Per chi avesse l'ardire di leggermi.
Già il titolo di questo mio post potrebbe testimoniare (anche se non ce ne sarebbe proprio bisogno) la mia presunzione sposata all’arroganza.
Confesso, però, di provare non poco fastidio – che, forse, scorra in me un po’ di sangue del teologo frate agostiniano Martin Lutero? – quando, entrando in una chiesa magari come turista, noto tutti quei lumini (anche elettrici, ma pur sempre a pagamento) accesi davanti a statue o immagini di santi, per non parlare, poi, della Madonna.
Il fastidio non deriva dalla devozione dei fedeli, ma dalla conferma di quanto poco i ministri della Chiesa (che meglio farebbero a definirsi servitori della comunità e non solo della comunità dei credenti) abbiano fatto e facciano per chiarire le idee ai credenti proprio riguardo ai santi.
Non hanno proprio torto, o torto del tutto, gli altri cristiani (ortodossi e protestanti) quando accusano i cattolici di essere idolatri!
Quando un credente partecipa alla messa, viene il momento nel quale recita il Credo che è un po’ il “bignami” della dottrina cattolica.
Io credo in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra; e in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore, il quale fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto; discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte; salì al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente; di là verrà a giudicare i vivi e i morti.
Credo nello Spirito Santo, la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi, la remissione dei peccati, la risurrezione della carne, la vita eterna. Amen.
Ecco: credo nella comunione dei santi. Per comprendere a fondo quello che stanno recitando, i fedeli avrebbero il diritto che qualcuno, magari dal pulpito che s’usava una volta, spiegasse loro che santi sono tutti coloro che per la vita condotta su questa terra godono o godranno il Paradiso (comunque lo si intenda o lo si concepisca). Aggiungo anche che in Paradiso ci sono pure coloro che non hanno mai conosciuto Gesù, ma hanno seguito la legge morale (coscienza) che è in ciascuna persona, pur avendo adorato, se del caso, divinità diverse.
Una cosa mi preme anticipare subito: come conferma Paolo di Tarso, l'unico mediatore tra l'essere umano e Dio é soltanto suo figlio Gesù. Moltissimi cattolici hanno totalmente dimenticato questa "verità", come meglio spiegherò (cercherò di spiegare) nelle non poche (ma anche questa non è una novità) righe che seguiranno.
Un sassolino, però, lo voglio togliere subito dalla mia scarpa: fino a quando, nel 1966, papa Paolo VI non ordinò all'apposita Congregazione di "fare le pulci" a santi e beati, costoro erano oltre 9.900; subito scesero a 6.538 anche perché si scoprì che molti santi e beati non erano neppure mai esistiti (al pari di tanti miracoli mai avvenuti). Poi ci fu l'infornata di ben 276 nuovi santi da parte di Giovanni Paolo II, polacco fino al midollo delle ossa. Perché dico questo? Ma ve lo ricordate il capo del sindacato Solidarnośč e poi (1990-1995) presidente della Repubblica polacca, Lech Walesa, che guidava i cortei tenendo ben alto un crocefisso oppure l’immagine della Madonna? Ogni popolo vive una propria “religiosità”.
Per Giovanni Paolo II “la storia della Chiesa è una storia di santità”. E fin qui nulla da eccepire. Si tratta solo di verificare se con la parola “santità” ci si riferisca a tutti coloro che nella vita terrena si sono comportati e si comportano bene (come sosteneva Paolo) o se ci si riferisce soltanto a coloro che sono stati canonizzati.
Meriterebbe anche una riflessione – da parte di chi ne avesse interesse – il fatto che la cancellazione di taluni santi suscitò non poche proteste non solo fra i devoti, ma addirittura di sindaci e amministratori locali che videro svuotati d’ogni significato perfino nomi di paesi o di comuni.
Unultima annotazione: come tante volte ho scritto, nel corso dei secoli soprattutto, per la questione che sto trattando, tra i secoli XIII e XVII la Chiesa di Roma ne ha combinate di tutti i colori. E anche capitato che una persona, purché di nobili origini, venisse proclamata santa o beata solo perché ciò era richiesto da re o principi come suggello di unalleanza politica con lo Stato pontificio. Altri (tipico il caso di Giovanna dArco) vennero santificati solo perché la Chiesa sperava, in questo modo, di farsi perdonare per terribili errori compiuti, magari mandando sul rogo (ma pur sempre per ragioni di bassa politica) persone del tutto innocenti.
Tornando alla sostanza della questione, è importante ricordare che nei primi secoli i cristiani veneravano le tombe dei martiri. La stessa venerazione che oggi noi riserveremmo recandoci sulla tomba in un grande personaggio. Nulla di più.
