La morte di un essere umano assomiglia alla fase finale della metamorfosi del baco da seta, quando la larva, trasformata in farfalla, esce dal bozzolo e se ne vola via…
Dunque, quella che il baco chiama "morte" il resto del mondo chiama "farfalla".
Per apprezzare la differenza, proviamo a metterci nei panni del baco. Per lui, morire significa trasferirsi da una dimora piccola e brutta (il bozzolo) ad un’altra molto più grande e più bella. Pensate ai colori dei fiori, al verde dei prati e alla luce che la farfalla (in cui il baco si è trasformato) vedrà uscendo dalla "prigione" in cui si trovava prima. Ebbene, qualcosa di analogo succederà anche a noi.
Saperne di più aiuta perciò ad affrontarla meglio e, soprattutto, a non averne paura.
La morte, infatti, ci spaventa perché la identifichiamo erroneamente con l’agonia.
A differenza di quest’ultima, non è foriera di sofferenze fisiche, ma di emozioni.
Forse, le parole del poeta William Blake (1757-1827) possono suonare più incoraggianti ed efficaci di tante elucubrazioni scientifiche e filosofiche…
Sono in piedi sulla riva del mare,
un veliero passa nella brezza del mattino e va verso l’oceano.
È bello, è la vita.
Lo sto a guardare finché scompare all’orizzonte.
Qualcuno accanto a me dice: «È partito!».
Partito? Ma in quale direzione?
Partito dal mio sguardo, ecco tutto…
Il suo albero maestro è ancora alto,
il suo scafo ha ancora la forza di portare il suo carico umano.
La sua scomparsa totale dalla mia vista è in me, non in lui.
E proprio nel momento in cui qualcuno accanto a me dice:
«È partito!»,
ci sono altri che, vedendolo spuntare all’orizzonte
e venire verso di loro,
esclamano con gioia:
«Eccolo!»
Morire è questo.