Dopodichè tutto si era fatto confuso, così lui
non sapeva cosa fosse successo. In seguito avrebbe ricordato solo dei
frammenti isolati e a volte questo lo faceva sentire in colpa. La sua ultima
immagini nitida di Lexie era quella in cui lei sollevava le gambe all’inizio
della contrazione successiva. Aveva il viso madido di sudore e respirava veloce
mentre il ginecologo le diceva di spingere ancora con tutte le forze che aveva.
Gli era parso di vederla sorridere.
E Lexie gli sorrideva, oltre la cortina di
quell’emozione che ormai gli occupava tutti i sensi, oltre quella stretta delle
mani che era l’unica cosa che distintamente percepiva.
In seguito avrebbe scritto interi articoli sul
mistero della vita, sul suo irrompere all’improvviso all’interno di un’altra
vita fino a sradicarla dai suoi fondamenti. Questo avrebbe fatto neri prossimi
giorni nei prossimi mesi, se mai avesse
voluto voglia di riprendere subito col suo lavoro, se mai avesse ritrovato
ancora quell’energia che lo distingueva.
Ma
in quell’ultima ora erano lontani di pensieri di Jeremy, attaccato alle dita di
Lexie sentiva che quella stretta si faceva più flebile. Ed in quel momento
qualcosa passò nella sua mente prima che pronunciasse quel si che giorni prima
era partito da sua moglie e che lui aveva colto a malapena.
Fu allora che sentì quelle dita rianimarsi e
la sua voce chiamarlo da quel silenzio pieno di rumori.
Ancora attaccata al cordone ombelicale, Claire
era una viscida massa grigia, rossa e marrone, e dapprincipio sembrò che
boccheggiasse. La neonatologa la posò su un tavolo, le inserì una cannula
d’aspirazione in bocca per pulirle la gola, e solo allora cominciò a piangere.
La dottoressa Ryan cominciò a visitarla. Con il capo girato, Jeremy seguiva
attentamente le sue mosse. Il resto del mondo era ancora lontano. In sottofondo
sentì Lexie sospirare.
«Non vedo segni di ABS» dichiarò la
neonatologa.
«
Ha tutte le dita di mani e piedi ed è molto vivace. Il colorito è buono e la
respirazione regolare. L’APGAR è otto » . Fu allora che Jeremy guardò gli occhi
di sua moglie. Sfinita dallo sforzo Lexie gli parve bellissima. E più bella
ancora mentre accarezzava quella testolina che sembrava addormentata fra i suoi
seni.
Fu Doris a svegliarlo da quella specie di torpore
« Vieni a prendere un caffè che è meglio » . Lui la seguì come un automa senza
capire che con il suo istinto di donna lei lo stava preparando a diventare
padre.
«
Si può sapere cosa ti è preso, dimmi. Sembravi uno straccio seduto su quella
sedia »
« Non volevo rovinare quel momento » balbettò
piano
«
E si, lei ti stava quasi porgendo la bambina e tu non avevi nemmeno la forza
per tendere le mani. Non hai mai capito niente delle donne Jeremy Marsh, non
dire nessun’altra stupidaggine in più »
Seduta sulla sponda del letto Lexie lo
aspettava, e quando vide Doris rientrare da sola si chiese perché sua nonna
stavolta non era riuscita a comprendere.
Dopo un po’ lei lo vide oltre le infermiere
che si agitavano per aggiustare la culletta e non si stupì che lo
rimproverassero per quel bicchiere di caffè che teneva ancora in mano.
«
Lo butti nel cestino prima della porta a vetri, quell’odore è meglio lasciarlo
fuori da questa stanza almeno per ora »
Jeremy avanzò piano portandosi le mani sugli
avambracci e incrociando lo sguardo della ragazza con gli occhi neri che gli
faceva segno di passare di lato.
Esiste
davvero l’amore a prima vista ?
Lui
lo riteneva impossibile, fin quando non si chinò e quelle manine si attaccarono
a quel dito che tentava di sfiorarle il faccino.
Si
accorse allora quanto assomigliasse a Lexie, e quando cercò di riconoscere
almeno un segno dei suoi tratti, lei sorridendo gli fece segno di guardargli il
mento, e quella fossettina che non poteva essere che sua.
Come
per un misterioso richiamo difficile a capire, proprio in quel momento Claire
si girò verso di lui e cercò di guardarlo con i suoi piccoli occhi scuri e lui
non seppe resistere a poggiare il viso vicino al suo.