Qualcuno è forse riuscito a capire la ragione per la quale Francesco Schettino, l’ex comandante della Costa Concordia, ha bisogno di un processo che stabilisca la sua colpevolezza? Schettino non è già colpevole? C’è bisogno anche di stabilirlo?
Almeno per noi lo è, senza appello, senza bisogno di alcuna sentenza che lo confermi. Non tanto per aver mandato a sbattere una nave da crociera da 450 milioni di euro sugli scogli di un’isoletta bellissima in mezzo al Mar Tirreno.
Nemmeno per aver causato, con quella scellerata manovra, la morte di 32 persone (33 se si considera anche un sommozzatore spagnolo impegnato nei lavori intorno al relitto) mentre faceva il fenomeno napoletano con una ballerina moldava, Domnica Cemortan, nella plancia di comando.
Non è colpevole tanto per aver causato una delle sciagure più immani della storia della navigazione mondiale. E neanche per essere scappato sull’isola subito dopo il naufragio. No, non solo per questo.
E’ colpevole soprattutto per quello che ha fatto e detto dopo. Per come si è comportato. Per la sua codardia, vigliaccheria, pusillanimità che ha dimostrato sin dalla notte della tragedia in avanti. Non c’è giorno che non abbia confermato, con il suo comportamento spavaldo e strafottente, quello che tutti già pensano, senza bisogno di un tribunale, di giudici, di documenti, di aule, di registrazioni, di dichiarazioni, di deposizioni spontanee o non spontanee, e cioè che Schettino è colpevole. E basta. Per il semplice fatto che era il comandante di quella nave.
Non avrebbe nemmeno diritto ad alcuna difesa uno così, perché non c’è niente da cui difendersi quando si commettono simili errori, è tutto troppo già tragicamente chiaro. Uno che non ha mai dimostrato un briciolo di umanità, di morale, di pietà, di compassione, di vergogna, che non ha mai chiesto scusa per l’immenso dolore che ha provocato, non può aver anche il diritto a difendersi.
Ma poi difendersi da che cosa? Le sue fantasiose ricostruzioni, le sue strampalate deposizioni, le sue battute insensate, sono servite solo ad umiliare e offendere ancora di più i parenti delle vittime, che hanno dovuto pure sorbirsi la ramanzina del comandate ai suoi sottoposti, che secondo lui non hanno eseguito i comandi impartiti.
L’unico su cui gravano tutte le responsabilità, ha messo in scena il gioco più bieco e abusato del quale sono capaci gli italiani, dai politici in giù: scaricare le colpe sugli altri. Dal suo vice, al timoniere, forse anche alla donna delle pulizie, vanno bene tutti, basta trovare un colpevole al suo posto, uno sul quale appiccicare tutte le magagne, le incongruenze, le menzogne di quella notte.
Un modo furbesco per rimanere a piede libero e non finire in galera, insomma. Perché, stiamone certi, così andrà a finire anche questa volta. Il solo e unico responsabile di questa sciagura non farà un giorno di carcere e nessuno pagherà per quei trentadue innocenti affogati sotto la Concordia mentre, quella notte, Schettino era già al sicuro in albergo.
No, non esistono attenuanti, non può esserci pietà o compassione per uno che si comporta così. Soprattutto dopo aver visto che, mentre al Giglio erano in pieno svolgimento le ultime operazioni di rimozione della Concordia, l’ex comandante della nave, si rilassava in vacanza a Ischia.
Abbronzato e sorridente, di bianco candido vestito (proprio lui che dovrebbe indossare solo il nero del lutto), accompagnato da attempate signore che si sono dimostrate pure felici di posare accanto a lui, come se fosse una star del cinema, l’ex comandante è stato fotografato ad un white party nell’isola di Ischia.
Questa è la giustizia in Italia. Fabrizio Corona è a marcire in carcere per sette anni per aver pubblicato foto di calciatori o veline che tradivano i loro partner, mentre Schettino che ha causato la morte di 32 persone se ne sta ad Ischia a ballare il cha cha cha vestito di bianco. E poi ci domandiamo ancora perché questo Paese va a rotoli.