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De: Piero Gotta (Mensaje original) |
Enviado: 06/05/2010 17:37 |
Tahar Ben Jelloun: il mio Marocco
di Tahar Ben Jelloun
Dalla medina della sua Fez alle case coloniali di Rabat. Da Marrakech alle montagne di Ourika, senza dimenticare il Sahara. Lo scrittore racconta il suo Paese e invita a cercarne l'anima
La pubblicità dice che «il Marocco è un Paese che eleva lanima». Ed è vero, è una terra che fa sognare e invita al viaggio verso una spiritualità di cui sempre di più si avverte il bisogno. Non tutti i turisti sono alla ricerca di un progetto di questo tipo, non tutti i turisti rispondono a un invito del genere. Ma molti sono entusiasti di viaggiare in modo diverso, e soprattutto di cercare di comprendere un Paese non partendo dalle cartoline ma dalla vita quotidiana in tutte le sue complessità. è a questa categoria di visitatori che voglio rivolgermi, non nelle vesti di professore, e nemmeno di intenditore, ma in qualità di semplice figlio del Marocco, che si nutre della vita e dell´immaginario del suo popolo. Sono nato a Fez, città fondata nell´808 da un discendente del profeta Maometto, uno "cherif", vale a dire un signore e un santo. La città vecchia, la medina, è rimasta praticamente immutata dal Nono secolo a oggi. è un museo dove il tempo si è fermato e non è più ripartito. I muri e le strade mostrano segni di affaticamento, ma tengono duro. La medina minaccia di venire giù, ma regge meglio delle costruzioni moderne. Si dice che sia la benedizione del suo santo patrono, il mullah Idriss, la sua baraka, a dare a questa città forza, bellezza e dinamismo. Quando la si guarda da lontano sembra di stare di fronte a un plastico dove non si muove nulla, non vive nulla. è avvolta dal silenzio, un velo che i primi bagliori della notte depositano sui suoi tetti. Per me il Marocco è prima di ogni altra cosa questa straordinaria presenza del passato. Nella medina si può circolare solo a piedi, e ci sono vie talmente strette che non ci si può passare in due: "strada di uno solo", è così che vengono chiamate. E poi ci sono le meraviglie della civiltà islamica, come la prima università del mondo arabo-islamico, la Karaouine, costruita nell´862 da una ricca donna originaria della città tunisina di Kairouan. C´è anche la Medersa (madrassa) Bu ‘Inayna (1350), con il suo orologio che conta tredici grandi campane di bronzo poggiate su delle mensole, il mausoleo del mullah Idriss, i vari quartieri che portano ognuno il nome di una professione: i conciatori, gli artigiani del rame, i venditori di frutta secca, il Diwan con le sue kissaria (mercati di tessuti e gioielli), e Attarine, anch´essa una madrassa, e così via...
Ma Fez è anche una città sovrappopolata: la gente che ci abita viene per lo più dai dintorni, perché gli abitanti di Fez hanno dovuto abbandonare la loro città per andare a cercare fortuna a Casablanca o a Marrakech. La medina è mal conservata, perché tra l´uomo e la pietra lo Stato ha scelto l´uomo. Sono stati presentati diversi progetti per salvaguardare la bellezza e l´autenticità di questa città, ma per realizzarli bisognerebbe svuotare il quartiere dai suoi abitanti, cosa che le autorità si sono rifiutate di fare. Da Fez, vi consiglierei di fare una sessantina di chilometri per raggiungere la piccola città di Volubilis, dove si trovano ancora tracce del passaggio dei Romani, un campo di rovine su una collina di circa 400 metri di altitudine. Accanto, il santuario e la zawia (mausoleo) del mullah Idriss Zarhun, il santo più venerato del Marocco: è una meravigliosa piccola località sulle alture intorno a Meknes.
Da lì, proseguite verso Rabat, la capitale, la città dove l´architettura coloniale è di qualità. Andate ai giardini degli Oudaya, poi a Chellah, e passate anche per la Torre Hassan.
