Esiste un destino biologico? L’identità femminile è condizionata solo dalla cultura e dalla società? Le cose sono sempre state come le conosciamo oggi oppure una volta erano diverse?
Ripercorriamo insieme le varie immagini della donna che si sono succedute negli anni…
Con la costituzione delle città la donna viene espulsa dal logos, dal pensiero,
è ritenuta incapace sul piano politico, economico e scientifico.
In questa fase la donna è relegata agli aspetti naturali e materiali della vita.
L’uomo diventa il detentore della razionalità e la donna la sua antitesi,
portatrice di tutto ciò che è istintivo.La donna inizia ad incarnare la sfera dei sentimenti,
dell’amore e della tenerezza.
L’affettività femminile viene svalutata, tanto che fino al XX secolo le donne dell’aristocrazia e
dell’alta borghesia sono solo pedine di strategie economiche e politiche.
Secondo l’ipotesi matriarcale, l’umanità avrebbe attraversato una fase,
all’incirca dal 12.000 al 3000 a. C., in cui le donne avevano un ruolo di potere,
anche se non è facile stabilire se sia esistita realmente o si tratti di mito o leggenda..
Le donne cominciarono a praticare la semina cosichè il procacciamento del cibo cessava
di essere un’attività basata solo sulla prestanza fisica, come nella caccia.
Il monopolio delle riserve alimentare conferì alle donne un grande potere, ginecocrazia,
dal greco gunè, donna, e kràtos, potere, o matriarcato appunto, il potere delle madri.
Le società matriarcali erano caratterizzate da un regime comunitario, non competitivo e pacifista.
In questa fase nascono i culti della Madre Terra o della Grande Madre.
Le donne divengono le uniche detentrici del rapporto con il soprannaturale.
A partire dal XV secolo a. C. diminuirono progressivamente di importanza le divinità
femminili con il prevalere di quelle maschili.
Nell’antica Roma sembra che sia esistita una fase matriarcale, caratterizzata da uno
spiccato potere femminile. Anche se tale fase non confermata dai documenti storici,
tuttavia le donne romane pare godesse di prestigio sociale, erano istruite e
beneficiavano di diritti piuttosto ampi.
Nella Roma repubblicana la situazione cambia: la famiglia è rigidamente patriarcale.
La bambina veniva promossa in sposa ancora in tenera età, con la cerimonia di fidanzamento,
sponsalia, ella passava sotto la tutela della famiglia del marito ed era sottoposta alla manus,
cioè al potere assoluto del padrone, come gli schiavi, da qui deriva la parola emanciparsi,
liberarsi dalla manus. La donna era perennemente sotto tutela, sottoposta a controlli e divieti.
La donna non aveva identità sociale, basti pensare che possedeva solo il nome gentilizio
e il cognome familiare, la sua soggettività non era riconosciuta.
In epoca imperiale la situazione cambiò, la donna acquisì più potere mentre la patria
potesta subì progressive limitazioni. Il matrimonio divenne una relazione liberamente scelta,
come anche il divorzio. La dote non era più interamente proprietà del marito
ma bene della sposa. In caso di vedovanza la donna acquisiva la tutela dei
figli che non passava più ad un uomo della famiglia.
A questa libertà giuridica corrispose anche una libertà di costumi.
Nel corso del Medioevo la donna viene vista in maniera duplice.
Da una parte è associata al peccato e al demonio e dall’altra è angelo e mistica sposa.
Tuttavia anche quando la donna è idealizzata e spiritualizzata ne viene di fatto
negata la soggettività.La ferocia collettiva si manifestava più verso le donne che verso gli uomini.
La maggior parte delle accuse di stregoneria erano rivolte a donne, soprattutto se
povere, vedove, orfane, o quelle più insofferenti dei duri limiti imposti dalla morale cristiana.
Con l’avvento di una mentalità più scientifica molte credenze religiose cominciarono a vacillare
tuttavia alcune permearono la nostra cultura fino ai nostri giorni.
Nel corso dell’Ottocento, con lo sviluppo dell’industria, e i grandi processi trasformativi,
la donna diviene sempre più consapevole dei propri diritti anche se la società continua a
comportarsi nei suoi confronti in maniera contraddittoria.
Nella famiglie alto borghesi il matrimonio era legato a motivi economici e non costituiva
una scelta libera e sentimentale. La donna era relegata al ruolo di angelo del focolare.
Spesso alle figlie veniva imposto il nubilato sacro per salvaguardare il patrimonio
familiare che finiva per appartenere al primogenito.
Nelle classi meno abbienti la vita della donna era più dura ed anche più libera.
