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Dall’alto della ripida collina di Harissa, prima di risalire in macchina, Abou, con un cenno, ci invita ad avvicinarci al limite del piazzale di fronte al Santuario di Notre Dame du Lebanon. Con la mano, sorridendo, ci indica laggiù in basso lo spettacolo mozzafiato della grande città che si protende verso il mare. Dice solo: «N’est-ce pas formidable?», «Non è fantastico?». Lo è. Da quassù non si vedono le piaghe lasciate dalla guerra, gli scheletri di cemento di quelli che una volta erano i grattacieli della vecchia Beirut bucati dalle cannonate, né le case basse sforacchiate da colpi di ogni tipo, quasi affogati negli edifici della nuova Beirut. Quella che vuole la pace. E che nel nome di questa, «La pace sia con voi», si prepara a ricevere oggi l’arrivo di Benedetto XVI. Per quella che il primo ministro libanese, Najib Miqati ha definito «una visita storica», con la quale il Papa «rinnova un atto di fede verso questo Paese, che è stato e resterà un punto di incontro e di interazione tra le civiltà e le culture e un modello luminoso di convivenza tra musulmani e cristiani».
In arabo e in francese, in inglese e in tedesco, «La pace sia con voi» è la frase che rimbalza sui mille striscioni con l’immagine del Papa che, con le bandiere libanesi e vaticane, fasciano letteralmente tutta la città, senza distinzione di quartieri. Drappeggiate sui muri e tese attraverso i cavalcavia, non nascondono la città ma la rivelano. E lasciano così che sia lei a raccontare della voglia di questo popolo, cristiani e musulmani assieme, di uscire dal lungo tunnel di guerra e di incertezza che ne accompagna la storia degli ultimi decenni. Che guarda preoccupata, ma non rassegnata, al dramma del suo eternamente scomodo vicino, la Siria, sempre più decisa nel non ripetere gli errori del passato recente, e a farsi baluardo ed esempio di convivenza e dialogo. Perché, come disse visitando questa terra Giovanni Paolo II, nel 1997, «il Libano è più di un Paese, è un messaggio».
Quelle piaghe ancora scoperte, invisibili da Harissa, saltano subito agli occhi percorrendo la Rue 1. La stessa, larga strada che stasera papa Ratzinger percorrerà quando salirà alla Basilica greco-melkita di St. Paul, a pochi passi dal Santuario, per firmare l’Esortazione apostolica post-sinodale. Sarà, questo, il primo momento pubblico della sua visita di tre giorni, e qui terrà il suo secondo discorso, dopo quello in risposta al saluto rivoltogli, in arabo, dal presidente della Repubblica al suo arrivo all’aeroporto di Beirut, dove il Pontefice sarà accolto anche dai presidenti del Consiglio e del Parlamento.
Domani, al mattino, Benedetto XVI si recherà in visita di cortesia al presidente della Repubblica, nel Palazzo di Baadba, dove ancora una volta vedrà anche i presidenti del Consiglio e del Parlamento. Nello stesso palazzo incontrerà quindi, a seguire, i leader delle comunità musulmane, i membri del governo e delle istituzioni, i capi religiosi e i rappresentanti del mondo della cultura. A Bkerké, sede del Patriarcato maronita, ci sarà l’attesissimo incontro con i giovani: dovrebbero essere 20mila, perché tante sono le sedie che il grande piazzale di Bkerké può accogliere, ma, a giudicare dalle prenotazioni arrivate via intenet, saranno in molti quello che seguiranno l’evento da oltre i cancelli del piazzale. Cristiani, in gran parte, ma anche tanti musulmani, come quelli che mercoledì sera hanno animato la veglia di preghiera organizzata in vista dell’arrivo del Papa e ribadire che, col dialogo, tutto è possibile.
E molti, così si pensa, saranno anche i musulmani che, come nel 1997 con Wojtyla, saranno presenti domenica alla Messa che Benedetto XVI celebrerà al Beirut City Center Waterfront, quando consegnerà l’Esortazione apostolica ai diversi rappresentanti della popolazione. Prima del rientro a Ciampino, il Patriarcato siro-cattolico di Charfet sarà teatro dell’incontro ecumenico che chiuderà questa 24ª visita apostolica internazionale del Papa.