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In certi uomini c'è una risorsa tangibile uno stato d'animo caotico che io vorrei plasmare; un tramonto di passioni sull'orizzonte di un corpo per chissà quale destinazione possibile fuga verso l'ignoto per la carezza della sua mano e l'umidità di due labbra estive. |
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Le foglie stendono un tappeto giallo e caldo sul freddo asfalto dettato dalla solitudine invernale
il cielo si fa grigio di pioggia e il traffico intenso e frenetico nell’ora più tarda della sera quando tutto sembra finire e trovare un’effimera quiete. |
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Strazio di grilli
Tintinni e strilli, brilli sussurri sulle mie rime sparse un coro di grilli trilla e si scrolla stretto e sonoro negli orecchi sfrutta, sfratta, trama e stramazza la calda notte estiva si strozza e una carezza scritta, negata si strazia. |
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Bevo il tuo bacio e sfibro il mio cuore con lame taglienti recido i contorni di muscoli e tendini sanguinano gocce giù. Il mio sacro Graal d'amore.
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Questo cielo piange.
Ho lampi negli occhi, nella gola, nello stomaco, dimagrisco di paura, vomito speranza e mi cingo la testa di spine.
Come sono calde le lacrime che sgorgano dai miei occhi e cadono pulsanti di rabbia.
Ho lampi negli occhi, nella gola, nello stomaco, ingrasso del nulla, ingoio la vita che va e non si ferma la Croce;
come va dritta e possente in processione, fiera, a un passo dal cielo, lontano dall'azzurro che si ubriaca di nero.
Il mio cielo piange.
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Giro tra i sogni e respiro la tua assenza vicina al mio cuore e lontana dagli occhi,
accarezzo la tua essenza l'aria e il vuoto così pieno delle tue parole dolci. In musica.
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Filmica
L'immagine primordiale di una stella d'argento si è tuffata frantumata nell'abisso del mio sonno e ha fatto cerchi d'acqua con le punte, unghie di donna strappate al firmamento di un corpo straziato d'amore.
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Mi faccio forza, mi carico sulle spalle ciò che per me è pesante. Sto male, ma mi ostino a riuscirci. Cerco la forza dove so che non potrò mai trovarla, in braccia sconosciute, consapevole che quello che resta non è soltanto che un soffocato respiro.
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La pioggia si lascia cadere dai vetri, gocce a righe di lacrime. Bambini scendono dallo scivolo, fragile, del parco dell'ospedale di provincia. Ho visto piogge piangere quante ne ho piante e quante ne verranno ancora a farmi compagnia mentre fuori ridono, a scrosci, i bambini senza voce.
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Il suo corpo sul mio era soltanto un viandante sperduto in cerca di un'oasi di piacere ma mi amava – anche solo per poco – con l'azzurro dei suoi occhi e l'umido delle sue labbra mature. Indifesa, mi scrutava, mi esplorava, mi scopriva nuda nella sua mente e sotto le sue mani calde. Mi toccava la pelle dell'anima, e nell'anima sfiorava il fiore della mia seconda giovinezza mentre le vie di Milano ci erano estranee e il vento di novembre mordeva il sole come la sua bocca.
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