Potete anche non fermarvi a Casablanca, la capitale economica del Paese, una città moderna senza fascino e senz´anima, a meno di non smarrivi in certi quartieri popolari che hanno cercato di ricostituire la medina di Fez. Piuttosto puntate direttamente su Marrakech, capitale del Sud, città rosso-ocra, porta del deserto e soprattutto immenso cantiere turistico invaso da europei che investono con grandi mezzi e una mentalità poco simpatica. Marrakech è il luogo dei sette santi, tutti guardiani dell´anima della città e rappresentanti della ricerca della spiritualità. Rimarrete abbagliati dalla qualità e dalla varietà della luce. L´orizzonte è disegnato su montagne spesso innevate. Lo spazio si sposa con il tempo in uno spirito di generosità e noncuranza che ben si addice ai visitatori alla ricerca di esotismo. C´è la piazza Jama´a el-Fna, luogo classificato dall´Unesco patrimonio dell´umanità grazie agli sforzi del grande scrittore spagnolo che vive a Marrakech, Juan Goytisolo. è una corte dei miracoli che fu immortalata da Alfred Hitchcock in L´uomo che sapeva troppo, e che è stata descritta dal premio Nobel per la letteratura Elias Canetti in Le voci di Marrakech. Lasciatevi andare, guardate, respirate i molteplici profumi, gli odori di cucina, ascoltate le musiche popolari, i canti delle montagne...
Da Marrakech recatevi, a un´ora di macchina, verso l´Ourika, che di inverno è una stazione sciistica. Appena usciti dal perimetro urbano vi ritroverete nel più grande palmeto del Maghreb. E da lì entrerete in un altro mondo, un universo che o incanta o inquieta. Vi restano altri posti da vedere per prepararvi all´ingresso nel deserto: la città di Ouarzazate, dove i grandi studi cinematografici ambientano grosse produzioni mondiali, poi Zagora, con una casbah, una sorta di labirinto che vigila sulla città. Continuerete il vostro itinerario fino a M´Hamid, che è la vera porta del deserto, passando per la valle del Dadès, piccola oasi rilucente di luce e vegetazione, soprattutto in primavera.
Il deserto non dà preavviso, spunta fuori al termine di una strada, al termine di una pista. Si passa da un paesaggio cittadino a un´infinità di dune che giocano con la luce del sole. Succede molto in fretta. Ma il Sahara non si visita come una medina: si vive, non si concede, bisogna lasciarsi prendere dal suo mistero, dai suoi segreti, e immaginare il sogno dietro le dune di sabbia, che a volte si muovono e a volte rimangono immobili. Il deserto è un´idea, un modo per spogliarsi di tutto e osare guardarsi in faccia; è uno specchio che bisogna prendere sul serio. Il Marocco ha un deserto vivo, splendido, poco distante dalle città o dalle strade. Bisogna passarci qualche giorno e imparare ad ascoltare i suoi silenzi, a guardare le stelle e a dimenticare la città o il Paese da cui si proviene. Il deserto odora di esorcismo, un modo piacevole di fare una psicoterapia senza passare per la sala d´aspetto dello psichiatra, senza stendersi sul divano dello psicanalista. Per chi ha voglia di prendersi una pausa dal tran tran quotidiano delle città europee, un piccolo soggiorno nel Sahara può essere di nutrimento, di aiuto, può dare nuove energie. Dormire sotto la tenda, lavarsi sotto docce improvvisate, mangiare cose semplici, camminare senza meta, sono tutte cose perfette per l´uomo occidentale che vive preda dello stress, dei vincoli, degli obblighi sociali, familiari, politici.
Il Marocco ha un´anima, è vero. E unanima esige tempo, disponibilità e generosità.
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Da tempo medito di andare in Marocco con il camper, ma è un viaggio lungo ed in questo momento , con la situazione di casa mia, è impossibile programmarlo, Speriamo di riuscirci presto
Un bacio
luisa
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