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De: Butterfy (Mensaje original) |
Enviado: 20/02/2012 09:32 |
18 febbraio 1947 – 7 ottobre 1992
Augusto Daolio è nato a Novellara (Re) il 18 febbraio 1947. come ebbe a scrivere lui: "... nel cuore della notte, mentre freddo e brina duellavano con rami secchi di pioppi e tigli". A sedici anni iniziò la sua avventura musicale con il complesso dei Nomadi, attività che fu per lui, fino agli ultimi momenti della sua vita, essenzia le e per la quale il suo impegno fu totale. L’ attività musicale di Augusto e del suo complesso, di cui era il leader carismatico ha segnato un' epoca e per tanti giovani degli anni Sessanta e Settanta le loro canzoni furono una bandiera. Non solo perchè denunciavano il grande disagio di una gioventù che si sentiva testimone occulta dell' olocausto e che viveva il malessere di una società in crisi di identità, ma anche perchè contestavano l' impostazione di un costume religioso che si reggeva sull'ipocrisia e il perbenismo. Anche se quei giovani ormai sono diventati padri, quelle canzoni continuano a vivere nei loro cuori e l' amore per queste è stato trasmesso ai loro figli. Questo a dimostrare che, quando le grandi tematiche della vita diventano un "sentire comune", non esiste una salto generazionale. La pittura, altro suo grande impegno artistico, non è mai stata un'attività subalterna a quella musicale ed era frutto delle sue capacità naturali ed istintive. La sua "maniera' di disegnare e dipingere non era schiava di un metodo, così come quella di comporre. Tutto quello che Augusto presentava era sempre e comunque ben radicato nella natura, madre e ancella di tutte le cose. La fantasia guidava la sua mano alla ricerca di un mondo surreale e magico. Amava molto dire: "...mi interessa l' aspetto magico e segreto delle cose, gli enigmi, le illusioni delle ombre". Queste attività lo hanno portato a girare il mondo e, nonostante il profondo legame con la sua terra d'origine, era un cosmopolita o meglio: "un uomo del mondo, un uomo del mio tempo, ma anche un uomo antico". Era autodidatta, pieno di curiosità e di una carica vitale che gli permisero di vivere un'intensa seppur breve attività artistica. Il vuoto che ha lasciato è incolmabile, e lo testimoniano le migliaia di persone che ancor oggi percorrono lunghe distanze solo per un saluto o per respirare le atmosfere a lui care.
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Diceva Augusto Daolio;
"A me la morte fa una gran paura, si lasciano troppi sorrisi, troppe mani, troppi occhi."
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Diceva Augusto Daolio;
"A me la morte fa una gran paura, si lasciano troppi sorrisi, troppe mani, troppi occhi."
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De: haiku04 |
Enviado: 21/02/2012 00:45 |
in scena fino all'ultimo per raccontare il suo sogno beat
servizio di Giovanni Ballerini
FIRENZE - "quando ho iniziato avevamo 16 anni era il 66 Da allora abbiamo fatto un lungo cammino e tutto quello che abbiamo imparato oggi appare nei nostri dischi - ricordava Augusto Daolio alla fine dell'ultimo concerto toscano dei nomadi, questa estate a campi bisenzio - in origine non c'era nessun progetto poetico, solo una grande voglia di fare musica, stare fuori la notte e andare a giro per il mondo suonando. In seguito abbiamo capito che fare musica voleva dire avere l'occasione di comunicare. Ci sono poi alcuni valori che sono punti fermi della nostra filosofia di vita, le nostre radici culturali. Vogliamo essere anche gli intepreti del disagio, dei problemi di tutti i giorni. I nostri pezzi parlano in fondo di quello che emoziona anche noi". C'è davvero emozione a ricordare le chiacchierate che nascevano spontaneamente dopo ogni conderto dei nomadi: due tre ore di esibizione, ma poi la voglia di spiegare, di raccontare le emozioni che erano alla base di un progetto musicale andato avanti sino ad oggi. Augusto sempre in prima fila: sul palco a sferzare la folla con l'intensità delle nuove e vecchie canzoni, a dialogare con la platea, poi con gli amici, magari davanti ad un bicchiere di vino. C'era qualcosa fuori dal tempo in quell'impegno, in quella voglia di comunicazione portata all'eccesso. Un figlio dei fiori non pensa al domani, diceva una celebre canzone del complesso , ma il suono beat dei nomadi è giunto vivo, smagliante sino a noi, proprio grazie alla verve di Augusto