di
Marco Marchetti
INTRODUZIONE
Fino a non molti anni fa quando gli astronomi descrivevano
l'universo un cui viviamo i dubbi erano pochi: l'universo in cui viviamo era
tutto l'universo.
Oggi invece si sta diffondendo sempre di più la convinzione
che il nostro universo non sia l'unico presente in natura; esisterebbe, infatti,
una molteplicità di universi di cui il nostro sarebbe solamente un
rappresentante.
Le ragioni che inducono a formulare una tale ipotesi saranno
l'argomento di questa monografia.
STRUTTURA ATTUALE DEL NOSTRO UNIVERSO
Il superbo e suggestivo spettacolo che il cielo offre in una
notte limpida, serena, senza Luna e soprattutto senza luci artificiali è
solamente una piccolissima finestra che dà sull'universo.
Infatti il Sole, e con lui tutto il sistema solare, si trova
all'interno di un enorme agglomerato di stelle, polveri e gas che si chiama
galassia. La galassia ha una forma vagamente lenticolare con un diametro che si
aggira attorno ai 100.000 anni luce e contiene dai 100 ai 200 miliardi di
stelle.
Inoltre la galassia in cui ci troviamo è solamente una fra le
tante che popolano il cosmo; i più potenti telescopi ci mostrano galassie e
quasar (nota 1) che distano dalla Terra oltre dieci miliardi di anni luce. Questo vuol
dire che la luce che oggi ci consente di osservare questi lontanissimi oggetti è
partita più di dieci miliardi di anni fa.
Il numero di galassie attualmente conosciute si aggira intorno
ai dieci miliardi; tenendo conto che ognuna di loro può contenere centinaia di
miliardi di stelle capiamo subito che le seimila stelle visibili ad occhio nudo
dalla Terra sono ben poca cosa di fronte all'immensità del cosmo.
Riassumendo il nostro universo può essere considerato come un
insieme di galassie, separate da immensi spazi vuoti, ognuna delle quali, come
una gigantesca città, è illuminata dalla luce di miliardi di stelle.
IL BIG BANG E L'INFLAZIONE
L'origine del nostro universo può essere fatta risalire a circa
15 miliardi di anni fa (miliardo più, miliardo meno); in quel tempo tutta la
materia e l'energia presenti oggi erano concentrate in un volume di spazio molto
piccolo, praticamente puntiforme, con temperature e densità
altissime.
Ad un certo punto questo piccolissimo volume di spazio ha
cominciato ad espandersi molto velocemente, come sottoposto ad una specie di
esplosione.
Man mano che l'espansione procedeva lo spazio si dilatava sempre
di più e di conseguenza la temperatura e la densità diminuivano costantemente;
cominciarono così a formarsi le prime particelle, poi queste particelle
contribuirono a formare gli atomi i quali si condensarono in gigantesche nubi da
cui si formarono le galassie e gli ammassi di galassie fino ad arrivare
all'universo attuale.
Questa teoria, che descrive la nascita e lo sviluppo
dell'universo in cui viviamo, è nota con il nome di “teoria del Big Bang”
(nota 2).
Un aspetto molto importante della teoria è che il Big Bang non
fu un evento che si verificò in qualche punto dello spazio durante una certa
epoca; tutt'altro: anche lo spazio e il tempo nacquero con il Big Bang. Di
conseguenza domande come «dove avvenne il Big Bang?» oppure come
«che cosa c'era prima del Big Bang?» sono completamente prive di
significato. L'unica risposta che si potrebbe dare alla prima domanda è che il
Big Bang è avvenuto dappertutto mentre una risposta alla seconda praticamente
non esiste; sarebbe un po’ come chiedersi che cosa c'è a nord del Polo
Nord.
La teoria del Big Bang è al giorno d'oggi accettata dalla
stragrande maggioranza degli astronomi ed ha ricevuto diverse conferme
sperimentali.
Le tappe che hanno portato verso il successo la teoria del Big
Bang sono ormai pietre miliari lungo il cammino che l'astronomia ha percorso
fino ai giorni nostri e sono fondamentalmente due.
