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De: lore luc (Mensaje original) |
Enviado: 16/10/2012 09:16 |
cronaca
16/10/2012
Sigilli alla chiesa dei Santi Martiri
Il futuro cardinale Carlo Maria Martini (il primo a sinistra) a 17
anni entrò nella Compagnia di Gesù e compì gli studi presso l’Istituto
Sociale di Torino. Ora i padri gesuiti in città sono rimasti in quattro.
A Torino sono rimasti solo quattro gesuiti: “A luglio chiudiamo: non ci sono fedeli, siamo più utili altrove”
Bruno quaranta
torino
Addio ai Santi Martiri. Torino si congeda da Avventore, Ottavio e
Solutore, i più antichi patroni, a cui è dedicata la chiesa
cinquecentesca di via Garibaldi, la casa madre dei Gesuiti. E’ il
rettore, padre Giuseppe Giordano, ad annunciare la triste novella. Fra
neanche un anno, il 31 luglio 2013 - ironia della sorte: in quella data
si celebra Sant’Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù -, i
sigilli saranno apposti al capolavoro barocco. Una scelta - pare -
irrevocabile.
Quattro religiosi
«Così ha deciso il Provinciale dei Gesuiti - non nasconde il
rammarico padre Giordano -. La chiesa, questo il motivo, è sempre meno
frequentata. Si ritiene la nostra presenza - di noi quattro religiosi -
più utile altrove. Ecco: forse è meglio dire che a sigillare i Santi
Martiri sono i fedeli, il loro venir meno».
Padre Giordano da diciotto anni regge la Chiesa, antica di 437 anni,
fortissimamente voluta da Emanuele Filiberto. Che cosa accadrà dopo il
31 luglio 2013? «Consegneremo le chiavi all’arcivescovo. Nella speranza
che in un modo o nell’altro il cammino riprenda, guidato magari da un
altro ordine o dal clero secolare».
Gioiello d’architettura
I gesuiti lasceranno in eredità un gioiello (vi riposano fra gli
altri Joseph De Maistre, Giovanni Botero, autore del trattato Della
ragion di Stato, Giovanni Francesco Bellezia, il sindaco della
secentesca peste).
«Via via - riepiloga padre Giordano - abbiamo restaurato le pitture, i
marmi, gli stucchi, i bronzi, la facciata (grazie al contributo del
Comune e del San Paolo). E prossima è l’inaugurazione del nuovo fonte
battesimale».
Un ricordo che s’impone delle ultime stagioni? «Il giubileo
sacerdotale di Carlo Maria Martini», non esita padre Giuseppe Giordano,
che nelle scorse settimane ha presieduto la concelebrazione in suffragio
del cardinale, seguita - nonostante l’ora tarda, dopo cena - da una
vasta assemblea, a contraddire l’abituale, scarsa frequenza. Fedeli tout
court e fedeli, chissà, alla maniera di Mario Soldati, che non di rado
cercano di ricordarsi «come era davvero, la fede, quando credevamo di
averla».
La fede
«Era come... Come un immaginario imperativo categorico, un impegno
assoluto a non tradire i nostri avi, i nostri genitori, i nostri
confessori, la nostra stessa civiltà...». Come potrebbero ritrovarla nei
Santi Martiri orfani dei padri gesuiti?
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Gli ordini religiosi decimati dalla crisi di vocazioni
Padre Venanzio Ramasso, rettore della Basilica di Superga
A Torino solo quindici francescani: unica eccezione i salesiani
lorenza castagneri
torino
Certo questo è un caso limite: i Gesuiti della
chiesa dei Santi Martiri rimasti in quattro se ne vanno da Torino. Ma
anche al Sociale, lo storico istituto scolastico di corso Siracusa
diretto proprio da loro, non c’è da far festa. Ormai gli insegnanti,
anche se dovutamente formati in base alla pedagogia ignaziana, sono
quasi tutti laici. I padri sono solo quattro e si occupano perlopiù
della gestione. Al massimo insegnano religione.
