|
De: enricorns (Mensaje original) |
Enviado: 04/12/2012 14:31 |
Il desiderio inestinguibile di Dio
Contenuto Articolo
«Il desiderio di Dio è inscritto nel cuore dell'uomo, perché l'uomo è stato creato da Dio e per Dio» (Catechismo, 27). Quando, in occasione del suo secondo viaggio missionario, san Paolo giunge ad Atene osserva, tra l'altro, un'iscrizione d'altare dedicata «al Dio ignoto» (Atti 17,23). L'iscrizione gli offre l'opportunità di annunciare nell'Areopago la fede nell'unico Dio di Gesù Cristo. Prima però di predicare la sua fede nella risurrezione riconosce la religiosità degli Ateniesi, il loro intimo desiderio di conoscere Dio. Nella ricerca dell'Assoluto l'uomo si trova in un labirinto, avvolto da una luce fioca. Per questo avanza a tentoni alla ricerca della strada migliore che gli permetta di attraversare il Castello (Franz Kafka) o il Deserto dei Tartari (Dino Buzzati). Spesso ci si illude che progredendo nella tecnica e nelle scienze regredisca nel cuore umano il desiderio di Dio; e invece cresce a dismisura assumendo nuove forme di religiosità, che sconfinano spesso nella divinazione. La storia umana è costante ricerca di Dio poiché «in Lui, viviamo, ci muoviamo ed esistiamo» (Atti 17,28). Le vie dell'universo, del creato e della sua bellezza, della scienza, dell'amore umano, della Cognizione del dolore (Carlo Emilio Gadda) e dell'arte si dischiudono affinché ognuno le attraversi nella ricerca di Dio. In particolare il creato, con le sue diverse espressioni, rimanda al Creatore, giacché «dalla creazione del mondo in poi le perfezioni invisibili possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da Lui compiute, come la Sua eterna potenza e divinità» (Romani 1,20). Tuttavia spesso l'uomo confonde il Creatore con la creatura e si ferma a metà strada, o la smarrisce del tutto. Due eccessi polarizzano la ricerca umana di Dio: la sicumera di chi s'illude di possederlo, o la rimozione con cui si cerca di tacitare il naturale desiderio di Lui. Entrambe sono forme di oltraggio e di tracotanza che riducono Dio in forme di idoli a disposizione o, ancor peggio, che scelgono l'uomo come misura di tutte le cose. Fra questi eccessi, s'inerpica il sentiero del Castello interiore (Teresa d'Avila) dove si scopre che Dio è più intimo di quanto sia l'uomo a se stesso (Agostino d'Ippona).
avvenire |
|
|
Primer
Anterior
2 a 3 de 3
Siguiente
Último
|
|
I quattro sensi della Scrittura
Contenuto Articolo
«La piena concordanza dei quattro sensi assicura alla lettura viva della Scrittura nella Chiesa tutta la sua ricchezza» (Catechismo, 115). Spesso il Medioevo è ingiustamente considerato come periodo oscuro nella storia della civiltà occidentale. A questo cliché hanno contribuito non poco Il nome della rosa di Umberto Eco e Mistero buffo di Dario Fo. Eppure è l'epoca che ha visto la fioritura di giganti della letteratura come Dante Alighieri, Boccaccio e Petrarca, del pensiero teologico come Tommaso d'Aquino, e della santità come Domenico di Guzman e Francesco d'Assisi. Le imponenti cattedrali romaniche e gotiche, sparse per l'Europa, testimoniano, contro tutti i pregiudizi e le strumentalizzazioni storiche, lo splendore del Medioevo. Tra l'altro i quattro sensi della Scrittura, rivalutati da Henri De Lubac con la monumentale Esegesi medievale, sono di quell'epoca e sintetizzano le relazioni tra il senso letterale e quello spirituale della Scrittura: «La lettera insegna i fatti, l'allegoria che cosa credere, il senso morale che cosa fare, e l'anagogia dove tendere». Quanto