La prima si colloca negli anni che vanno dal 1925 al 1930. In
quegli anni Edwin P. Hubble, un astronomo americano che sarebbe diventato molto
famoso e in onore del quale è stato battezzato il telescopio spaziale (Hubble
Space Telescope), completando uno studio sulle cinquanta galassie più vicine
alla Terra fece una scoperta che di lì a poco si sarebbe rivelata come una delle
più importanti del secolo. Hubble scoprì che, a parte qualche rara eccezione,
tutte le galassie possedevano un moto di allontanamento dalla Terra; inoltre più
la galassia è lontana e più alta è la sua velocità di fuga.
Questo curioso fenomeno venne quasi subito correttamente
interpretato come la prova sperimentale che il nostro universo è in espansione.
Per capire bene questo discorso ricorriamo all'ormai classico esempio del
palloncino.
Si supponga che il nostro universo sia la superficie di un
palloncino e che le galassie siano dei punti neri posizionati sulla superficie
dello stesso. Ad un certo punto, senza dirci niente, qualcuno comincia a
soffiare dentro al palloncino il quale si gonfia, cioè si espande. Ora il
singolo punto nero, cioè la singola galassia, non si accorge che lo spazio gli
si sta gonfiando sotto i piedi; se ne accorge quando va ad osservare gli altri
punti, cioè le altre galassie, ognuno dei quali sembra allontanarsi con velocità
proporzionali alla distanza. L'espansione dell'universo è ciò che resta del Big
Bang, cioè della grande esplosione iniziale.
La seconda grande scoperta di cui si accennava in precedenza
avvenne nell'inverno fra il 1964 e il 1965; in quel periodo Arno Penzias e
Robert Wilson, due tecnici radio americani che lavoravano per i Bell Telephone
Laboratories, scoprirono casualmente un fondo di radiazione, localizzato nel
campo delle microonde, diffuso in tutto l'universo. La radiazione, perfettamente
isotropa (o quasi, come vedremo in seguito), sembrava provenire in egual misura
da ogni direzione del cielo.
Questa radiazione, denominata “radiazione cosmica di fondo” e la
cui esistenza era già stata prevista da molto tempo, altro non è che la prima
radiazione fuoriuscita da un universo ancora giovanissimo che è stata
enormemente “stirata” dall'espansione dello spazio.
Infatti durante le epoche immediatamente successive al Big Bang
la radiazione (e la luce in particolare) non era libera di propagarsi nello
spazio poiché veniva continuamente emessa ed assorbita dal denso miscuglio di
particelle ed energia che a quei tempi formava l'universo (in gergo tecnico si
dice che l'universo era “opaco” alla radiazione). Dopo circa 300.000 anni a
partire dal Big Bang la temperatura dell'universo discese fino ad arrivare a
circa 4.000 gradi; di conseguenza le particelle, che fino a quel momento avevano
vagato libere, cominciarono ad aggregarsi per formare gli atomi e finalmente la
radiazione fu libera di propagarsi (in gergo tecnico si dice che l'universo
divenne “trasparente” alla radiazione).
La radiazione cosmica di fondo rappresenta proprio questa prima
radiazione dell'universo primordiale; ovviamente, come già accennato in
precedenza, più di dieci miliardi di anni di espansione dello spazio l'hanno
enormemente stirata e raffreddata al punto che noi oggi la osserviamo nel campo
delle microonde con una temperatura di 270 gradi sotto zero, quindi molto vicina
allo zero assoluto (273 gradi sotto zero).
Di conseguenza la radiazione cosmica di fondo ci mostra com'era
l'universo in questa primissima fase della sua storia, cioè 300.000 anni dopo il
Big Bang. Grazie a questa scoperta Penzias e Wilson nel 1978 vinsero il premio
Nobel.
Questa è la cosiddetta “teoria classica del Big Bang”; questa
versione della teoria presenta, però, diverse difficoltà. Ne citiamo una, quella
che gli addetti ai lavori chiamano “problema dell'orizzonte”.
Attualmente l'universo è fortemente isotropo (cioè presenta le
stesse caratteristiche in qualunque direzione lo si osservi); di conseguenza non
si capisce come regioni che sono lontanissime fra loro, e che non possono essere
mai state a contatto poiché la loro distanza è sempre stata più grande di quella
che la luce riuscirebbe a percorrere, abbiano le stesse
caratteristiche.
