Io sono una dittatrice, tengo in pugno le vita di miliardi di uomini. Racchiudo detro di me l’essenza dell’attimo che fugge, e, per un momento di anarchia abbellisco, rovino, copro di sciocchezza le vite degli esseri perfetti. Sono una grande invenzione, sono una grande rovina, sono tutto.
D’altro canto sono esattamente come chi mi utilizza, nasco, esisto, muoio. Non penso, non vorrei mai, ma forse, gli altri mi pensano così. Dita. Nella mia vita vedo solo quelle. Sono molte, sono varie, sono ad una ad una tutte diverse tra loro. Tengo nel pugno un pugno, scopro la vita dell’utente al suo tocco, l’utente dipende da me, senza di me non è nulla.
Come contro ogni dittatura, anche contro di me c’è una resistenza, una resistenza fallimentare, oserei: mi ha ideata un uomo che non mi utilizzerà mai. Mi utilizza un uomo schiavo, servo di un padrone che si serve di me.
Ma quando il fuoco arde, quando io muoio consunta su un marciapiede, sotto una scarpa, giù da un terrazzo, io lancio un monito: sono quello che sarete.
Sono una nullità suicida, proprio come voi fumatori.