La spiaggia caraibica è in Italia, ma nasconde un dettaglio inquietante
Può succedere molto facilmente di rimanere abbagliati da una distesa di sabbia bianca e brillante incorniciata da un mare cristallino, ancor di più se il sogno caraibico si concretizza a due passi da casa, proprio qui, nella nostra Italia.
Di spiagge incredibilmente belle il nostro paese ne è pieno, ma quella che stiamo per presentarvi racchiude in se un fascino dal sapore tremendamente amaro.
Siamo in Toscana, a sud di Livorno, esattamente a Rosignano. Qui le famose spiagge bianche accolgono ogni giorno centinaia di bagnanti entusiasti di trascorrere una giornata in quello che, a prima vista, potrebbe sembrare uno scenario da sogno: il lido è di un bianco impressionante, quasi irreale, e l’acqua che lambisce le rive riflette questa luce, colorandosi di un blu che tende allo smeraldo.
L’accesso a questo paradiso è libero e il colore particolare di questa spiaggia fa si che si raggiunga una tintarella intensa e dorata nel giro di pochissime ore. Motivi in più per rimanere abbagliati e stupefatti davanti a questa meravigliosa lingua di spiaggia.
Dov’è allora il problema? Le meraviglie di questo posto sono completamente artificiali e – peggio ancora – derivate da una intensa attività inquinante ad opera dello stabilimento Solvay, il più grande polo chimico dell’Italia Centrale. Torna a ripeterlo un’inchiesta pubblicata pochi giorni fa su IlTirreno.it: “il paradiso tarocco – si legge nell’articolo – inizia subito a sud di Rosignano Solvay. Il mare è di un bianco abbacinante, ma anziché latte è solo fango industriale mischiato ad acqua. La spiaggia rievoca i Caraibi, in realtà è solo il risultato della risacca che deposita a terra calcare e gesso residui della lavorazione chimica. La collinetta dà idea di una duna, però è un’ex discarica di rifiuti civili e di scarti di produzione, formalmente chiusa nel 1983 ma di fatto tenuta aperta fino al 1986 per evitare che i ratti invadessero l’abitato.”
Solo nel 2011, attraverso il fiumicello del Fosso Bianco, lo stabilimento ha sversato in mare 1449 kg di arsenico, 91 di cadmio, 1540 di cromo, 1868 di rame, 71 di mercurio, 1766 di nichel, 3218 di piombo, 15049 di zinco. Nel 2009 la procura di Livorno ha avviato un’indagine sul volume complessivo dei fanghi scaricati: l’Arpat ne certificò 129mila tonnellate, più del doppio delle 60mila previste dall’accordo di programma del 2003. Nel 2010 le tonnellate furono 120mila, anch’esse depositate sui fondali coperti dai fanghi di decenni di attività industriale e pieni di metalli pesanti. Solo nel 2003 le tonnellate furono 200mila, più del triplo di quanto poi previsto nell’accordo.