Le difficoltà legate al problema dell'orizzonte (e ad alcuni
altri) possono essere superate se si suppone che durante i primissimi istanti
dopo il Big Bang l'universo abbia attraversato un piccolo periodo di tempo in
cui l'espansione anziché essere rallentata dalla gravità fu enormemente
accelerata come se fosse stata presente per un attimo una potentissima
antigravità (periodo dell'inflazione). In questo brevissimo intervallo di tempo
l'universo aumentò in maniera smisurata le proprie dimensioni (nota 3); alla fine
del periodo inflattivo l'espansione dell'universo avrebbe ripreso il suo corso
come previsto dalla teoria classica.
La teoria dell'inflazione è oggi generalmente accettata ed ha
ricevuto una brillante conferma durante la scorsa primavera.
Infatti un ulteriore problema, rimasto irrisolto fino ad una
decina di anni fa riguarda la formazione delle galassie; abbiamo visto come la
radiazione cosmica di fondo sembra provenire in egual misura da ogni parte del
cielo e quindi ci mostra un universo primordiale perfettamente omogeneo. Oggi,
però, l'universo è tutt'altro che omogeneo (almeno localmente) poiché abbiamo
galassie ed ammassi di galassie separati da immensi spazi vuoti e quindi non è
chiaro come sia potuta avvenire la formazione delle galassie. Di conseguenza gli
astronomi si erano convinti che la radiazione cosmica di fondo avrebbe dovuto
per forza presentare delle irregolarità, corrispondenti a zone dell’universo più
dense e zone meno dense, che si sarebbero in futuro trasformate in galassie (e
ammassi di galassie) e in spazi vuoti.
Le prime tracce di queste irregolarità (quelle che in seguito
sarebbero state chiamate “increspature dello spazio-tempo”), furono scoperte nel
1992 dal satellite COBE (COsmic Background Explorer). A distanza di otto anni da
questa straordinaria
scoperta, durante la scorsa primavera, per mezzo di un
pallone sonda che trasportava a bordo sofisticati strumenti (progetto Boomerang)
è stata ottenuta una mappa della radiazione cosmica di fondo molto dettagliata
che copre 1.800 gradi quadrati di cielo. In questa mappa le increspature dello
spazio-tempo sono evidentissime e le loro dimensioni sembrano essere quelle
previste dalla teoria del Big Bang completata dalla teoria dell'inflazione
(nota 4).
LA VITA
Quattro miliardi di anni fa è accaduto un altro fatto
straordinario. Sul terzo pianeta in orbita attorno ad una comunissima stella di
colore giallo che a sua volta orbita attorno al centro di una comunissima
galassia a spirale è nata la vita; il pianeta in questione è ovviamente la
nostra Terra. Forse esistono altre forme di vita, forse siamo soli nell'universo
(nota 5)
ma un fatto è certo: noi ci siamo e siamo coscienti di esserci.
La vita apparve molto presto nella storia del nostro pianeta:
appena seicento milioni di anni dopo la sua formazione. Le prime forme di vita
apparvero nei mari e negli oceani sotto forma di esseri microscopici molto
primitivi; la vita rimase in queste forme per più di tre miliardi di anni fino
alla comparsa dei primi esseri complessi (spugne e meduse) avvenuta circa 700
milioni di anni fa. Circa 380 milioni di anni fa vi fu la conquista della
terraferma (un evento che per importanza può essere paragonato alla conquista
della Luna) dopo di ché vi fu letteralmente un'esplosione di forme di vita
animali e vegetali. Circa 220 milioni di anni fa cominciò l'era dei grandi
rettili (i famosi dinosauri) che dominarono il pianeta fino alla loro improvvisa
e quasi totale scomparsa avvenuta 65 milioni di anni fa. Dopo i rettili il
pianeta passò sotto il controllo dei mammiferi in mezzo ai quali spicca la
figura dell'Uomo, sicuramente l'elemento più rappresentativo.
Da questa brevissima panoramica della storia della vita sulla
Terra emerge chiarissimo un fatto: la vita sul nostro pianeta ha avuto bisogno
un tempo lunghissimo per potersi sviluppare ed evolvere (si pensi ancora ai tre
miliardi di anni in cui la vita è rimasta sotto forma di esseri microscopici
confinati nei mari e negli oceani). Durante questo lunghissimo arco di tempo la
vita ha potuto svilupparsi grazie all'esistenza di un insieme di condizioni
molto particolari: l'esistenza di un pianeta, la Terra, che giace su un'orbita
relativamente stabile alla distanza giusta (non troppo vicino né troppo lontano)
da una stella, il Sole, dotata di una emissione di energia stabile e soprattutto
dotata di una lunghissima vita (10 miliardi di anni).
