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De: Lelina (Missatge original) |
Enviat: 13/12/2009 08:19 |
13 Dicenbre Santa LUCIA ( vergine e martire ): Buon ONOMASTICO!
Il nome deriva dal preaenomen latino Lucius, di etimologia incerta ma ricollegabile al sostantivo Lux, Lucis con significato perciò di " Luce, Luminosa, Splendente ". Si festeggia tradizionalmente oggi in sua memoria nel cosidetto " giorno della Luce " il solstizio d'inverno cioè il 13 Dicembre il giorno più corto dell'anno.
Le fonti della tradizione riguardanti la devozione per la Santa Lucia sono due racconti del suo martirio uno in latino l'altro, più antico, in greco. Di famiglia aristocratica, Lucia subì il martirio nel 304, per ordine del governatore Pescasio. Nel luogo della sua morte, i cristiani di Siracusa " dedicarono a Lei un tempio, nel quale i fedeli accorrono alle reliquie ". Il culto, dunque, ebbe inizio subito dopo la sua morte e prosegue nel tempo: già Papa Gregorio Magno, infatti, inserì il nome di Lucia nel Canone della Messa, indicandola alla venerazione di tutta la Chiesa. Lucia, perciò, fa parte del gruppo delle sette donne menzionate nel Canone Romano. il suo culto, universalmente diffuso, è già testimoniato a partire dal V secolo. Un'antifona tratta dal racconto della sua passione la saluta come " Sponsa Christi ". Santa Lucia è invocata come soccoritrice nei disturbi della vista! Il colore Fortunato è ORO!
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De: Lelina |
Enviat: 13/12/2009 08:22 |
...RACCONTI
La leggenda di Santa Lucia [Santa Lucia] Il 13 Dicembre era ed è ancora oggi una ricorrenza molto attesa dai bambini, che aspettano ansiosi i doni della santa. Anni fa la festa era preparata in modo molto suggestivo: per tre sere consecutive i bambini andavano a pregare la santa nella chiesetta di San Sebastiano, in via Romani, aperta proprio in quell’occasione, dove c’era una statua della santa con in mano un piattino sul quale erano posti i suoi occhi. Infatti Santa Lucia, originaria di Siracusa e vissuta tra 283-304 è ricordata per il martirio sotto Diocleziano. Secondo la tradizione fu accecata e proprio per questo è considerata e festeggiata come la santa della luce. Avviciniamoci (si fa per dire) ai nostri giorni: fin dove arriva Santa Lucia a portare i doni? A nessuno sfugge che l'area, per cosi dire, di sua competenza corrisponde, per quanto riguarda l'Italia, suppergiù, all'antico territorio della Repubblica di Venezia; proprio in questa città riposano ora le spoglie di Lucia, portatevi durante la quarta crociata (quella che non giunse mai a destinazione) dal doge Enrico Dandolo, che le aveva trafugate da Costantinopoli. A Venezia, ben presto il culto della santa si diffuse a tal punto che essa divenne, di fatto, patrona, assieme a San Marco, della città e, quando, a causa del declino dei commerci, la Serenissima rivolse i suoi appetiti alla terraferma, il culto si estese a tutto l'entroterra veneto, arrivando fino all'Adda, confine dello "Stato da terra". In una società permeata, anche nelle manifestazioni della vita civile, di un forte senso di sacralità, Santa Lucia pareva giunta apposta per raccogliere su di sé istanze ed esigenze secolari; in particolare, di quelle che si manifestavano attraverso riti, devozioni e tradizioni popolari; non ultima, naturalmente, quella dello scambio augurale dei doni, rivolta soprattutto ai più piccoli. La notte dell’attesa sembra ai bambini, interminabile ed è famoso il proverbio: “la notte di S.Lucia è la più lunga che ci sia”. Ancora oggi sono molti coloro che ricordano una graziosa filastrocca in dialetto cremonese:
Santa Lusìa, la scarpa l’è mia, la bursa l’è dal pupà: Santa Lusìa la gnaràa. La gnaràa com trì bumbòn, caramèli e turòn.
Nella fantasia dei bambini, favorita dai racconti degli adulti, Santa Lucia arriva dal cielo, su un carretto pieno di doni, trainato da un asinello. Perciò mettono sulle porte di case fieno e latte per l’asinello e biscotti per la santa. Spesso nei giorni che precedono la ricorrenza qualcuno, per rendere più suggestiva l’attesa, passa nelle strade suonando un campanello. I bambini, preoccupati, si nascondono perché, secondo la leggenda, non possono vedere la Santa, che potrebbe gettare nei loro occhi la cenere.
