Ciclismo
19/10/2012
- personaggio
Addio a Fiorenzo Magni
storico rivale di Coppi e Bartali
Fiorenzo Magni è morto all’età di 91 anni
Soprannominato Leone delle Fiandre, vinse tre Giri d’Italia. Avrebbe compiuto 92 anni a dicembre
roma
Nell’eterna sfida fra Fausto Coppi e Gino Bartali ha giocato sempre
la parte del “terzo uomo”. Fiorenzo Magni se n’è andato oggi
nell’ultima volata della sua vita a quasi 92 anni (li avrebbe compiuti
il prossimo 7 dicembre). Il leggendario “Leone delle Fiandre”, per via
delle tre vittorie consecutive in Belgio, dal 1949 al 1951, fu uno dei
tre grandi protagonisti dell’epoca d’oro del ciclismo italiano, quella
di Coppi e Bartali. Toscanaccio come Gino - era nato a Vaiano (Prato)
nel 1920 - Magni rappresenta uno “spaccato” dell’Italia del dopoguerra,
delle sue infinite sfide con i suoi grandi rivali. Il suo curriculum
racconta delle sue tre storiche vittorie consecutive nelle Fiandre che
lo consegnano alla Storia, dei successi nei Giri d’Italia nel 1948, 1951
e 1955 con la famosa fuga con Coppi nella tappa del 1955 da Trento a
San Pellegrino, dell’abbandono della maglia gialla al Tour de France
1950 per il ritiro dalla corsa insieme a tutta la squadra italiana in
seguito alle pressioni e alle insistenze di Bartali, che era stato
aggredito sul Col d’Aspin da alcuni spettatori francesi. L’ultima uscita
pubblica di Magni risale a pochi giorni fa, il 12 ottobre, nel Salone
d’onore del Coni per la presentazione di un Libro a lui dedicato “Magni
il terzo uomo”, scritto dal giornalista Rai Auro Bulbarelli.
«Ho 92 anni tra qualche giorno - le sue parole - e me li sento, ma la
mente è come 50 anni fa e questo mi dà molto stimolo per fare un altro
libro», disse Magni circondato da vecchi amici, come l’ex ct della
Nazionale Alfredo Martini, lo storico meccanico Ernesto Colnago, e tanti
altri campioni dello sport di ieri e di oggi. «Fiorenzo Magni ebbe
dalla sua la ventura di non somigliare né a Coppi né a Bartali - ha
scritto nella prefazione Sergio Zavoli - e quindi di essere pari a loro
per prestigio e popolarità, ma con una personalità anche agonistica, che
per qualche verso addirittura sopravanzava i suoi due primari rivali».
Insomma, un campione a tutto tondo, un asso della bicicletta, un eroe
del ciclismo che ha consegnato alla Storia qualcosa di più delle se
vittorie: una delle foto più belle di quel ciclismo epico, diventata
immaginario collettivo, lo ritrae mentre stringe un tubolare tra i
denti: l’altra estremità era legata al manubrio per continuare a correre
nonostante una spalla rotta per una caduta.
Era l’epoca in cui l’Italia si divideva fra tifosi di Bartali e
tifosi di Coppi: «Bartali non aveva mai fame, sete o freddo - ha
raccontato il Leone delle Fiandre parlando dei suoi storici rivali - e,
quando era in crisi, cosa che capitava assai di rado, pedalando
inclinava leggermente la gamba destra. La rovina di Coppi invece era
l’acqua, perché quando soffriva il caldo continuava a bere, se la
buttava addosso fino ad essere completamente inzuppato».
Da giovane lavorò nella piccola impresa di trasporti del padre a
Vaiano, facendo le consegne in bicicletta. Un po’ alla volta la bici
divenne una passione e nel 1936 iniziò a gareggiare con l’Associazione
Ciclistica Pratese. Passò dilettante nel 1938 con l’Associazione
Ciclistica Montecatini Terme dove gareggiava anche Alfredo Martini,
mettendosi subito in luce. La svolta arrivò nel Dopoguerra: nono al suo
primo Giro d’Italia (1947), l’anno dopo vinse il Giro d’Italia, che poi
replicò nel 1951 e 1955. Tra le altre affermazioni anche tre Giri del
Piemonte, tre Trofei Baracchi e tre Campionati assoluti. Secondo ai
Campionati del mondo del 1951 (preceduto dallo svizzero Ferdi Kübler) e
al Giro d’Italia del 1956 (dietro il lussemburghese Charly Gaul) alla
`veneranda´ età di 36 anni. Coronamento di una carriera gloriosa,
ancorché da terzo uomo.