Pianeti orbitanti attorno a stelle più luminose e massicce del
Sole, come le giganti e supergiganti azzurre, oppure orbitanti attorno a stelle
meno luminose e massicce del Sole, come le nane rosse, sarebbero del tutto
inadatti ad ospitare forme di vita analoghe alla nostra; infatti nel primo caso
abbiamo a che fare con stelle dalla vita troppo breve (meno di un miliardo di
anni) mentre nel secondo caso abbiamo a che fare con stelle fredde e troppo poco
luminose. Questo insieme di condizioni estremamente favorevoli è già abbastanza
strano ma se andassimo a curiosare fra le leggi della fisica ci accorgeremmo
dell'esistenza di coincidenze ancora più impressionanti e
straordinarie.
Infatti l'universo in cui viviamo sembra progettato su misura
per consentire la nascita e lo sviluppo di forme di vita; in altre parole se le
leggi della fisica fossero anche solo leggermente diverse da quelle che sono
avremmo a che fare con universo del tutto diverso e inadatto ad ospitare forme
di vita.
COINCIDENZE COSMICHE
Esaminiamo allora alcune di queste curiosissime e straordinarie
coincidenze. Il contenuto di questo capitolo è, per forza di cose, abbastanza
tecnico; il lettore che incontrasse qualche difficoltà nella comprensione delle
righe che seguono non si spaventi e ricominci pure la lettura a partire dal
prossimo capitolo “Varietà di Universi”.
STRUTTURA DELL'ATOMO:
l'atomo, che è la parte più piccola in cui noi riusciamo a suddividere la
materia senza che la stessa perda la propria identità, è composto da un
piccolissimo nucleo centrale attorno al quale ruotano alcuni corpuscoli (una
specie di piccolo sistema solare).
Nel nucleo trovano posto due tipi di particelle: i protoni,
dotati di carica elettrica positiva, e i neutroni, sprovvisti di carica
elettrica cioè neutri; i corpuscoli esterni sono gli elettroni, dotati di carica
elettrica negativa. In condizioni ordinarie il numero di elettroni uguaglia il
numero di protoni cosicché l'atomo è elettricamente neutro. Il numero di protoni
presenti nel nucleo è la caratteristica che distingue un elemento da un altro;
così, per esempio, abbiamo che l'idrogeno, l'elemento più leggero e diffuso
dell'universo, ha un nucleo composto da un solo protone, il carbonio ha un
nucleo composto da 6 protoni e 6 neutroni e l'uranio, l'elemento più pesante
presente in natura, ha un nucleo composto da 92 protoni e 146
neutroni.
Da questa semplicissima descrizione dell'atomo emerge
immediatamente un grosso problema: com'è possibile che il nucleo di un atomo
rimanga stabile visto che può contenere fino a diverse decine di protoni e tutti
sappiamo che le cariche elettriche dello stesso segno tendono a
respingersi?
I nuclei degli atomi dovrebbero disgregarsi in pochi
istanti!
In realtà la coesione dei nuclei degli atomi è garantita dalla
presenza di una forza attrattiva estremamente potente che ha un raggio d'azione
molto breve (10-15 m) e che quindi agisce solo su scale
sub-nucleari. Questa forza, denominata “interazione nucleare forte”, agisce sui
protoni e neutroni come una potentissima colla sovrastando le forze di
repulsione elettriche.
Ora se l'interazione nucleare forte fosse un po' meno intensa di
quello che è l'unico elemento presente in natura sarebbe l'idrogeno mentre
invece se fosse un po' più intensa i protoni si incollerebbero assieme con tanta
facilità che l'idrogeno non potrebbe esistere. In ambedue i casi avremmo un
universo molto diverso da quello attuale.
IL CARBONIO E LA SUA FORMAZIONE: il carbonio è l'elemento su cui si basa la vita; forse esistono altre
forme di vita basate su altri elementi ma l'unica forma di vita che noi
conosciamo, cioè la nostra, si basa sul carbonio.
