Donna
Donna, non sei soltanto l'opera di Dio,
ma anche degli uomini, che sempre
ti fanno bella con i loro cuori.
I poetai ti tessono una rete
con fili di dorate fantasie;
i pittori danno alla tua forma
sempre nuova immortalità.
Il mare dona le sue perle,
le miniere il loro oro,
i giardini d'estate i loro fiori
per adornarti, per coprirti,
per renderti sempre più preziosa.
Il desiderio del cuore degli uomini
ha steso la sua gloria
sulla tua giovinezza.
Per metà sei donna,
e per metà sei sogno.
Rabindranath Tagore
Donna
Nel tuo esserci l'incanto dell'essere,
La vita, tua storia,
segnata dal desiderio d'essere
semplicemente donna!
Nel tuo corpo ti porti,
come nessun altro,
il segreto della vita!
Nella tua storia
la macchia dell'indifferenza,
della discriminazione, dell'oppressione…
in te l'amore più bello,
la bellezza più trasparente,
l'affetto più puro
che mi fa uomo!
Eliomar Ribeiro de Souza
Poeta Brasiliano
Corpo di donna ...
Corpo di donna, bianche colline, cosce bianche,
assomigli al mondo nel tuo gesto di abbandono.
Il mio corpo di rude contadino ti scava
e fa scaturire il figlio dal fondo della terra.
Fui solo come un tunnel. Da me fuggivano gli uccelli
e in me irrompeva la notte con la sua potente invasione.
Per sopravvivere a me stesso ti forgiai come un'arma,
come freccia al mio arco, come pietra per la mia fionda.
Ma viene l'ora della vendetta, e ti amo.
Corpo di pelle, di muschio, di latte avido e fermo.
Ah le coppe del seno! Ah gli occhi d'assenza!
Ah le rose del pube! Ah la tua voce lenta e triste!
Corpo della mia donna, resterò nella tua grazia.
Mia sete, mia ansia senza limite, mio cammino incerto!
Rivoli oscuri dove la sete eterna rimane,
e la fatica rimane, e il dolore infinito.
Pablo Neruda
Dimmi Donna
Dimmi donna dove nascondi il tuo mistero
donna acqua pesante volume trasparente
più segreta quanto più ti spogli
quale è la forza del tuo splendore inerme
la tua abbagliante armatura di bellezza
dimmi non posso più con tante armi
donna seduta sdraiata abbandonata
insegnami il riposo il sonno e l'oblio
insegnami la lentezza del tempo
donna tu che convivi con la tua carne ignominiosa
come accanto ad un animale buono e calmo
donna nuda di fronte all'uomo armato
togli dalla mia testa questo casco d'ira
calmami guariscimi stendimi sulla fresca terra
toglimi questi vestiti di febbre che mi asfissiano
sommergimi indeboliscimi avvelena il mio pigro sangue
donna roccia della tribù sbandata
discingimi queste maglie e cinture di rigidezza e paura
con cui mi atterrisco e ti atterrisco e ci separo
donna oscura e umida pantano edenico
voglio la tua larga fragrante robusta sapienza,
voglio tornare alla terra e ai suoi succhi nutritivi
che corrono sul tuo ventre e i tuoi seni e irrigano la tua carne
voglio recuperare il peso e la completezza
voglio che tu m'inumidisca, m'ammolli, m'effemini
per capire la femminilità, la morbidezza umida del mondo
voglio appoggiata la fronte nel tuo grembo materno tradire
il ferreo esercito degli uomini
donna complice unica terribile sorella
dammi la mano torniamo ad inventare il mondo noi due soli
voglio non distaccare mai gli occhi da te
donna statua fatta di frutta colomba cresciuta
lasciami sempre vedere la tua misteriosa presenza
il tuo sguardo di ala e seta e lago nero
il tuo corpo tenebroso e raggiante plasmato di slancio senza incertezze
il tuo corpo infinitamente più tuo che per me quello mio e che
dai di slancio senza incertezze senza tenerti niente il tuo
corpo pieno e uno illuminato tutto di generosità donna mendicante
prodiga porto del pazzo Ulisse non permettere che io
dimentichi mai la tua voce di uccello memorioso
la parola calamitata che nel tuo intimo pronunci sempre nuda
la parola sempre giusta di folgorante ignoranza
la selvaggia purezza del tuo amore insensato
delirante senza freno abbrutito invidiato
il gemito nettissimo della tenerezza
lo sguardo pensieroso della prostituzione
la cruda chiara verità dell'amore che assorbe e divora e
si alimenta l'invisibile zampata della divinazione
l'accettazione la comprensione la sapienza senza strade
la spugnosa maternità terreno di radici
donna casa del doloroso vagabondo
dammi da mordere la frutta della vita
la stabile frutta di luce del tuo corpo abitato
lasciami reclinare la mia fronte funesta
sul tuo grave grembo di paradiso boscoso
spogliami acquietami guariscimi di questa colpa acre
di non essere sempre armato ma soltanto io stesso.