Le cifre
E le altre congregazioni? Con la loro opera nelle scuole, negli
ospedali e al servizio dei più poveri hanno contribuito a fare la storia
della città, ma non sono messe molto meglio. I fratelli che
appartengono ai diversi ordini si contano sulle dita di una mano o
quasi: i Camilliani, una vita trascorsa a dare conforto agli ammalati e
ai loro familiari nelle cappelle del Sant’Anna, del Regina Margherita e
del Cto, sono 11. I Giuseppini del Murialdo, quelli degli Artigianelli,
istituzione che esiste da 150 anni, sono 13. I Domenicani e i
Francescani 16. In tutta la città. Ma c’è chi sta peggio: i Rosminiani.
Dopo la vendita dell’istituto Rosmini, a ridosso di via Nizza,
all’ospedale Molinette, che adesso qui tiene le lezioni di alcuni corsi
di laurea, il numero dei religiosi di questo ordine è diminuito a poco a
poco. Fino ad arrivare a quota zero. Adesso tre di loro vivono in Val
di Susa e si occupano della cura della Sacra di San Michele.
In luoghi simbolo come questi, dove ogni giorno arrivano decine di
persone tra fedeli e visitatori, da fare ce n’è sempre. E non poco. Lo
testimonia padre Venanzio Ramasso, rettore della Basilica di Superga. Ha
82 anni ed è un Servo di Maria. Dal 1966 la gestione della chiesa è
affidata a loro. «La domenica ci sono quattro messe, e poi le cerimonie,
l’accoglienza dei pellegrini, gli incontri di meditazione...» Il che
quando si è in tre e soprattutto anziani diventa difficile. «Prima o poi
- aggiunge don Ramasso - il Demanio, da cui abbiamo avuto in
concessione la basilica, dovrà valutare il da farsi».
Un trend senza fine
Inutile girarci intorno, il problema è sempre lo stesso: la scarsità,
per non dire la mancanza, di vocazioni. Più o meno la tendenza è
iniziata quarant’anni fa. Ovvio, qualcuno che ancora oggi decide di
entrare in seminario c’è. Tra i Cappuccini, per esempio. Ma non si può
certo parlare di ripresa. «L’unica cosa che ci resta da fare è
affidarci alla Provvidenza che è artefice di tutto». Padre Stefano
Groppetti è responsabile della Casa Accoglienza del Cottolengo. Lui è
uno di quelli che in questa congregazione abbassa l’età media: ha
quarant’anni. E un’energia da vendere. Dal mattino alla sera si occupa
dei poveri che vivono intorno a Porta Palazzo: distribuisce i pasti alla
mensa, prepara i pacchi di cibo, gestisce il dormitorio. Con lui ci
sono solo altri 5 padri, a cui si aggiungono 6 fratelli a riposo. E un
buon gruppo di laici. Anche qui è soprattutto grazie a
loro se l’attività della Casa Famiglia e dell’Ospedale va avanti.
«Cerchiamo di insegnargli il carisma del Cottolengo, la carità, l’amore
per chi si assiste. Non possiamo pretendere altro» .
In questo panorama fatto di numeri bassi bassi e grandi
preoccupazioni, un’eccezione c’è. E anche abbastanza scontata: i
salesiani. Suddivisi tra la Casa Madre di Valdocco, l’Istituto Agnelli
di corso Unione Sovietica, lo studentato teologico della Crocetta,
l’opera Rebaudengo, l’istituto Valsalice e le varie parrocchie e oratori
sono ancora oltre duecento.
twitter@lcastagneri
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il motivo?
ma non spaventiamoci nella mia diocesi il 3 ottobre sono stati ordinati 22 diaconi, che con l'aiuto di Dio e con le nostre preghiere, a giugno diventeranno sacerdoti, e 7 diaconi permanenti |
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