Il carbonio si forma all'interno delle stelle per fusione
nucleare a partire da altri elementi più leggeri. Infatti l'universo primordiale
era composto dal 75% di idrogeno e dal restante 25% di elio; questi due elementi
si formarono nei primissimi istanti dopo il Big Bang. Tutti gli altri elementi
più pesanti vennero creati a partire da questi due all'interno di antichissime
stelle.
Alcune di queste stelle esplosero come supernovae e,
disintegrandosi, scagliarono via la maggior parte del materiale che le componeva
arricchendo in questo modo lo spazio circostante con nuovi elementi che prima
non esistevano; a partire da questo materiale arricchito si formarono in seguito
stelle di seconda generazione, come il Sole, e pianeti, come la
Terra.
è evidente che il processo di formazione di elementi pesanti a
spese di idrogeno ed elio all'interno delle stelle continua tuttora.
Il nucleo di carbonio ordinario (nota 6) è composto
da sei protoni e sei neutroni e si forma a partire dalla fusione di tre nuclei
di elio ognuno dei quali è composto da due protoni e due neutroni. La formazione
di carbonio avviene attraverso un passo intermedio: prima si forma un nucleo di
berillio a partire dalla fusione di due nuclei di elio e poi, attraverso la
cattura di un terzo nucleo di elio, si forma il carbonio.
Però a questo punto si presenta un grossissimo problema: il
berillio così formatosi è molto instabile e tende a decadere subito dopo la sua
formazione; di conseguenza la cattura del terzo nucleo di elio deve essere una
reazione molto efficiente, deve cioè avere una elevatissima probabilità di
avvenire.
Ciò è possibile poiché il nucleo di carbonio, per una
fortunatissima coincidenza, possiede una caratteristica (che gli addetti ai
lavori chiamano “risonanza” (nota
7)) che fa sì che la cattura del terzo nucleo di elio
sia una reazione estremamente efficiente. Se le caratteristiche del nucleo di
carbonio fossero solo leggermente diverse da quelle che sono non ci sarebbe
risonanza e il carbonio sarebbe un elemento assai raro.
E questo non è tutto!.
Una volta formatosi il carbonio deve evitare il più possibile la
cattura di un quarto nucleo di elio che lo porterebbe a trasformarsi in
ossigeno. Per fortuna questo tipo di reazione è poco efficiente poiché il nucleo
di ossigeno non ha una risonanza analoga a quella del carbonio. Anche in questo
caso se l'ossigeno fosse solo leggermente diverso da quello che è potrebbe
esistere una tale risonanza e il carbonio verrebbe trasformato in ossigeno con
la stessa velocità con cui viene prodotto.
PROPRIETà DEI NEUTRINI: i
neutrini sono particelle dalle caratteristiche molto particolari che
interagiscono molto poco con la materia. La loro esistenza venne proposta per la
prima volta negli anni attorno al 1930 da Enrico Fermi e Wolfang Pauli per
cercare di spiegare alcuni tipi di reazioni nucleari (nota 8) ma vennero
effettivamente scoperti solo nel 1954 quando si ebbero a disposizione fasci di
neutrini molto intensi generati all'interno dei primi reattori
nucleari.
Sembra ormai appurato che i neutrini sono i responsabili delle
esplosioni delle supernovae. Infatti durante le fasi che precedono l'esplosione
il nucleo della stella ormai morente collassa per effetto della gravità; durante
il collasso viene generata una quantità mostruosamente grande di neutrini. è
proprio l'energia trasportata da questi neutrini che innesca
l'esplosione.
Ora se i neutrini interagissero con la materia più debolmente di
quanto fanno riuscirebbero tutti quanti a fuoriuscire dalla stella mentre invece
se interagissero più fortemente rimarrebbero intrappolati nel nucleo della
stella. In ambedue i casi le esplosioni non potrebbero avvenire e noi abbiamo
visto in precedenza, quando abbiamo parlato del carbonio, quanto sono importanti
le supernovae poiché costituiscono il solo meccanismo di riciclo dei nuovi
materiali i quali, altrimenti, rimarrebbero per sempre intrappolati all'interno
delle stelle.
LA GRAVITA`: delle quattro
forze fondamentali presenti in natura (nota 9) la gravità è quella meno intensa però,
su scala cosmica, è quella che comanda.