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De: Lelina |
Enviat: 13/12/2009 08:28 |
Buon Onomastico
a chi si chiama
Lucia
Lely |
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La vergine e martire Lucia è una delle figure più care alla devozione cristiana. Come ricorda il Messale Romano è una delle sette donne menzionate nel Canone Romano. Vissuta a Siracusa, sarebbe morta martire sotto la persecuzione di Diocleziano (intorno all’anno 304).
Gli atti del suo martirio raccontano di torture atroci inflittele dal prefetto Pascasio, che non voleva piegarsi ai segni straordinari che attraverso di lei Dio stava mostrando.
Proprio nelle catacombe di Siracusa, le più estese al mondo dopo quelle di Roma, è stata ritrovata un’epigrafe marmorea del IV secolo che è la testimonianza più antica del culto di Lucia.
Una devozione diffusasi molto rapidamente: già nel 384 sant’Orso le dedicava una chiesa a Ravenna, papa Onorio I poco dopo un’altra a Roma.
Oggi in tutto il mondo si trovano reliquie di Lucia e opere d’arte a lei ispirate |
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VITA DI SANTA LUCIA
La patrona di Siracusa, una martire del IV secolo, è diventata la protettrice della vista ereditando grazie al nome, che ricorda la luce, una funzione della dea Artemide, venerata anticamente sull'isola di Ortigia
La persecuzione contro i cristiani di Diocleziano e Massimiano, che cominciò nel 303 e terminò nel 311, fu la più lunga e spietata che la storia ricordi. “Le carceri di ogni luogo” narra Eusebio nella Storia ecclesiastica «furono allora piene di vescovi, lettori, esorcisti cosicché non vi restava spazio per i condannati per delitti comuni.” Colpì quasi tutte le province dell'Impero e giunse fino a Siracusa dove morì decapitata un'adolescente, Lucia, che apparteneva a una nobile famiglia della città. Sulla sua tomba fiorì un culto testimoniato da una lastrina marmorea, scoperta nel 1894 nella catacomba di San Giovanni, dove è scritto in greco: «Euskia, la irreprensibile, vissuta buona e pura per anni circa 25, mori nella festa della mia santa Lucia e per lei non vi ha elogio condegno; fu cristiana, fedele, perfetta, grata al suo marito di molta gratitudine». Vicino al sepolcro della martire venne costruita una basilica che i Normanni, passata la bufera araba, riedificarono nel XII secolo. Quando nel 1303 Federico Il d'Aragona visitò Siracusa, volle onorare la santa ordinando che a spese del regio tesoro si ricostruisse la chiesa che venne ristrutturata in epoca barocca. Accanto alla basilica, proprio sul luogo della sepoltura, l'architetto Giovanni Vermexio, demolita una chiesetta, cominciò a costruire nel 1629 un tempietto ottagonale che venne poi malamente completato nella forma attuale. Ma da tanti secoli il corpo non si trovava più nella sua tomba. Già nell'878 i siracusani lo avevano nascosto nella catacomba per sottrarlo agli invasori musulmani. Liberata Siracusa nel 1039, il generale bizantino Giorgio Maniace trasportò il corpo a Costantinopoli per farne omaggio all'imperatrice Teodora. Infine nel 1204; caduta Costantinopoli in mano ai crociati, il doge Enrico Dandolo lo trasferì a Venezia, dove privo del braccio sinistro è venerato ancora oggi nella chiesa dei Santi Geremia e Lucia. Siracusa, che ha chiesto più volte invano il corpo della sua patrona, conserva soltanto alcune reliquie minori che le sono state donate a partire dal XVI secolo, fra cui tre frammenti di costole racchiusi in una teca d'oro nel petto del simulacro della santa, la secentesca statua argentea di Pietro Rizzo, alta tre metri e settanta, che viene portata in processione nelle due feste di dicembre e di maggio; e due frammenti di cannella del braccio sinistro, racchiusi in un reliquiario del 1931. In una cassetta d'argento eseguita nel 1651 si conservano anche il velo, la veste e le scarpette di santa Lucia che si mostrano ai fedeli in solennità straordinarie. Ma secondo un'altra tradizione le reliquie della martire furono portate nel 718 nel Ducato di Benevento e due secoli dopo, nel 970, trasferite dall'imperatore a Metz. Su Lucia ci sono pervenute due Passiones o narrazioni del suo martirio: la latina, molto fantasiosa, e la greca, più antica e forse non priva di episodi reali sebbene non siano assenti elementi leggendari. Un