Solo nel XIII secolo (papa Gregorio IX nel 1234) comincia a esserci un culto per alcune persone che sembrava si potessero portare a esempio per tutti gli esseri umani o almeno per i credenti, ma è con papa Alessandro VII (1599-1667) che la canonizzazione, ovvero la santificazione di una persona, assume “carattere dogmatico e definitivo con il quale il Papa prescrive il culto alla Chiesa universale”.
Fino ad allora, molti “santi” venivano venerati solo da chiese locali. A proposito, fu Sisto IV, nel 1483, a determinare una distinzione giuridica (avete letto bene) tra santo e beato. Insomma, un tocco di gerarchia non guastava anche tra i santi!
Leggendo gli Atti degli Apostoli ci si accorge prima di tutto che gli apostoli non facevano distinzione alcuna tra santi e non santi. Per loro, tutti i discepoli di Gesù erano indistintamente santi. Per esempio, Paolo e Timoteo, rivolgendosi ai seguaci di Gesù che abitavano a Filippi, città della Macedonia, scrivono: «Paolo e Timoteo, servi di Gesù, a tutti i santi in Cristo Gesù che sono a Filippi» (Lettera ai Filippesi 1:1).
Tutti i credenti in Gesù erano, dunque, santi per il fatto stesso di credere in Gesù.
Ma cosa significa santo? E’ il caso, anzitutto, di definire la parola con il suo significato biblico. Santo é la traduzione italiana del termine ebraico Qadosh, che denota qualcosa di separato, esclusivo o riservato a Dio; indica la condizione di chi vive o di ciò che è messo da parte per il servizio di Dio.
La Bibbia riferisce la parola santo a una serie di soggetti: luoghi (Esodo 3:5), il tempio (Secondo Libro delle Cronache 8:11), Gerusalemme (Geremia 4:17), il cortile dei sacerdoti (Ezechiele 42:14), offerte e sacrifici (Levitico 21:22), il bottino (Giosué 6:19), sacerdoti (Numeri 6:20), la nazione di Israele (Geremia 2:3), il sabato (Esodo 16:23), il giubileo (Levitico 25:12), Dio e ciò che gli appartiene (Amos 2:7), tutti i fedeli credenti (Prima Lettera di Pietro 1:16; Levitico 11:44).
Santo é dunque qualsiasi persona, luogo od oggetto che vive o che è posto (o usato) al servizio di Dio. Punto e stop.
A proposito di certi santi che noi veneriamo: sempre San Paolo afferma che chi crede in Gesù e a Lui vuole essere fedele non deve uscire effettivamente dal mondo (clausura), ma deve rimanere appartato e non mischiarsi a esso (Prima Lettera ai Corinti 5:9-11).
Come nacque la distorsione del concetto di santi? E come si iniziò a rendere culto ai “santi”?
Come ho già accennato, per circa trecento anni dalla nascita di Gesù non si fece alcuna distinzione tra seguaci santi e seguaci non santi. Non si invocò mai, in tutto quel periodo, un defunto. Le preghiere erano riservate solo a Dio nel nome di Gesù, come la Bibbia stessa richiede (Lettera ai Filippesi 4:6; Giovanni 14:6).
Ma nel quarto secolo il cosiddetto “Cristianesimo” originale era già divenuto Cattolicesimo; molti pagani si convertirono in massa. Con l’imperatore Costantino i cristiani non furono più perseguitati. La loro religione divenne poi, con Teodosio, la religione dello Stato. Venne così a crearsi un fenomeno di conversione di massa nel quale gli antichi pagani conservarono pressoché integralmente le loro tradizioni contrarie alla Parola di Dio.
Era, infatti, invalso, specie tra le popolazioni barbare, l’uso che quando il loro capo o il loro re si convertiva al cristianesimo, tutti dovessero imitarlo, cioè seguirlo abbracciando essi pure la nuova fede. Cosa fosse e in cosa consistesse questa nuova fede non era proprio necessario saperlo.
Proprio in quel periodo iniziò il culto dei santi che sostituì il politeismo pagano. Vennero anche adottate festività pagane: il 25 dicembre, da festa del dio sole, divenne la natività di Gesù (che non nacque certo d’inverno); il 29 giugno, da festa pagana delle due divinità Quirino e Romolo (ritenuti protettori di Roma) divenne la festa dei “santi” Pietro e Paolo (presunti protettori della chiesa di Roma). I pagani erano soliti invocare nelle malattie Feronia o Esculapio; i cattolici sostituirono a questi i “santi” da invocare nelle malattie; a mano a mano, secondo le epoche, furono introdotti: S. Andrea Avellino contro la apoplessia, S. Venanzio contro le cadute, S. Rita donatrice di prole, S. Pasquale Baylon capace di assicurare un marito a una zitella, eccetera.
