L'ORIGINE DELLA
VITA
di Marco
Marchetti
INTRODUZIONE
Il nostro pianeta possiede una caratteristica che lo rende unico
in tutto il sistema solare e forse, come sostiene qualcuno, in tutta la galassia
o addiritura in tutto l’universo: la Terra pullula di forme viventi. La vita si
è manifestata e continua a manifestarsi sotto forma di innumerevoli speci
animali e vegetali e ha occupato ogni nicchia ambientale disponibile: dai climi
glaciali polari a quelli caldi e umidi equatoriali, dalle fredde cime montuose
alle profondità degli abissi oceanici.
Esplorando e studiando ciò che resta
delle grandi foreste pluviali gli scienziati vengono continuamente a contatto
con nuove speci viventi sconosciute fino a quel momento; considerando il fatto
che la maggior parte degli esseri viventi apparsi sul pianeta Terra si è estinta
nel corso dei millenni possiamo ben capire quale grandioso fenomeno sia la
vita.
In queste pagine cercheremo brevemente di spiegare come la vita ha
avuto inizio.
Alcune teorie suppongono che la vita abbia avuto un’origine
extraterrestre e che sia in seguito arrivata sulla Terra trasportata da comete o
meteoriti; noi non le prenderemo in considerazione poiché non fanno altro che
spostare il problema dalla Terra ad un altro punto del cosmo. Allo stesso modo
non prenderemo in considerazione, pur avendone il massimo rispetto, ipotesi di
tipo religioso che ipotizzano l’esistenza di uno o più creatori
soprannaturali.
In altre parole noi partiremo dal presupposto cha la vita
abbia avuto origine sul nostro pianeta in maniera del tutto naturale. Il
problema non è di facile soluzione per la scarsità di reperti fossili e per
l’impossibilità di ripetere l’esperimento “vita” in laboratorio ma, come
vedremo, esistono alcune idee molto interessanti.
LA TERRA PRIMORDIALE
In un’epoca che risale a 4 miliardi e 600 milioni di anni fa, in
prossimità di un braccio a spirale di una comunissima galassia come tante
nell’universo, avvenne un fenomeno molto diffuso ma allo stesso stempo
staordinario.
Una gigantesca nube di polveri e gas (soprattutto idrogeno,
l’elemento più diffuso nell’universo), a causa di una perturbazione
gravitazionale oppure a causa dell’onda d’urto innescata dall’esplosione di una
supernova (nota 1), cominciò a collassare su se
stessa per effetto della gravità. La nube cominciò ad assumere una forma sferica
e man mano che il collasso procedeva aumentava la sua velocità di
rotazione.
Il fenomeno di cui stiamo parlando è la nascita di una
stella.
La parte centrale della nube diede origine alla neonata stella mentre
invece dalle parti periferiche si formarono i pianeti. Quando la temperatura del
nucleo della protostella raggiunse il milione di gradi si innescò una serie di
reazioni termonucleari (nota 2) in grado di produrre
energia e quindi anche luce. Questa produzione di energia riesce a bilanciare la
gravità; di conseguenza il collasso si arresta e la stella “si accende”. è
ufficialmente nata una nuova e particolarissima stella: il nostro
Sole.
Il terzo pianeta in ordine di distanza dal Sole è la
nostra Terra.
L’aspetto della Terra primordiale è completamente diverso da
quello attuale; la sua superficie è continuamente squarciata da possenti
eruzioni vulcaniche e flagellata da piogge insistenti che dureranno milioni di
anni generando gli oceani. La primisima atmosfera terrestre, composta
principalmente da idrogeno, è stata spazzata via dal vento
solare (nota 3) ma le continue
eruzioni vulcaniche contribuirono a formare una seconda atmosfera composta, fra
l’altro, da vapor d’acqua, anidride carbonica, ossido di carbonio, ammoniaca e
metano.
Questa seconda atmosfera è altamente velenosa per gli attuali esseri
viventi e ci ucciderebbe all’istante ma in quest’epoca, unitamente alla presenza
di fulmini e radiazione ultravioletta proveniente dal Sole, essa è un ambiente
ideale per la formazione di molecole organiche come dimostrato da Miller e Urey
nel loro famoso esperimento del 1954.
I due scienziati riempirono un’ampolla
di vetro con i gas che si ritiene componessero l’atmosfera terrestre primitiva e
simularono l’azione dei fulmini con delle scariche elettriche ottenendo così un
gran numero di composti organici; fra questi composti vennero individuati anche
alcuni amminoacidi che sono i mattoni fondamentali che formano la vita.