Tomàs Segovia
Alla Sua Donna
Cara beltà che amore
lunge m'inspiri o nascondendo il viso,
fuor se nel sonno il core:,
ombra diva mi scuoti,
o ne' campi ove splenda
più vago il giorno e di natura il riso;
forse tu l'innocente
secol beasti che dall'oro ha nome,
or leve intra la gente
anima voli? o te la sorte avara
ch'a noi, t'asconde, agli avvenir prepara?
Viva mirarti ormai
nulla spene' m'avanza;
s'allor non fosse, allor che ignudo e solo
per novo calle a peregrina stanza
verrà lo spirto mio. Già sul novello
aprir di mia giornata incerta e bruna,
te viatrice in questo arido suolo
io mi pensai. Ma non è cosa in terra
che ti somigli; e s'anco pari alcuna
ti fosse al volto, agli atti, alla favella,
saria, così conforme, assai men bella.
Fra cotanto dolore
quanto all'umana età propose il fato,
se vera e quale il mio pensier ti pinge
alcun t'amasse in terra, a lui pur fora
questo viver beato:
e ben chiaro vegg'io siccome ancora
seguir loda e virtù qual ne' prim'anni
l'amor tuo mi farebbe. Or non aggiunse
il ciel nullo conforto ai nostri affanni;
e teco la mortal vita saria
simile a quella che nel cielo india
Per le valli ove suona
del faticoso agricoltore il canto,
del giovanile error che m'abbandona;
e per li poggi, ov'io rimembro e piagno
i perduti desiri, e la perduta
speme de' giorni miei: di te pensando,
a palpitar mi sveglio. E potess'io
nel secol tetro e in questo aer nefando,
l'alta specie serbar; che dell'imago,
poi che del ver m'è tolto, assai m'appago.
Se dell' eterne idee
l'una sei tu, cui di sensibil forma
sdegni l' eterno senno esser vestita,
e fra caduche spoglie
provar gli affanni di funerea vita;
o s'altra terra ne' superni giri
fra' mondi innumerabili t' accoglie, '
e più vaga del Sol prossima stella
t'irraggia, e più benigno etere spiri;
di qua dove son gli anni infausti e brevi,
questo d'ignoto amante inno ricevi.
Giacomo Leopardi
Donne Appassionate
Le ragazze al crepuscolo scendendo in acqua,
quando il mare svanisce, disteso. Nel bosco
ogni foglia trasale, mentre emergono caute
sulla sabbia e si siedono a riva. La schiuma
fa i suoi giochi inquieti,lungo l'acqua remota.
Le ragazze han paura delle alghe sepolte
sotto le onde, che afferrano le gambe e le spalle:
quant'è nudo, del corpo. Rimontano rapide a riva
e si chiamano a nome, guardandosi intorno.
Anche le ombre sul fondo del mare, nel buio,
sono enormi e si vedono muovere incerte,
come attratte dai corpi che passano. Il bosco
è un rifugio tranquillo, nel sole calante,
più che il greto, ma piace alle scure ragazze
star sedute all'aperto, nel lenzuolo raccolto.
Stanno tutte accosciate, serrando il lenzuolo
alle gambe, e contemplando il mare disteso
come un prato al crepuscolo. Oserebbe qualcuna
ora stendersi nuda in un prato? Dal Mare
balzerebbero le alghe, che sfiorano i piedi,
a ghermire e ravvolgere il corpo tremante.
Ci son occhi nel mare, che traspaiono a volte.
Quell'ignota straniera, che nuotava di notte
sola e nuda, nel buio quando la luna,
è scomparsa una notte e non torna mai più.
Era grande e doveva esser bianca abbagliante
perchè gli occhi, dal fondo del mare, giungessero a lei.
Cesare Pavese
Scrivo a Te Donna
Ogni mattina, dopo il segno della croce,
scriverti
è come recitare una preghiera.
Non si può far di peggio,
ma io so fare di meglio.
Ora che non ti vedo,
di buon mattino,
mentre tutti dormono,
prendo la penna, come un ladro prenderebbe
la chiave di un forziere,
e con la penna
rubo la vita che non mi appartiene
e scavo un camminamento
per raggiungere te che, contro ogni legge,
considero mia.
Salvatore Fiume