Nacquero così i santi tutelari o protettori che presero il posto delle corrispondenti divinità pagane.
I pagani erano abituati ad avere un dio tutelare per ogni categoria di lavoratori; diventati “cristiani” non fecero altro che sostituire i loro dei pagani con speciali “santi” cristiani. Anzi che rivolgersi a Diana, protettrice dei cacciatori, si rivolsero a S. Uberto; anzi che invocare Minerva, patrona della scienza e degli studi, si rivolsero a S. Caterina di Alessandria.
Spesso si rasentò il ridicolo: Giovanni Battista, che andava vestito di rozza pelle di cammello, divenne patrono dei pellicciai; S. Bernardino da Siena, che scriveva il nome di Gesù su speciali tavolette e le diffondeva, divenne patrono dei pubblicitari; l’angelo Gabriele, che aveva portato l’annuncio di Dio a Maria futura madre di Gesù, divenne il protettore dei postelegrafonici; S. Lucia (cui furono cavati gli occhi) divenne, per contrappeso, patrona degli orologiai; S. Cristoforo patrono degli automobilisti; S. Benedetto, dato che rimase tre anni in una grotta, divenne protettore degli speleologi.
Santa Chiara é stata eletta protettrice della televisione perché, mentre era a letto ammalata, aveva avuto una visione di funzioni liturgiche che si celebravano a distanza; S. Giuseppe da Copertino, che cadeva in estasi e si sollevava dal suolo, divenne protettore dei paracadutisti. E ogni paese o città ha il proprio protettore che ha sostituito lantico semidio pagano.
E l’elenco quasi non finirebbe più e ciascuno di noi, pure con grande rispetto, potrebbe concludere: “Altro che le barzellette sui carabinieri”!
Ma allora, perché la Chiesa fa santa una persona?
Non volendo imitare Martin Lutero (che denunciava anche l'interesse economico della Chiesa perfino in questa materia), ricordo che la Bibbia, in varie occasioni, afferma a chiare lettere che nessuno ha l’autorità di elevare al rango di “santo” qualcuno.
E, come proprio non mi stanco di ricordare, nei primi secoli, nessuno - nemmeno un papa, figura che, allora, non esisteva - era autorizzato a canonizzare.
Paolo scrisse: «A me, poi, pochissimo importa d’essere giudicato da voi o da un tribunale umano: anzi, non mi giudico neppure da me stesso. Poiché non ho coscienza di colpa alcuna; non per questo sono giustificato; ma colui che mi giudica é il Signore. Così, non giudicate nulla prima del tempo, finché sia venuto il Signore che metterà in luce le cose occulte delle tenebre e manifesterà i pensieri del cuore, e allora ciascuno avrà la sua lode da Dio» (Prima Lettera ai Corinti 4:3-5).
Stefano, il discepolo di Gesù ucciso lapidato, non fu mai venerato dai discepoli di Gesù. Il Nuovo Testamento dice: «Degli uomini timorati seppellirono Stefano, e fecero gran cordoglio per lui» (Atti degli Apostoli 8:2). Non vi é traccia di culto né che le sue reliquie venissero ricercate a scopo di venerazione.
Dove mai sta scritto nella Bibbia che i santi morti possono essere invocati nel bisogno o fungere da mediatori tra noi e Dio?
Come ho già accennato anche Paolo dice che vi é un solo mediatore tra Dio e gli uomini: l’uomo Cristo Gesù (Prima Lettera a Timoteo 2:5).
A questo punto, a me piacerebbe proprio che qualcuno rispondesse a questa domanda: che differenza c’é tra prostrarsi davanti a una statua o un’immagine, venerandola anziché adorandola? In cosa differiscono i gesti tra venerazione e adorazione? Non ricordo più chi lo disse, ma cosa disse sì: «Forse che, uccidendo una persona, non commettiamo assassinio se diciamo: Io non ti uccido, ti sparo solo al cuore?».
Costruirsi una statua o una immagine, inchinarsi di fronte a essa, venerarla, pregarla, costituisce una violazione del secondo comandamento, il secondo di quelli veri e originali contenuti nella Bibbia, al capitolo 20 di Esodo. (Adesso qualcuno mi sparerà, ma i dieci comandamenti così come sono riportati nella Bibbia “ufficiale” sono frutto di una gran bella manipolazione!).
Nella nostra Bibbia, il primo e il secondo comandamento recitano: 1. Non avrai altro Dio fuori di me;
2. Non nominare il nome di Dio invano.
Ecco il secondo comandamento come risulta dal libro Esodo: «Non ti farai scultura alcuna né immagine Non ti prostrerai davanti a loro (Esodo 20:4,5).