è
dunque in questo ambiente primordiale che dovremo cercare per trovare quel
meccanismo in grado di fare evolvere questi semplici composti organici molto
abbondanti verso organismi sempre più complessi. Più precisamente dovremo
cercare negli oceani ad una profondità superiore ai 10 metri dove le micidiali
radiazioni ultraviolette provenienti dal Sole perdono di efficacia. Infatti
un’altra caratteristica fondamentale di questa antica atmosfera è la quasi
totale assenza di ossigeno; di conseguenza manca lo strato protettivo di
ozono (nota 4) e le radiazioni
ultraviolette, in gran parte dannose per la vita, giungono indisturbate fino
alla superficie terrestre che resterà così per molto tempo un posto inospitale e
del tutto inaccessibile.
I PRIMI ESSERI VIVENTI
La vita apparve molto presto sul nostro pianeta; le più antiche
tracce di vita conosciute risalgono a 3.8 ~ 4 miliardi di anni fa e sono gli
antenati degli attuali batteri, organismi unicellulari (composti da una sola
cellula) molto semplici e primitivi in grado, però, di svolgere le attività
fondamentali attribuite agli esseri viventi, cioè nutrirsi e riprodursi.
Ma
come è stato possibile lo sviluppo di questi esseri primordiali a partire dalle
semplici molecole organiche così abbondanti nell’atmosfera di quattro miliardi
di anni fa?
Nel cercare di rispondere a questa domanda bisogna anche tenere
conto del fatto che esistono alcuni seri ostacoli alla costruzione di molecole
organiche complesse. Del pericolo dei raggi ultravioletti abbiamo già parlato ma
ne esistono altri; per esempio l’ossigeno: oggi l’ossigeno è fondamentale per la
vita ma a quei tempi era puro veleno. Infatti l’ossigeno si lega molto
facilmente al carbonio (che è l’elemento fondamentale della chimica della vita)
impedendo la formazione di molecole più complesse. Inoltre è molto improbabile
che molecole complesse come proteine o DNA possano essersi formate
spontaneamente in ambienti acquatici a pH neutro (cioè in ambienti né acidi né
basici) poiché in tali ambienti queste molecole tendono a scomporsi nei loro
componenti più semplici.
Nonostante queste difficoltà c’è una teoria che
potrebbe spiegare molte cose; questa teoria prevede che in questi oceani
primordiali alcune catene di molecole possano, a causa dei moti ondosi, unirsi
fra loro per formare delle piccolissime sfere. Questo fenomeno è abbastanza
comune: è quello che avviene quando si versa dell’olio nell’acqua e poi si
agita; vengono così a crearsi delle sferule oleose secondo meccanismi ben
conosciuti.
Esistono molecole composte di due parti: una parte attirata
dall’acqua (idrofila) e l’altra che invece la
respinge
(idrofoba); quando queste molecole vengono a trovarsi in un ambiente acquoso
esse tendono a legarsi in modo da formare una catena a doppio strato. In questa
maniera la parte idrofoba della molecola si trova all’interno della catena
mentre invece quella idrofila si trova all’esterno a contatto con l’acqua. Come
accennato in precedenza queste catene di molecole possono chiudersi su se stesse
formando delle piccole sfere, cioè dei piccoli contenitori chiusi, le quali
costituivano degli ambienti protetti in cui molecole organiche, casualmente
imprigionate, potevano interagire fra loro. Inoltre sono stati proposti dei
meccanismi per “acidificare” l’interno delle sferule in modo da favorire le
reazioni chimiche mentre l’energia necessaria era quella proveniente dal
Sole.
Questi sacchettini di materiale organico furono gli antenati dei primi
esseri viventi. Ovviamente non esiste un limite ben definito fra forme viventi e
non viventi così come non esiste un confine preciso fra il giorno e la notte
quindi possiamo tranquillamente affermare che queste piccole sferule di
materiale organico, grandi non più di qualche millesimo di millimetro,
costituiscono le prime luci dell’alba della vita.
è andata proprio
così?
Non lo sappiamo con precisione però su questa teoria vi sono
molti consensi. Quello che invece è certo è che 3 miliardi e mezzo di anni fa
gli oceani pullulavano di microscopici esseri viventi unicellulari: organismi
che si nutrivano e si riproducevano.
Gli scienziati ritengono che gli oceani
erano ricchi di cibo; infatti l’energia solare e i fulmini innescavano continue
reazioni chimiche con i gas dell’atmosfera facendo “piovere” sugli oceani una
grande quantità di materiale organico che veniva “attaccato” e scomposto da
questi primitivi organismi fermentatori.
Però tutti sappiamo che nonostante
l’abbondanza di cibo una popolazione di individui non può crescere
indefinitamente; prima o poi le scorte si esauriscono e si verifica una crisi.
La natura doveva quindi imboccare nuove strade evolutive, doveva inventare nuove
strategie per creare nuove risorse.