giorno - narra la Passio greca - Lucia, una fanciulla siracusana di illustre famiglia, si recò a Catania, nella chiesa di Sant'Agata, insieme con la madre Eutichia, afflitta da un flusso di sangue inguaribile, per chiedere alla santa il miracolo. Mentre le due donne pregavano davanti al sepolcro, Lucia cadde in un sonno profondo durante il quale le apparve Agata: “Lucia, sorella mia e vergine del Signore”, le disse “perché chiedi a me ciò che tu stessa puoi concedere? La tua fede è stata di grande giovamento a tua madre che è già guarita. E come per me è ricolma di grazie la città di Catania, così per te sarà preservata la città di Siracusa perché il Signore nostro Gesù Cristo ha gradito che tu abbia serbata illibata la tua verginità”. La madre guarì e Lucia, tornata a Siracusa, decise di rinunciare al matrimonio per consacrarsi alla vita religiosa e di vendere la dote che le spettava distribuendone il ricavato ai poveri. Quando il fidanzato venne a sapere che la fanciulla, vinta l'opposizione dei genitori, non aveva più intenzione di sposarsi come cristiana, andò su tutte le furie e la denunziò come cristiana all'arconte Pascasio. Lucia, arrestata, si rifiuta di sacrificare agli dei suscitando la reazione di Pascasio che la condanna al lupanare: “Appena comincerai a vivere nel disonore” esclama il magistrato romano “cesserai di essere il tempio dello Spirito Santo”. Ma quando si tentò di trascinarla verso il bordello, «lo Spirito Santo le diede tale immobilità che nessuno riusciva a smuoverla». A nulla valsero maghi e sacerdoti, e nemmeno una coppia di buoi. Allora Pascasio ordinò di accendere con fascine, olio, resina e pece un gran fuoco che la consumasse mentre lei diceva: «Pregherò il Signore nostro Gesù Cristo affinché questo fuoco non mi molesti; io poi che ho fede nella croce di Cristo dimostrerò a te che ho impetrato un prolungamento alla mia lotta, così farò vedere ai credenti in Cristo la virtù del martirio e ai non credenti toglierò l'accecamento della loro superbia». Da questa affermazione, si dice, sarebbe nato il suo patronato sulla «vista spirituale» e poi per estensione su quella materiale. Ormai il martirio si avviava alla conclusione. Quando gli amici dell'arconte suggerirono di decapitarla, Lucia li seguì docilmente. La Passio latina sostiene invece che fu iugulata, cioè scannata: così la santa viene raffigurata in molti dipinti e persino nella statua processionale siracusana dove appare con un pugnale piantato nella gola. Ma sono più credibili gli Atti greci perché la pena capitale era riservata ai nobili. D'altronde il corpo incorrotto di Lucia che si conserva a Venezia ha il capo staccato dal busto. Secondo la tradizione Lucia morì il 13 dicembre del 304. Quella data, che nella prima metà del XIV secolo coincideva con il solstizio d'inverno a causa dell'anticipo del calendario giuliano rispetto all'anno solare, ispirò alcuni proverbi, improponibili dal 1582, quando entrò in vigore il nuovo calendario gregoriano che aveva restaurato il 21 dicembre: «Santa Lucia è il giorno più corto che ci sia» oppure: «Da santa Lucia a Natale il dì allunga un passo di cane». Sicché la sua festa divenne l'annuncio della nuova luce, la promessa di giorni più lunghi e di notti più brevi. D'altronde la funzione di annunciatrice di luce le si addiceva perché il suo nome latino, Lucia, femminile di Lucius, derivava da lux, lucis e significava originariamente «nata nelle prime ore del mattino» oppure «durante il giorno). Tradotto nel tardo greco - la lingua della Sicilia orientale - in Lukia venne a significare nell'ambiente cristiano segno e promessa di luce spirituale. Ma il nome non basta a spiegare il suo patronato sulla vista che qualche agiografo ha collegato alla frase della Passio («ai non credenti toglierò l'accecamento») interpretata estensivamente e materialmente. Altri agiografi l'hanno collegato invece a un episodio narrato in una leggenda medievale che ricalca la storia di un'altra Lucia, terziaria di san Domenico: la fanciulla per non cedere alle suppliche del fidanzato si sarebbe strappata gli occhi. Ma l'episodio, conveniamone, non è il più adatto a giustificare la sua protezione sulla vista. D'altronde soltanto dal XIV secolo Lucia è raffigurata con gli occhi posati sul piattino, mentre precedentemente