Mi ami tu?
(Henry J.M. Nouwen, Nel
nome di Gesù)
Prima di costituirlo pastore del suo gregge Gesù domandò a
Pietro: "Simone, figlio di Giovanni, mi ami tu più degli altri?". Poi gli
domandò una seconda volta: "Mi ami tu?", e una terza volta ripeté la stessa
domanda: "Mi ami tu?". Anche noi dobbiamo porre questa domanda al centro del
nostro ministero cristiano, perché è proprio essa che ci permette di essere da
un lato inutili, e dall'altro veramente fiduciosi in noi stessi. Basta
guardare Gesù. Il mondo non si curò minimamente di Lui, e Gesù fu crocifisso e
sepolto. Il suo messaggio di amore fu rigettato da un mondo assetato di potere,
efficienza e dominio. Ma ecco che Gesù risuscito, con le ferite nel suo corpo
glorificato, appare ad alcuni amici che hanno occhi per vedere, orecchie per
udire e cuore per comprendere. Questo Gesù rigettato, sconosciuto, ferito,
chiede semplicemente: "Mi ami tu? Mi ami davvero?". Lui che si era preoccupato
solo di annunciare l'amore incondizionato di Dio ha una sola domanda da fare:
"Mi ami tu?". Gesù non chiede: "C'è molta gente che ti prende sul serio? Hai
intenzione di compiere grandi cose? Hai già qualche risultato da farmi vedere?".
Chiede invece: "Sei innamorato di Gesù?". Forse potremmo formulare la domanda
anche in altro modo: "Conosci il Dio incarnato?". E' un cuore che non conosce
sospetti, vendette, risentimenti, né tanto meno odi. E' un cuore che vuole solo
dare amore ed essere ricambiato con amore. E' un cuore che soffre immensamente
perché vede la grandezza del dolore umano e l'ostinazione a non fidarsi del
cuore di un Dio che vuole offrire consolazione e speranza. Il leader
cristiano del futuro è uno che conosce intimamente il cuore di Dio, diventato
"cuore di carne" in Gesù. Conoscere il cuore di Dio significa annunciare e
rivelare in modo coerente, radicale e quantomai concreto che Dio è amore, e solo
amore, e che la paura, l'isolamento o la disperazione che possono tormentare
l'anima umana sono prove che certamente non vengono da Dio. Tutto questo può
sembrare molte evidente e forse banale, ma ben pochi sanno che Dio li ama senza
condizioni e senza limiti. Questo amore incondizionato e illimitato è quello che
l'evangelista Giovanni chiama il "primo" amore di Dio. "Amiamo Dio", egli dice,
"perché Dio ci ha amati per primo"(1 Gv 4,19). L'amore che spesso ci lascia
dubbiosi, delusi, arrabbiati e offesi è il "secondo" amore: e cioè accettazione,
affetto, simpatia, incoraggiamento e sostegno dei genitori, insegnanti, coniugi,
amici. E sappiamo tutti che è un amore quantomai, limitato, violato e fragile.
Sotto le numerose espressioni di questo secondo amore si nasconde sempre la
possibilità di rigetto, ritiro, castigo, ricatto, violenza e perfino odio. Molti
film e drammi contemporanei ritraggono le ambiguità e ambivalenze delle
relazioni umane, e non esistono amicizie, matrimoni, comunità in cui le tensioni
e gli sforzi del secondo amore non si rivelino in tutta la loro gravità. Si
direbbe anzi che gli aspetti piacevoli della vita di ogni giorno nascondano
molte ferite aperte che si chiamano abbandono, tradimento, rigetto, rottura,
perdita. Tutto questo è, per così dire, l'ombra inseparabile del secondo amore e
rivela l'oscurità che non abbandona mai completamente il cuore
umano. L'essenza della buona novella sta proprio qui: nell'annuncio che il
secondo amore è solo un pallido riflesso del primo amore, e che il primo amore
ci viene offerto da un Dio in cui non ci sono ombre.
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