LA FOTOSINTESI CLOROFILLIANA
In effetti la natura non si fa attendere ed inventa una nuova
strategia che si rivelerà fondamentale per la storia futura della vita sulla
Terra.
Alcune speci di questi antichi microorganismi fermentatori invece che
cercare il proprio cibo trovano la maniera di fabbricarselo in proprio. Infatti
grazie ad un pigmento verde chiamato clorofilla (che si ritiene sia stato
incorporato all'interno della cellula casualmente) la cellula cattura l’energia
del Sole e grazie a questa energia riesce a scomporre la molecola dell’acqua
(H2O), per estrarre
l’idrogeno, e la molecola dell’anidride carbonica (CO2, disciolta nell’acqua), per estrarre il
carbonio, in modo da potersi costruire autonomamente i propri
alimenti.
Questo meccanismo è noto sotto il nome di fotosintesi clorofilliana
ed è talmente semplice ed ingegnoso che è rimasto praticamente inalterato. La
fotosintesi clorofilliana è un piccolo prodigio della natura: ancora oggi quasi
tutte le forme viventi dipendono da essa. Dipende, infatti, da essa tutto il
mondo vegetale e tutto il mondo animale poiché quest’ultimo dipende dalle piante
per la propria alimentazione.
La fotosintesi clorofilliana è quindi
antichissima; addiritura alcuni scienziati fanno coincidere la sua apparizione
con la nascita stessa della vita. Infatti, secondo questi studiosi, i più
antichi esseri viventi
terrestri sarebbero dei
fotosintetizzatori e non dei fermentatori.
Inoltre la fotosintesi
clorofilliana presenta un importantissimo effetto collaterale: dopo la
scomposizione dell’acqua e dell’anidride carbonica rimane inutilizzato
l’ossigeno il quale è a tutti gli effetti un prodotto di scarto che viene
rilasciato.
Di conseguenza, con il passare dei millenni, la concentrazione di
ossigeno negli oceani e successivamente nell’atmosfera aumenterà sempre di più e
comincerà a formarsi lo strato di ozono in grado di arrestare la componente
dannosa delle radiazioni ultraviolette provenienti dal Sole; la vita sarà così
libera di risalire verso la superficie del mare e poi di trasferirsi sulla
terraferma. Ma per quest’ultimo evento bisognerà aspettare ancora molto
tempo.
LA NASCITA DELLA RESPIRAZIONE
Nel frattempo la natura ci sta preparando un’altra sorpresa;
siamo in un’epoca che risale a un miliardo e 400 milioni di anni fa e l’ossigeno
ha ormai raggiunto percentuali considerevoli.
Siamo in presenza di un vero e
proprio “avvelenamento” da ossigeno e la natura sta prendendo le sue
contromisure inventando una nuova strategia; alcuni microorganismi che una volta
erano semplici fermentatori ora sono in grado di utilizzare l’ossigeno per
ossidare i resti della fermentazione. In questo modo, a partire dagli scarti
organici, queste nuove cellule riescono a ottenere fino a diciotto volte più
energia di quella ottenibile con la pura fermentazione: siamo quindi agli albori
della respirazione, un meccanismo che si rivelerà di fondamentale importanza per
il futuro della vita.
In quest’epoca si vanno così delineando tre grandi
categorie di esseri viventi che si distinguono per il loro rapporto con
l’ossigeno:
– organismi che, grazie alla fotosintesi, riescono
a costruirsi in proprio il cibo e che sono, involontariamente, produttori di
ossigeno
– organismi consumatori di ossigeno i quali sono costretti a
cercarsi il cibo
– organismi fermentatori
puri
Queste categorie sono presenti ancora oggi anche se i
confini non sono così netti ma sono abbastanza sfumati; nel primo gruppo
rientrano le piante, nel secondo gli animali e nel terzo funghi e batteri.
La
vita rimarrà confinata nei mari e negli oceani sottoforma di semplici
microorganismi unicellulari ancora per molto tempo; infatti i primi organismi
complessi, spugne e meduse, apparvero circa 700 milioni di anni fa. A partire da
questo momento l’evoluzione della vita subisce una brusca accelerazione: dopo
più di tre miliardi di anni trascorsi sottoforma di organismi unicellulari la
vita conosce conosce una vera e propria esplosione di forme e strutture. Ma le
sorprese non sono finite; i tempi sono ormai maturi per un altro grande
avvenimento, un evento che per importanza può essere paragonato alla conquista
della Luna: il trasferimento sulla terraferma.
LA CONQUISTA DELLA TERRAFERMA
Dopo miliardi di anni di fotosintesi clorofilliana l’ossigeno e
l’ozono nell’atmosfera hanno raggiunto percentuali paragonabili a quelle attuali
e tutto è pronto per lo sbarco della vita sulla terraferma.