veniva rappresentata con la palma del martirio e una lampada, allusione, si dice, alla frase profetica. Questo patronato è in realtà uno dei segni che permettono di intuire come la santa abbia assunto anticamente anche le funzioni di una dea apportatrice di luce. Secondo il cardinale Federigo Borromeo la dea era Lucina, che per gli antichi guariva e preservava dalle malattie degli occhi. La somiglianza dei nomi ispirò dunque il patronato. Ma la spiegazione non è del tutto soddisfacente. Lucina era sì una dea minore, ma anche l'appellativo di Giunone romana e di Hera greca, e Lucina era chiamata Diana, identificata dai Romani nella greca Artemide. Ma chi sono queste dee se non personificazioni della Mater Magua, simboleggiata anche dalla Luna? La quale Luna, scriveva Marco Terenzio Varrone nel De lingua latina, “alcuni chiamano col nome di Diana, come chiamano il Sole col nome di Apollo: quello di Apollo è greco, l'altro di Diana è latino... Essa sembra essere chiamata dai Latini anche Giunone Lucina o perché è a un tempo Terra, come dicono i naturalisti, e illumina; o perché dalla fase lunare in cui uno è concepito fino a quella in cui viene alla vita, la Luna continua ad essergli di giovamento... Per questo motivo la invocano le partorienti. La Luna è infatti patrona delle nascite perché presiede al succedersi dei mesi. Che di ciò si fossero accorte le donne dei tempi antichi risulta dal fatto che a questa dea si dedicavano soprattutto le loro sopracciglia. Era doveroso infatti che a Giunone Lucina si riservasse il posto dove dagli dei si dà la luce agli occhi». Nell'isola di Ortigia, che fu il primo nucleo di Siracusa, il tempio più antico, di cui rimangono tracce sotto l'ala nuova del Palazzo Comunale, era dedicato ad Artemide. Successivamente, nel V secolo a.C., nelle vicinanze venne eretto un tempio in onore di Atena, simboleggiata dalla Luna: il tempio è stato poi trasformato nella cattedrale di Siracusa dove è custodita la statua processionale di Santa Lucia con le sue reliquie. Forse queste coincidenze ci permettono di capire perché la martire adolescente viene rappresentata a Siracusa nelle sembianze di una solenne matrona più che di esile fanciulla, e con la lampada simbolo della luce divina. Il suo culto si diffuse in tutta l'Europa, persino nella lontana Svezia, dove si radicò nel Vàrmland, una regione a oriente della capitale. Dopo la riforma protestante la festa pareva ormai relegata nell'archivio della memoria storica quando nel 1927 il quotidiano “Stockolms Dagbladet” decise di bandire un concorso per eleggere la cosiddetta “Lucia di Svezia” che con una corona di sette candele in capo e accompagnata da compagne vèstite come lei di una tunica bianca doveva raccogliere i doni natalizi da distribuire il 13 dicembre ai bisognosi, ai malati e agli anziani in occasione delle feste natalizie. L'iniziativa ha attecchito fino a diventare in pochi decenni una tradizione nazionale. All'origine della Lucia svedese vi è forse la Leggenda del giorno di Santa Lucia, un racconto che aveva scritto nel 1912 Selma Lagerlòf, premio Nobel per la letteratura, cattolica e originaria del Varmland. Dal 1950 la festa svedese si è collegata a quella siciliana: una giovane svedese eletta “Lucia nazionale” va a Siracusa, invitata dalla cittadinanza, per partecipare alla processione finale che conclude l'ottava. L'abito bianco, le candeline sul capo e i doni natalizi alludono alla sua funzione solstiziale, sebbene ora l'inizio del nuovo anno solare cada il 21 dicembre. Questa funzione si riscontra anche nell'Italia nord-orientale. Nel Trentino ad esempio si narra che la notte della vigilia santa Lucia arriva sulla groppa di un asinello carico di doni. La sua venuta è annunciata da un campanello che si suona per fare addormentare i bambini. Se i piccoli verranno trovati svegli, l'asinello con i doni cambierà strada. La sera, prima di andare a dormire, i bimbi pongono sul davanzale un piatto ripieno di crusca e di farina per il pasto dell'animale. Sulla groppa dell'asinello siede santa Lucia che nel piatto rimasto vuoto depone balocchi, dolciumi e frutti. Ma spesso accanto ai doni lascia anche una piccola verga per ammonire i più capricciosi. In alcune zone del Trentino invece del piatto si mette sul davanzale una scarpetta piena di crusca