terapeutico”, quanto una presa di coscienza chiara della loro morte imminente. Entrambi sono morti di Parkinson. Eluana non aveva alcuna malattia quando è morta.
Sciogliamo qualche perplessità. Qual è la posizione della Chiesa rispetto all’accanimento terapeutico?
La Dottrina della Chiesa lo condanna tanto quanto l’eutanasia. Voler allungare a tutti i costi una vita che ha raggiunto il suo termine è una violenza pari ad uccidere. Nel 2002 Giovanni Paolo II, in una lettera ai medici, afferma che l’accanimento terapeutico non è rispettoso del malato e del suo diritto a morire naturalmente.
Nella pellicola quale concezione passa del gesto di Beppino Englaro?
Pietoso. Sembra che abbia messo fine alle sofferenze di Eluana. Peccato che Eluana non soffrisse minimamente e, ripeto, non era attaccata a nessuna macchina. In quei fatidici giorni avevo intervistato il dottor Carlo Alberto Defanti, neurologo di Eluana, favorevole all’eutanasia. Gli chiesi se Eluana soffrisse. Risposta: assolutamente no, non ha nessun tipo di patimento. Anzi, è molto sana, forte e ben curata dalle suore della Misericordia.
Quale visione dà il film delle famiglie aventi in casa un parente in stato vegetativo?
L’unico esempio che mostra è quello di Isabelle Huppert, una pazza scatenata che scorrazza per casa recitando il rosario con tre suore urlanti. Si trasmette l’equazione: vuoi tenere un figlio allo stato terminale? Sei un’egoista. Non lo fai per amore e, soprattutto, non hai risultati. Anche questa è una menzogna. Bellocchio non è mai entrato in nessuna casa dove viene accudita una persona in stato vegetativo, non ha mai visto l’amore, pacifico e doloroso, con cui i genitori curano i figli, non ha mai visto la fatica e la povertà di queste famiglie abbandonate da tutti. Se lo avesse fatto, avrebbe incontrato genitori che raccontano dei progressi dei figli. Al Besta di Milano, ad esempio, ci fu il caso di un paziente considerato da molti anni un vegetale. Eppure i familiari hanno mostrato che lui muoveva l’alluce per comunicare con loro. Tante volte nei pazienti in coma vegetativo è presente una coscienza minima. Sono presenti, lucidi, ma non riescono a muovere neanche un dito.
Insomma, Bellocchio non è stato così “neutrale” come vorrebbe farci credere…
Bellocchio non fa personaggi, fa macchiette. L’immagine che traspare, ad esempio, del mondo cattolico è falsa e raccapricciante. Ero sotto le finestre della clinica La Quiete di Udine quando Eluana è morta. Davanti alle porte c’era una folla di cattolici, per lo più della comunità di papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi. Avevano portato anche i loro figli in stato vegetativo: non per far bella mostra della loro condizione, ma per pregare senza fare alcuna sceneggiata. Figli, per inciso, molte volte adottati. Nel film di Bellocchio, questi sembrano pazzi isterici, che mostrano grottescamente i loro malati, e che urlano preghiere al vento. Fanno persino irruzione nell’ospedale.
È una caricatura del mondo cattolico.
Esatto. Nel film, una ragazza della comunità di don Benzì vede un bellissimo ragazzo, laicista, se ne innamora, molla Eluana, preghiera e compagnia e corre con lui in un hotel a far l’amore. Sposta persino il crocifisso d’oro mentre, nuda, si appresta ad “operare”. Insomma, una barzelletta. Anche i medici dovrebbero offendersi: nel film, uno è un biscazziere che scommette sulla morte di Eluana, un altro è insofferente nei confronti di una drogata che, cito, «continuerà a rompere i coglioni» se curata.