Se la gravità fosse più intensa di quello che è avrebbe già
fermato e invertito l'espansione dell'universo facendolo collassare di nuovo in
uno stato caldo e denso: una specie di Big Bang proiettato a rovescio (Big
Crunch). Viceversa se la gravità fosse meno intensa sarebbe impossibile la
formazione delle galassie e delle stelle.
Per ora ci fermiamo qui per non rischiare di annoiare il lettore
però, volendo, si potrebbe continuare.
VARIETà DI UNIVERSI
Da quanto detto in precedenza sembra proprio che l'universo sia
stato accuratamente predisposto e calibrato per far sì che potesse ospitare
forme di vita.
Per dirla con le parole di Freeman Dyson, un eminente cosmologo,
«l'Universo sapeva che saremmo venuti».
Gli uomini di fede potrebbero vedere in questo stato di cose la
prova inconfutabile della presenza di un Creatore e questa è, ovviamente, una
posizione più che rispettabile. Gli uomini di scienza, invece, cercano
spiegazioni naturali senza ricorrere al soprannaturale (almeno finché è
possibile).
Alcuni scienziati ritengono che questo insieme di coincidenze
sia frutto del caso: dopo tutto le leggi fisiche una qualche forma debbono pure
averla! Anche questa posizione è rispettabilissima però lascia spazio a qualche
dubbio poiché la forma che hanno assunto le leggi fisiche è molto particolare
(troppo particolare direbbe qualcuno) per potere essere attribuita al caso con
troppa disinvoltura.
Facciamo un esempio: supponiamo di entrare in una stanza s di
trovare su un tavolo un mazzo di 40 carte da gioco accuratamente ordinate (prima
le coppe dall'asso al re, poi le denare dall'asso al re, poi le spade dall'asso
al re ed infine le bastone anch'esse dall'asso al re). A questo punto sarebbe un
po' difficile pensare che una configurazione simile sia frutto di una mescolata
casuale; è molto più probabile che le carte siano state ordinate
intenzionalmente. Si badi bene che il calcolo delle probabilità non esclude che
una configurazione ordinata possa emergere da una mescolata casuale ma la
probabilità che ciò avvenga è talmente bassa da essere trascurabile; infatti le
configurazioni “disordinate” sono estremamente più numerose di quelle
ordinate.
Per cercare di risolvere il problema delle coincidenze cosmiche
senza ricorrere al caso oppure all'intervento divino alcuni cosmologi hanno
proposto una teoria affascinante.
Secondo questi scienziati l'universo in cui viviamo non sarebbe
l'unico esistente in natura ma solamente uno fra i tanti; esisterebbe quindi una
moltitudine di universi (qualcuno dice una infinità) ognuno dei quali con le sue
leggi fisiche che potrebbero essere anche diversissime dalle nostre.
Per esempio potrebbero esistere universi dominati da una gravità
fortissima popolati solo da buchi neri oppure da una gravità debolissima
composti solamente da una tenue foschia di idrogeno; è ovvio che qui la fantasia
può trovare libero sfogo e immaginare possibili universi a volontà.
Se questa ipotesi è giusta non avremmo più motivo di stupirci se
ci troviamo in un universo così particolare; infatti avendo a che fare con una
moltitudine di universi la probabilità di trovarne uno con caratteristiche così
peculiari diventa molto più alta.
Facciamo un altro esempio. Se entrassimo in un negozio di
abbigliamento non ci stupiremmo se in mezzo a centinaia di vestiti trovassimo
quello che ci calza a pennello; avremmo motivo di stupore se il negozio anziché
centinaia di vestiti ne avesse uno solo.
Inoltre secondo la teoria dei molti-universi ogni universo
avrebbe la capacità di generare universi figli ognuno dei quali rimarrebbe
collegato all'universo madre attraverso un canale di collegamento (una specie di
cordone ombelicale) il quale, dopo un certo tempo, sarebbe destinato a spezzarsi
e l'universo figlio, ormai separato dall'universo madre, comincerebbe ad
evolversi per conto proprio. Dal punto di vista dell'universo madre l'imbocco
del canale di collegamento sarebbe un buco nero.
