Parlarsi online è facile e veloce, certo. Ma in assenza della voce e
delle espressioni del viso nascono spesso conflitti e litigi
Mi dai la tua email? Ci sentiamo per email... Poi, aperta la casella di posta
elettronica, siamo sommersi da messaggi. Ed è proprio vero che scrivendoci via
internet ci capiamo di più e riusciamo a cogliere bene il significato dei
messaggi che arrivano? Secondo uno studio appena pubblicato sul Journal of
personality and social psychology, condotto dagli psicologi americani Nicholas
Epley e Justin Kruger, quando mandiamo un messaggio di posta elettronica
sopravvalutiamo la nostra capacità di comunicare e anche la capacità dell'altro
di interpretare ciò che abbiamo scritto. Solo nel 50 per cento dei casi
l'intenzione del mittente, con il suo tono ironico o serio, viene compresa. Da
ciò gli equivoci, i malintesi, richieste di chiarimenti, scambio di email
infuocate, sino agli insulti: litigate online.
Come si innesca questo tipo di incomprensioni? Per capirlo gli studiosi
americani hanno preso 30 coppie di studenti universitari che dovevano comunicare
al loro partner via email informazioni sulla vita nel campus, utilizzando un
tono o serio o ironico. Sarebbe stato ben compreso il loro messaggio? Il 90 per
cento si è detto sicuro che il compagno avrebbe interpretato correttamente.
Invece, soltanto metà dei destinatari ha mostrato di capire ciò che il mittente
intendeva.
Più chiara ed efficace è risultata, in un altro esperimento, la comunicazione
vocale, rispetto a quella con email, perché colorita dall'intonazione della voce
o dall'espressione del viso. Tutta colpa del mezzo elettronico? «Non solo, è
anche l'egocentrismo tipico dell'essere umano che non ci permette di distaccarci
dal nostro punto di vista» affermano gli psicologi americani. «Vediamo gli altri
come se fossero parte di noi. E anche quando leggiamo, usiamo ugualmente come
metro il nostro io. Da qui i fraintendimenti e l'incomunicabilità».
Un problema, questo, già noto nella comunicazione online, tanto che si è
creato una sorta di galateo virtuale fatto di «emoticons»: faccine per
aggiungere elementi espressivi, oltre ai consigli di esperti di tenere conto
dell'altro che sta al di là dello schermo. «Tutto è utile» commenta Tonino
Cantelmi, psichiatra e professore di psicopatologia all'Università Gregoriana di
Roma.
«Ma il narcisismo è la cifra del mondo virtuale. Soli davanti al monitor, ci
specchiamo in noi stessi e si abbassa la nostra soglia del pudore. Anche nelle
email di lavoro, abbiamo visto in una nostra ricerca, ci sono contenuti emotivi
che nelle lettere sono assenti: piccole osservazioni, battute, frasi affettuose
o aggressive. E proprio questo dà luogo a equivoci». «Magari basterebbe leggere
ad alta voce ciò che si è scritto per capire se il messaggio è chiaro. E poi ci
sono tanti modi di comunicare» suggerisce Patrizia Castellani, docente di
psicologia sociale all'Università Cattolica di Milano. «A volte, nei conflitti
online basterebbe prendere il vecchio telefono e chiarire il tutto».