Cinquant’anni dopo gli echi degli spari ancora risuonano a Delaney Square. E di sicuro non è andata come ci hanno raccontato. La scena del delitto, ancora oggi, parla. E ancora oggi parlano le immagini girate dal cineamatore Abraham Zapruder: 26 secondi, 486 fotogrammi che raccontano in super 8 il momento nel quale l’America ha perso la sua innocenza.
MA LA VERITà ufficiale cozza con altre verità.
E SE OLTRE che dalla finestra al sesto piano si sparò anche dal grassy knoll questo significa che fu complotto e non l’azione di un pazzo isolato. Resta la giunga di piste, ma anche la convinzione che complotto fu. E del resto, come non potrebbe visto quello che accadde a Lee Oswald il giorno dopo nel sotterraneo della ‘centrale’ della Dallas Police, ammazzato dal mafioso di mezza tacca Jack Ruby che, grazie alle sue aderenze tra i poliziotti locali, fu fatto entrare da una porta laterale e freddò Oswald con un colpo di revolver in diretta tv, facendolo tacere per sempre.
In questa storia dalle mille verità, con un boss (Carlos Marcello, intercettato nel 1987 dall’Fbi) e uno sparatore (James Files) rei confessi ai quali nessuno dà troppo credito, nella quale il mistero giova a tutti coloro che hanno panni sporchi, dieci verità significano nessuna verità e Dallas può continuare a coltivare il mito, che le macchiò l’immagine ma che oggi — tra museo al settimo piano dell’ex Book Repository, un fiorire di gadget e libri e turisti in arrivo per le ricche celebrazioni — è un mistero che frutta dollari. Siamo in America, dopotutto.