più si approfondisce la storia, tanto più si è in grado di cogliere lo Spirito nella Scrittura. Altrimenti la lettura biblica è lasciata al sentimentalismo e all'arbitrio di chiunque. La lettera contiene lo Spirito che la «trascende» (Benedetto XVI, Verbum Domini) e conduce verso gli altri tre sensi che generano la fede, la carità e la speranza. Attraversare il senso letterale per giungere a quello allegorico della fede è ciò che lo Spirito realizza nel cuore dei credenti. Ma non basta il senso allegorico o superiore; è necessario giungere a quello etico dell'amore, altrimenti la fede senza le opere muore. Ed è il senso etico che produce quello anagogico, o della salita verso la speranza. I quattro sensi della Scrittura non sono un'invenzione medievale, ma affondano le radici nel Nuovo Testamento. Per questo Paolo ringrazia il Signore per la fede operosa, la carità faticosa e la perseverante speranza che si sono diffuse fra i Tessalonicesi (1 Tessalonicesi 1,3). L'itinerario delle virtù è autentico quanto la Parola di Dio annunciata è accolta non come parola di uomini ma com'è veramente: Parola di Dio che opera nel cuore dei credenti (1 Tessalonicesi 2,13).
avvenire
|
|
|
|
Ascoltare la Parola. E obbedire
Contenuto Articolo
«La Vergine Maria realizza nel modo più perfetto l'obbedienza della fede» (Catechismo, 148). Tra la fede di Abramo e quella di Maria c'è un legame profondo, stabilito dall'annuncio che a entrambi è dato di una nascita incredibile. In occasione della visita dei tre angeli alle querce di Mamre è promessa la nascita di un figlio, nonostante la vecchiaia di Abramo e Sara: «C'è forse qualcosa d'impossibile per il Signore?» (Genesi 18,14). La stessa affermazione è detta dall'angelo Gabriele a Maria: «Nulla è impossibile a Dio» (Luca 1,37). L'Annunciazione a Maria è il momento della sua vocazione e della sua rivelazione che vede l'intrecciarsi di tutta la storia della salvezza, segnata dall'impossibile possibilità di Dio. I contatti più sostanziali si verificano tra l'annunzio a Gedeone e quello a Maria: entrambi sono visitati dal saluto dell'angelo, sono turbati, replicano per la loro piccolezza, diventano strumenti della salvezza d'Israele e sono assicurati da un segno inviato dal Signore (cf. Giudici 6,11-24; Luca 1,26-38). Ma mentre Gedeone è salutato come uomo forte, Maria è riconosciuta come piena di grazia. E la risposta di Maria è incredibile, come la proposta dell'angelo: «Ecco la schiava (e non semplicemente "la serva") del Signore, avvenga per me secondo la tua parola» (Luca 1,38). La fede di Maria, nasce dall'ascolto della Parola e approda nell'obbedienza: un'obbedienza qualificata o avvolta dalla fede. Purtroppo spesso la nostra fede non soltanto s'identifica con il nostro modo di pensare e non di ascoltare, ma non sfocia nell'obbedienza. Uno dei commenti più appropriati alla fede di Abramo e di Maria è di Kierkegaard in Timore e Tremore: «Maria non ha bisogno dell'ammirazione del mondo, così come Abramo non ha bisogno delle lacrime: perché ella non è un'eroina, né egli un eroe. Ma ambedue divennero ancor più grandi degli eroi non col fuggire la sofferenza, le pene, il paradosso, bensì per via di essi». Per accostarsi alla fede obbediente di Maria, andrebbe riscoperto L'annuncio a Maria di Paul Claudel, dopo la sua conversione: «Che vale il mondo rispetto alla vita? E che vale la vita se non per essere data? E perché tormentarsi quando è così semplice obbedire? Così Violaine, tutta pronta, segue la mano che prende la sua».
|
|
|
|
|