I primi organismi
a lasciare l’acqua furono i vegetali, circa 400 milioni di anni fa, seguiti a
ruota dagli animali, circa 380 milioni di anni fa.
Ci si può
chiedere per quale motivo la vita abbia lasciato un ambiente che conosceva
benissimo come quello acquatico per avventurarsi in uno completamente
sconosciuto; oltretutto l’ambiente marino è completamente diverso da quello
sulla terraferma per pressione, densità, temperatura, viscosità,
etc. (nota 5)
Come al solito la risposta non
è semplice; sicuramente un ruolo fondamentale è stato giocato dalle
maree.
Le maree, come noto, sono dei periodici innalzamenti ed
abbassamenti della superficie dei mari e degli oceani per effetto
dell’attrazione gravitazionale combinata della Luna e del Sole. Per effetto
delle maree vi sono zone della superficie terrestre che vengono a trovarsi
alternativamente al di sopra e al di sotto della superficie marina; è quindi
probabile che organismi i quali siano nati e si siano sviluppati in queste zone
abbiano sviluppato degli organi per potere sopravvivere temporaneamente fuori
dall’acqua (in altre parole dei primitivi polmoni). Con il passare dei millenni
questi organi si sarebbero evoluti fino a rendere questi organismi completamente
indipendenti dall’acqua.
A questo punto davanti agli occhi dei primi
colonizzatori si presenta un nuovo mondo tutto da scoprire e da
esplorare.
LE GRANDI ESTINZIONI DI MASSA
Durante la fine del periodo geologico denominato Permiano, circa
250 milioni di anni fa, avvenne qualcosa di catastrofico poiché quasi tutte le
forme viventi del pianeta si estinsero; questa estinzione di massa non fu
l’unica della storia del pianeta (ne sono state identificate una dozzina) ma fu
sicuramente quella più terribile poiché più del 90% di tutte le speci viventi
presenti sulla Terra sparì senza lasciare traccia e la vita rischiò seriamente
di scomparire definitivamente.
Quali furono le cause di questo
disastro?
Non è ancora chiaro; si parla dell’impatto di una cometa o di un
asteroide oppure dell’esplosione di una supernova molto
vicina (nota 6) oppure ancora di una
o più eruzioni vulcaniche su scala planetaria.
Sta di fatto che a questo
punto si chiude un’epoca e se ne apre un’altra; la vita molto lentamente si
riprese e cominciarono a comparire e ad evolversi coloro che per più di 150
milioni di anni domineranno il pianeta: i grandi rettili, comunemente noti come
dinosauri.
Il regno dei dinosauri si concluse bruscamente 65
milioni di anni fa con un’altra grande estinzione di massa.
In questo caso le
idee sono molto più chiare; infatti è quasi universalmente accettato che il
disastro fu provocato dall’impatto con la superficie terrestre di un asteroide o
di una cometa del diametro di circa 10 chilometri; ciò che resta l’antico
cratere è stato individuato nel 1991 nella penisola dello
Yucatan.
E da questo momento, dopo la scomparsa dei grandi
rettili, la strada è ormai spianata per l’ascesa dei mammiferi il cui
rappresentante più illustre e significativo è sicuramente l’Uomo.
EPILOGO
Dopo questa brevissima rassegna della nascita e dello sviluppo
della vita sulla Terra viene spontaneo chiedersi se esistono altre forme di vita
nell’universo. Non lo sappiamo; per ora l’unica forma di vita conosciuta è
quella terrestre.
Secondo semplici considerazioni statistiche
la vita dovrebbe essere un fenomeno molto diffuso nell’universo; infatti oggi si
conoscono circa 10 miliardi di galassie ognuna delle quali può contenere
centinaia di miliardi di stelle e quindi il numero di pianeti virtualmente
disponibile è altissimo.
Queste ottimistiche considerazioni non sono
condivise da tutti. Secondo alcuni la vita, soprattutto quella intelligente,
sarebbe un fenomeno assai raro se non addiritura unico.
Alcune sorprese però
potrebbero arrivare da una direzione del tutto inaspettata. Infatti recenti
analisi effettuate su un campione di roccia marziana giunto sulla Terra
sottoforma di meteorite circa 13.000 anni
fa e scoperto in Antartide rivelano (i risultati sono però molto controversi)
l’azione di antichi batteri.
Inoltre sappiamo ormai da molto tempo che sotto
la superficie ghiacciata di Europa, uno dei satelliti di Giove, c’è acqua allo
stato liquido; nei prossimi anni è previsto l’invio di una sonda automatica che
dovrebbe effettuare dei veri e propri carotaggi per potere analizzare campioni
di quest’acqua.
Non è quindi escluso che tracce di vita, passata o presente,
possano essere scoperte molto più vicino di quanto si pensi.