mentre i bimbi cantano il ritornello: Santa Lucia, mamma mia porta roba in scarpa mia. A Trento, come d'altronde a Verona, vi è anche una Fiera dei giocattoli. E una volta a Verona nella notte che precedeva la festa venivano ripuliti i camini affinché la santa, scendendo con i doni, non s'imbrattasse di fuliggine. La festa per eccellenza si svolge a Siracusa con una processione che accompagna il simulacro, poggiato sulla «cassa» d'argento e seguito dalla carrozza settecentesca del senato, che un tempo ospitava le autorità: la statua esce dalla cattedrale e, preceduta da una schiera di pellegrini con ceri votivi, viene portata da un gruppo di devoti, tirati a sorte fra quanti si sono offerti, fino alla basilica di Santa Lucia al Sepolcro dove rimarrà esposta per tutta l'ottava. Infine, il 20 dicembre verrà ricondotta in cattedrale fra luminarie e fuochi d'artificio. Ma Lucia è festeggiata anche ai primi di maggio e precisamente fra la prima e la seconda domenica con la festa del patrocinio di Santa Lucia, detta un tempo anche Santa Lucia delle quaglie perché, secondo una leggenda riferita da Giuseppe Pitrè, tanti, tanti anni fa Siracusa era stata colpita da una carestia. Non sapendo più che fare, “nel mese di maggio la Santa fu esposta alle preghiere pubbliche onde ponesse fine al malore. E narrasi che una grandissima, immensa copia di quaglie venne a cadere sulle banchine della marina e per le vie della città. Cadevano le poverine stanche, inanimate pel lungo viaggio, sì che i Siracusani non avevano clic a stendere la mano per prenderle”. Ma di questa leggenda non v'è quasi più traccia oggi a Siracusa mentre la festa viene ricollegata a un evento considerato storico, perlomeno nelle sue vicende essenziali. Una grave carestia aveva colpito Siracusa nel 1646. Si erano consumate le scorte, molti cominciavano a patire la fame e il popolo rumoreggiava. Allora il vescovo, che aveva già distribuito seimila scudi tra i più poveri, chiamò la cittadinanza alla preghiera facendo esporre per otto giorni il simulacro di santa Lucia sull'altare maggiore della cattedrale. Il 13 maggio, mentre la cattedrale era gremita per la messa, una colomba entrò nella chiesa e si posò sul soglio del vescovo. Poco dopo si spargeva la notizia che alcuni bastimenti carichi di grano e di legumi erano entrati nel porto. Si fece allora voto che ogni anno, alla prima domenica di maggio, il simulacro della martire venisse trasportato nella chiesa del suo monastero, Santa Lucia alla Badia, che si affaccia sulla piazza della Cattedrale, e fosse esposto per otto giorni. Prima che entrasse nella chiesa, dall'alto della balconata recintata da una gelosia di ferro le monache lanciavano sulla folla una pioggia di fiori e di colombe e quaglie dalle ali tarpate: una cerimonia crudele, corretta ultimamente con il lancio di piccioni viaggiatori che volteggiano sulla piazza e intorno alla statua e poi ritornano sani e salvi ai loro proprietari. La presenza di quaglie e colombe, di là dalle leggende, è simbolicamente significativa perché entrambe erano consacrate a divinità femminili; e non a caso Ortigia, che significa “isola delle quaglie”, era anche il nome arcaico di Delo, dove secondo il mito Latona partorì Apollo e sua sorella Artemide, la dea lunare della Luce. Al termine dell'ottava, la seconda domenica di maggio, il simulacro viene portato in processione per le vie di Ortigia tra fuochi d'artificio a mare per rientrare poi a sera in cattedrale accompagnato da uno spettacolo pirotecnico sulla piazza. Ispirato alle leggende del miracolo di maggio vi è anche un piatto siciliano, la «cuccia», a base di granelli di frumento cui si aggiunge in certe zone una manciata di ceci che simboleggiano gli occhi della santa, protettrice della vista. Questo piatto non si mangia in maggio ma il 13 dicembre al posto del pane. |
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BUON ONOMASTICO
LUCIA
Serenella  |
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Buon onomastico uno tutte le Lucia |
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A TUTTE LE
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Annamaria |
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A chi si chiama
Lucia
tanti auguri
Elisa |
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