La donna era costretta a molteplici mansioni.
Le scelte matrimoniali erano più libere
e il comportamento amoroso era più disinibito e non condizionato dall’ideale
dell’amore romantico che influenzava fortemente le classi più agiate.
L’amore romantico portò all’esaltazione degli aspetti spirituali nella donna.
Ancora una volta, comunque, la donna diveniva ciò che l’uomo proiettava
come immagine su di lei: angelo o diavolo, tentatrice, musa ispiratrice,
figura mistica in grado di elevare l’uomo dal suo gretto materialismo.
Verso la fine dell’Ottocento in Inghilterra nacque il movimento delle ‘suffragette’
che portò avanti un movimento a favore delle donne.
Anche la regina Vittoria contribuì, ponendosi come modello di donna in grado di
conciliare con successo vita pubblica e privata, a diffondere un immagine nuova
del femminile e a promuovere il processo di emancipazione delle donne.
Sempre alla fine del secolo si cominciò ad indagare la psiche umana, e furono
proprio le donne le prime pazienti. Donne colpite da forme di isteria riconducibili
al severo regime morale e alla rimozione pulsionale a cui erano obbligate
per onorare la rispettabilità familiare. L’esplorazione dei contenuti inconsci sviluppata
da psicologi e scrittori, e la crescente autonomia economica conquistata dalle donne,
implicò la percezione della donna come soggetto, dotata di una propria identità,
questo processo portò importanti cambiamenti all’interno della società,
incrinando il codice di amore romantico e modificando la percezione
degli uomini nei confronti del femminile.
Il processo di trasformazione era inarrestabile, le donne cominciarono a chiedere
il riconoscimento di alcuni diritti, come quello al voto e
la risposta degli uomini a tali rivendicazioni fu assai dura.
Nel Novecento vi furono tre momenti che impressero una profonda spinta
a questo processo trasformativo: la prima guerra mondiale; gli anni che presero
nome di ‘anni ruggenti’; i movimenti del Sessantotto.
Durante la prima guerra mondiale le donne si rivelarono indispensabili,
sostituendo gli uomini partiti per il fronte nelle fabbriche, impegnandosi come crocerossine,
negli uffici e nelle cucine. Le donne acquisirono maggiore consapevolezza della propria dignità
sociale e si comportarono di conseguenza rinunciando a rivestire ruoli tradizionali,
modificarono acconciature tagliando i capelli, e abbigliamento indossando pantaloni,
si dedicarono allo sport e iniziarono a frequentare le aule universitarie.
Sul piano del costume le conseguenze più evidenti si ebbero in America,
dove le donne che parteciparono al conflitto in qualità di crocerossina,
dopo aver vissuto in promiscuità con gli uomini e aver vissuto esperienze di vita
estremamente brutali, tornate in patria rifiutarono di rivestire ruoli tradizionali,
divennero le famose flappers (maschiette), protagoniste degli anni ruggenti.
Queste donne, spesso appartenenti all’alta borghesia, rifiutarono il perbenismo
borghese, ostentando comportamenti maschili: bevevano, fumavano,
parlavano apertamente di sesso e lo praticavano con disinvoltura.
Portavano capelli con la frangia, gonne corte e il viso pesantemente truccato.
Le flappers furono un fenomeno di costume transitorio ma ebbe un impatto
profondo nella società anche in quella europea. Rimase la consapevolezza
che la donna poteva porsi in condizioni di parità rispetto all’uomo.
Anche la seconda guerra mondiale, come la prima, cambia profondamente
la mentalità e i costumi. Molte donne sentono che l’emancipazione non è sufficiente,
diviene importante lottare per l’affermazione della propria specificità, per eliminare la
prepotenza maschile nella vita privata e pubblica, per la rivendicazione di un sessualità
e una maternità libere e consapevoli e per il riconoscimento delle pari opportunità
tra uomo e donna nella vita pubblica, lavorativa, politica.
Le femministe non intendono copiare i maschi, piuttosto ricostruire un’identità femminile
al di là di quella creata dall’uomo. Ciò diventa evidente anche nei costumi,
si usa sempre più un abbigliamento informale ma per motivi principalmente di comodità,
i pantaloni, sempre più indossati, non per emulare l’uomo,
ma perché consentono maggiore libertà di movimento.
Oggi alcuni ritengono le conquiste femminili siano responsabili della crisi
della famiglia e della relazione tra i sessi. Forse ci si potrebbe soffermare a riflettere
che la presunta tranquillità precedente fosse tutta a scapito della donna,
che per essa pagava anche prezzi altissimi,
negando sé stessa e i propri sentimenti.