Questa eventualità potrebbe rappresentare l'unica via di
salvezza per gli esseri che si troveranno a vivere nel nostro universo in un
lontanissimo futuro. Infatti le teorie e osservazioni attuali sembrano indicare
che l'espansione dell'universo continuerà per sempre; di conseguenza quando
tutte le risorse energetiche saranno esaurite il nostro universo diventerà
inabitabile. Avere a disposizione altri universi e la possibilità di accedervi
potrebbe costituire l'ultima via di fuga. Partendo dall'idea che i buchi neri
siano una specie di ingresso verso altri universi il fisico Lee Smolin ha
proposto l'esistenza di una specie di evoluzione di tipo darwiniano fra i vari
universi: analogamente a quello che succede in natura dove hanno successo le
specie viventi che meglio si adattano all'ambiente e meglio si riproducono,
secondo Smolin gli universi che avrebbero maggior successo sono quelli in cui è
massima la generazione di buchi neri.
Questa ipotesi si potrebbe forse verificare: infatti se il
nostro universo fosse il risultato di una tale selezione allora dovrebbe
generare una grande quantità di buchi neri; basterebbe allora verificare,
ovviamente sulla carta, se questa generazione di buchi neri viene meno
modificando leggermente le leggi della fisica. Un'altra teoria molto
affascinante è stata formulata dal fisico russo Andrei Linde. Secondo Linde il
nostro universo sarebbe solamente una minuscola regione di una struttura molto
più vasta denominata “multiverso”; nel multiverso avverrebbero, in maniera
caotica, continui Big Bang con relative inflazioni e generazioni di nuovi
universi.
Le teorie di cui abbiamo parlato fino ad ora sono solo
congetture teoriche che sono state ricavate esplorando alcune possibilità
offerte dalle moderne teorie sulle particelle elementari con l'aiuto di
simulazioni al computer; purtroppo mancano le conferme o smentite (che sono
altrettanto importanti) sperimentali; però la cosmologia è una scienza ancora
molto giovane e c'è ancora molta strada da percorrere.
è comunque affascinante il fatto che problematiche come la
nascita e lo sviluppo del nostro e di eventuali altri universi costituiscano il
punto di incontro di due discipline a prima vista diversissime fra loro come la
cosmologia, che studia il mondo dell'infinitamente grande, e la fisica delle
particelle elementari, che studia il mondo dell'infinitamente
piccolo.
EPILOGO: IL TRIONFO DI COPERNICO
Fin dall'antichità l'Uomo ha sempre creduto di essere al centro
dell'universo.
Aristotele aveva posto la Terra al centro del sistema solare
(che allora era tutto l'universo); questa teoria dominò la scena astronomica per
2000 anni fino a quando venne scardinata dalle osservazioni e dalle brillanti
intuizioni di un grande astronomo polacco: Niccolò Copernico. Copernico pose il
Sole al centro del sistema solare e relegò la Terra al rango di semplice pianeta
insieme agli altri cinque allora conosciuti.
Passarono i secoli e l'astronomia fece passi da gigante. Gli
astronomi si accorsero che il Sole altro non era che una comunissima stella che,
insieme a miliardi di altre, si trovava all'interno di un agglomerato che venne
chiamato galassia; allora credettero che la nostra galassia fosse l'unica
esistente e che rappresentasse tutto l'universo fino a quando vennero scoperte
centinaia, migliaia, milioni e poi miliardi di altre galassie.
Intorno al 1930 Hubble scoprì l'espansione dell'universo ma
ancora una volta l'Uomo, dimentico delle severe lezioni del passato, aveva
creduto per un attimo di occupare una posizione privilegiata nel cosmo: come
pensarla diversamente alla vista di tutte quelle galassie in fuga dalla
nostra?
Oggi l'Uomo sta forse ricadendo nella vecchia tentazione. Noi
non sappiamo se l'universo in cui viviamo sia unico, se faccia parte di una
struttura più complessa (il Multiverso) oppure se è solamente uno fra i molti
altri esistenti però gli indizi a favore dell'esistenza di una moltitudine di
universi ci sono e non sono indizi da poco anche se non sono ancora prove
schiaccianti.
Probabilmente passeranno ancora molti anni ma se un giorno la
teoria dei molti-universi dovesse trovare conferma, oltre alle innumerevoli
ricadute scientifiche e tecnologiche, avremmo anche l'ultimo grande trionfo di
Copernico.