Una vita solitaria ----------------------------- (Bruno Ferrero, La vita è
tutto ciò che abbiamo)
Figlio di una ragazza madre, era nato in un oscuro
villaggio. Crebbe in un altro villaggio, dove lavorò come falegname fino a
trent'anni. Poi, per tre anni, girò la sua terra predicando. Non scrisse mai
un libro. Non ottenne mai una carica pubblica. Non ebbe mai né una
famiglia né una casa. Non frequentò l'università. Non si allontanò più di
trecento chilometri da dov'era nato. Non fece nessuna di quelle cose che di
solito si associano al successo. Non aveva altre credenziali che se
stesso. Aveva solo trentatré anni quando l'opinione pubblica gli si rivoltò
contro. I suoi amici fuggirono. Fu venduto ai suoi nemici e subì un processo che
era una farsa. Fu inchiodato a una croce, in mezzo a due ladri. Mentre stava
morendo, i suoi carnefici si giocavano a dadi le sue vesti, che erano l'unica
proprietà che avesse in terra. Quando morì venne deposto in un sepolcro messo a
disposizione da un amico mosso a pietà. Due giorni dopo, quel sepolcro era
vuoto. Sono trascorsi venti secoli e oggi egli è la figura centrale nella
storia dell'umanità. Neppure gli eserciti che hanno marciato, le flotte che
sono salpate, i parlamenti che si sono riuniti, i re che hanno regnato, i
pensatori e gli scienziati messi tutti assieme, hanno cambiato la vita dell'uomo
sulla terra quanto quest'unica vita solitaria.
Al tempo della propaganda
antireligiosa, in Russia, un commissario del popolo aveva presentato
brillantemente le ragioni del successo definitivo della scienza. Si celebrava il
primo viaggio spaziale. Era il momento di gloria del primo cosmonauta, Gagarin.
Ritornato sulla terra, aveva affermato che aveva avuto un bel cercare in cielo:
Dio proprio non l'aveva visto. Il commissario tirò la conclusione proclamando la
sconfitta definitiva della religione. Il salone era gremito di gente. La
riunione era ormai alla fine. "Ci sono delle domande?". Dal fondo della
sala un vecchietto che aveva seguito il discorso con molta attenzione disse
sommessamente: "Christòs ànesti", "Cristo è risorto". Il suo vicino ripeté, un
po'più forte: "Christòs ànesti". Un altro si alzò e lo gridò; poi un altro e un
altro ancora. Infine tutti si alzarono gridando: "Christòs ànesti", "Cristo è
risorto". Il commissario si ritirò confuso e sconfitto.
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