Daolio. Una voce lacerante a tratti cupa, sorda, ma sempre affascinante, proprio per la sua unicità. Barba e capelli lunghi, un cespuglio grigio cenere che in qualche modo rendeva più solenne la figura di questo estroso grande vecchio del pop italiano. Un aspetto da lupo di mare, tanta simpatia e comunicativa: fino ad un anno fa non era raro vederlo, alla fine dei concerti inforcare la sua moto, vestito di pelle come tanti suoi fans. Negli ultimi tempi la stanchezza cominciava a farsi sentire e diventare preoccupazione. Ancora un'esibizione dirompente due ore di musica, senza risparmio di energie, ma poi eccolo disteso su un letto di fortuna, per celare la sua privacy di una roulotte, dietro il palco, la sua battaglia contro la malattia. Ci piace ricordarlo cosi, come un guerriero dopo la battaglia, ferito, ma pieno di ottimismo, mentre sorride, ricordando il suo sogno beat
Grande Augusto, ti amiamo ancora in tanti....![](/images/emoticons/rosa_si.gif)
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![](http://www.fiofamagazine.com/wp-content/gallery/premio-daolio/daolio3.jpg)
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Principe desiderio
Mi è stato promesso in giorni di sole malato il sapore amaro della morte ma io non lo conosco ancora. Conosco però l'impotente bestemmia rabbiosa, lacrimosa che sale da dentro per ognuno che parte così all'improvviso senza lasciare indirizzo. Dietro le spalle solo grandi stanze, vuote, lunghe, troppo alte, troppo buie. Io non lo conosco ancora questo viaggio che immagino faticoso e senza speranza. E vedo ogni giorno che passa ogni ora, pieni di luce e colori. Non può morire la luce e finchè il sole si alza sul mondo fiorisce di bellissimi pensieri, che sono fiori. Tra le musiche della vita, la morte è la musica più straziante, più forte, prepotente, cattiva: Brucia il foglio della partitura in grigia cenere e in fiamma tutto riduce, moure chi ama, chi ha amato chi canta, chi ha cantato chi suona, chi ha suonato. Sapore amaro quello della morte. Sparite è la luce appena venuta piccola giovane luce che piano piano cresceva, senza fretta, e illuminava noi e i nostri gesti. Non luce accecante che sfoca i contorni delle cose, ma buona dolce e semplice che le cose accarezza. Sparita è la tua luce come passa via la nebbia dalle nostre parti ognuno grida ma la foschia non si dirada. Muto grido di disperazione. Sei arrivato altuo porto, hai abbandonato il tuo remo. Principe Desiderio ombra senza età.
Augusto Daolio
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Sono nato il 18 febbraio 1947 a Novellara di Reggio Emilia, nel cuore della notte mentre freddo e brina duellavano con rami secchi di pioppi e tigli. Sono nato al caldo e mi hanno chiamato Augusto come un nonno che non ho mai conosciuto. Il cognome Daolio mi è stato dato da un uomo semplice e a suo modo dolce e complice. Dall'età di sedici anni canto in un gruppo che si chiama Nomadi, scrivo canzoni e giro il mondo. C'è un altro mondo dentro di me che racconto con il disegno e la pittura, lo faccio da parecchi anni e alberi, rocce, cieli, lune, ombre e altro popolano questi miei racconti. Ho esposto in giro per l'Italia, ho illustrato dischi, libri, cartoline. Manifesti. Non disegno per riempire un vuoto ma per vuotare un pieno che è dentro di me e preme....
Hai accompagnato il percorso della mia bella eta'.
Grande!!!...... |
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...Sono nato al caldo e mi hanno chiamato Augusto,
come un nonno che non ho mai conosciuto. Il cognome
Daolio mi è stato dato da un uomo semplice e a suo
modo dolce e complice. Dall'età di sedici anni canto in
un gruppo che si chiama Nomadi, scrivo canzoni e giro
il mondo. C'è un altro mondo dentro di me che racconto
con il disegno e la pittura, lo faccio da parecchi anni e
alberi, rocce, cieli, lune, ombre e altro popolano questi
miei racconti. Ho esposto in giro per l'Italia, ho illustrato
dischi, libri, cartoline, manifesti. Non disegno per
riempire un vuoto ma per vuotare un pieno che è dentro
di me e preme. Una specie di confessione, prima ad uno
spazio bianco, poi ad occhi che guarderanno. Ho lo
studio a Novellara in via de Amicis, il numero credo sia
il quarantaquattro, non ho il telefono ma montagne di
libri e di oggetti. Le notti invernali nella bassa hanno
ancora il profumo delle mele sull'armadio."
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