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Pensiero
Sono qua rinchiuso Di pensieri affranto
Senza coscienza alcuna Di potere il vanto
Volgo i miei sguardi vuoti Occhi senza sguardo
Voglio sentire ora Voci, sussurri, suoni
Chiedo a me stesso vivo Dove guardare ancora
Chiudo i miei occhi alfine Respiro in affanno
Mi calmo, sento, ascolto Dentro di me un canto
Ti ho trovata infine Musa del mio creare
Cuore che pensa lieve Un pensiero, un incanto. |
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Rivolta
Mi hai reso qualcosa d'ottuso, una foresta pietrificata, una che non può piangere per le maternità disfatte. Mi hai reso una foresta dove serpeggiano serpi velenose e la jena è in agguato, perché io ero una ninfa innamorata e gentile, e avevo dei morbidi cuccioli. Ma le mie unghie assetate scavano nette la terra, così io Medusa fissa ti guardo negli occhi. Io esperta sognatrice che anche adesso mi rifugio in un letto ammantata di lutto per non sentire più la carne.
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Manicomio è parola assai più grande
Manicomio è parola assai più grande delle oscure voragini del sogno, eppur veniva qualche volta al tempo filamento di azzurro o una canzone lontana di usignolo o si schiudeva la tua bocca mordendo nell'azzurro la menzogna feroce della vita. O una mano impietosa di malato saliva piano sulla tua finestra sillabando il tuo nome e finalmente sciolto il numero immondo ritrovavi tutta la serietà della tua vita.
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Pensiero, io non ho più parole. Ma cosa sei tu in sostanza? qualcosa che lacrima a volte, e a volte dà luce.... Pensiero, dove hai le radici? Nella mia anima folle o nel mio grembo distrutto? Sei cosi ardito vorace, consumi ogni distanza; dimmi che io mi ritorca come ha già fatto Orfeo guardando la sua Euridice, e cosi possa perderti nell'antro della follia.
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Il sole dei vecchi è un sole stanco. Trema come una stella e non si fa vedere, ma solca le acque d'argento Dei notturni favori E tu che hai le mani piene d'amore per i vecchi Sappi che sono fanciulli
Attenti al loro pudore.
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I poeti lavorano di notte
I poeti lavorano di notte quando il tempo non urge su di loro, quando tace il rumore della folla e termina il linciaggio delle ore.
I poeti lavorano nel buio come falchi notturni od usignoli dal dolcissimo canto e temono di offendere Iddio.
Ma i poeti, nel loro silenzio fanno ben più rumore di una dorata cupola di stelle.
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Ti aspetto e ogni giorno mi spengo poco per volta e ho dimenticato il tuo volto. Mi chiedono se la mia disperazione sia pari alla tua assenza no, è qualcosa di più: è un gesto di morte fissa che non ti so regalare.
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Spazio spazio, io voglio, tanto spazio per dolcissima muovermi ferita: voglio spazio per cantare crescere errare e saltare il fosso della divina sapienza. Spazio datemi spazio ch'io lanci un urlo inumano, quell'urlo di silenzio negli anni che ho toccato con mano.
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Scrivimi, te l'ho detto tante volte, scrivimi una lettera lunghissima che parli solamente di silenzio.
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