I profeti biblici derisero coloro che si costruivano una statua per porsi a pregare di fronte a essa.
Il profeta Isaia dice: «Quelli che fabbricano gli idoli sono gente da nulla. I loro déi preziosi non servono a niente. Quelli che li adorano non vedono e non si rendono conto: perciò saranno coperti di vergogna. Chi fabbrica un idolo o fonde una statua si illude di averne un vantaggio. Quelli che li prendono sul serio saranno umiliati, perché gli idoli sono stati fatti da semplici uomini. Il falegname prende le misure, disegna l’immagine con il gesso, misura il pezzo con il compasso e lo lavora con lo scalpello. Gli dà una forma umana, una bella figura d’uomo, che metterà in casa.(…) Usa una parte dell’albero per accendere il fuoco, e una parte per costruire un idolo. Mette la prima in un braciere per riscaldarsi e cuocere il pane; con l’altra, invece, fa la statua di un dio e la adora con grande rispetto. Con un po’ di legna fa il fuoco; arrostisce la carne, se la mangia ed é sazio. Poi si riscalda e dice: Che bel calduccio! Che bel fuocherello! Poi con il resto si costruisce un dio, il suo idolo, lo adora, si inchina e lo prega così: Tu sei il mio Dio, salvami! Questa gente é troppo stupida per capire cosa sta facendo: hanno gli occhi e l’intelligenza chiusi alla verità. Nessuno di loro riflette, nessuno ha il buon senso o l’intelligenza di dire: Ho bruciato metà di un albero; sulla brace ho cotto il pane e arrostito la carne che mangio; dell’altra metà ho fatto un idolo inutile. Mi prostro davanti a un pezzo di legno! Il loro idolo non li può salvare, ma essi non riescono a pensare: E’ evidente che quello che ho in mano é un falso dio» (Isaia 44:9-20).
Insomma, chi sono i santi? Perché sono santi? La risposta a queste domande la troviamo nel Vangelo, ce l'ha data Gesù: il santo è la persona delle beatitudini; di quelle beatitudini che vanno contro il pensare comune.
Non è la Chiesa che "fa i santi", bensì li dichiara. Un uomo e una donna non vengono "fatti santi" dalla canonizzazione che è, invece, il riconoscimento autorevole che la tale persona è stata un santo durante la sua vita. Cioè si è comportata non solo bene, ma straordinariamente bene. Ma nessuno ha l’obbligo di imitarla.
«La Chiesa - dice padre Silvano Baggiani, dei Servi di Maria, presidente dell'Associazione italiana dei professori e cultori di liturgia e docente di teologia liturgico-sacramentaria nella Pontificia facoltà Marianum di Roma, della quale è preside - ha sempre sentito il bisogno di "fare vedere" la presenza dei santi in mezzo a noi. Storicamente lo ha fatto attraverso l'evocazione: proclamando una serie di nomi (quindi con il mezzo della parola) si rende viva la percezione della communio sanctorum (comunità dei santi). ã quanto avviene, per esempio, nella preghiera eucaristica, con un elenco per forza di cose limitato. Da qui, in ambiente monastico, nacque l'uso di cantare la litania (lelenco) dei santi, proprio con questa logica.
«Oggi, ricordare in una giornata uno o più santi può avere senso solo in una prospettiva che chiamerei estetica»: prosegue Baggiani.
«Ricordare i santi di una determinata giornata dà a vedere come il Vangelo sia stato davvero vissuto nella storia. Questo mostrare è importante. Pensiamo a cosa è stato durante il Giubileo la commemorazione al Colosseo dei martiri del XX secolo. Si è trattato di un gesto liturgico che ci ha permesso di vedere un aspetto del Novecento fino a quel momento rimasto sommerso».
Insomma, i santi sono, se del caso, esempi di una vita da imitare per quanto a ciascuno di noi è possibile.
Non sono certo i mediatori tra Dio e noi perché l’unico mediatore è Gesù. Tutt’al più noi possiamo chiedere a un santo se vuole essere così gentile da mettere una buona parola con Gesù perché lo stesso Gesù preghi suo Padre di posare il suo sguardo misericordioso su di noi.
Anche la Madonna, se proprio, possiamo pregarla perché metta una buona parola con suo figlio, ma non sarà certo lei a compiere un miracolo o a decidere se concedere o no una grazia, vale a dire un favore.
Non è la Madonna di Lourdes che guarisce. E’ la Madonna che implora, attraverso suo figlio Gesù, il Padre celeste perché compia un atto di misericordia.
Solo se siamo convinti di questo non siamo idolatri, in caso contrario il cattolicesimo diventerebbe pura e semplice idolatria. Piaccia o no.
Paolo