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Respuesta  Mensaje 1 de 3 en el tema 
De: MOTHERSIXTEN  (Mensaje original) Enviado: 17/12/2009 13:53
Enviado: 17/12/2009 14:48
 
Quando gli uomini non sapevano ancora né leggere né scrivere, s'intendevano benissimo parlando fra di loro. Anche le più belle parole, però, hanno dei limiti, che non sono i limiti di chi le dice bensì quelli della voce e del linguaggio stesso.
Un giorno, tanto tempo fa, arrivò nel villaggio giapponese di Jong-ta un pittore che era stato cacciato di corte per un qualche motivo. Era piuttosto anziano, ma soprattutto era disperato perché non poteva più esercitare la sua arte; chi, in quel miserabile villaggio, l'avrebbe apprezzata? Stava meditando il suicidio quando udì bussare timidamente alla sua porta.
Era una povera contadina del posto, impacciata e intimidita.
"So di essere sfacciata, maestro", gli disse, "ma se tu volessi disegnare qualcosa su questa umile foglia di bambù...".
"Che ne faresti?", chiese il pittore, indispettito.
"La farei giungere al mio figliolo che è in guerra. Egli capirebbe di sicuro che si tratterebbe di un gesto del mio amore".
"Come fai a sapere che ne sarebbe così certo?"
"Perché tu glielo faresti capire", rispose la donna.
Il pittore rimase stupito da ciò che gli chiedeva la donna: molto più di quanto, a corte, gli avesse mai chiesto lo stesso Imperatore. Accettò, ma prima di riuscire a tracciare un disegno, fu costretto a entrare nel proprio cuore trasformandolo in cuore di madre.
Finalmente il disegno gli usci dal calamo come il primo fiore che sboccia nel bosco. La madre pianse al vederlo: ciò significava che il disegno aveva la sua esatta voce.
Ben presto la notizia che nel villaggio c'era qualcuno che sapeva, con un semplice gesto della mano, dare voce ai cuori, si sparse fulminea. E si scoprì che tutti avevano qualcosa d'importante, e di segreto, che con le loro parole non erano mai riusciti a dire.
Il pittore fu assediato di richieste, e fu felice d'iniziare una seconda vita su un cammino che mai nessuno aveva percorso.
Egli lavorava molto lentamente, perché, di ogni messaggio, gli era chiesta non la forma ma la sostanza. Dovette sentire da innamorato, da povero questuante, da anziano genitore, da giovinetto, da amante disperata, da indignato mercante e persino da bambino. Il suo cuore si dilatò enormemente. La sua mano si trasformò in prolungamento della sua anima. E mentre tutto il villaggio cresceva grazie a lui, la sua arte si arricchiva del cuore e dei sentimenti di tutti. Così che quando venne richiamato a corte, l'Imperatore rimase folgorato da quella nuova forma di pittura, dianzi sconosciuta, ma invano gliene chiese il segreto.
Autore: Piero Gribaudi - Libro:
Il Libro della Saggezza Interiore


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Respuesta  Mensaje 2 de 3 en el tema 
De: Lelina Enviado: 17/12/2009 17:24

La storia dei tre alberi

C’erano una volta tre alberi, che crescevano l’uno accanto allaltro nel bosco.

Erano amici. E come quasi tutti gli amici, anche loro chiacchieravano tanto. E come quasi tutti gli amici, anche loro erano molto diversi, nonostante crescessero nello stesso posto e fossero tutti all’incirca della stessa altezza. Il primo albero amava la bellezza. Il secondo albero amava l’avventura. E il terzo albero amava Dio.

 

Un giorno, gli alberi parlavano di ciò che sarebbero voluti diventare da grandi.

«Quando sarò grande, vorrei essere un baule intagliato, di quelli dove si conservano i tesori, pieno di gioielli scintillanti», disse il primo albero. Il secondo albero non pensava a cose del genere. «Quando sarò grande, vorrei essere un potente veliero», disse. «Insieme al capitano, un grande esploratore, scoprirò nuove terre.» Nel frattempo, il terzo albero scuoteva i rami. «Io non vorrei essere trasformato in niente», disse. «Vorrei restare esattamente qui dove sono e diventare ogni anno sempre più alto. Vorrei diventare l’albero più alto della foresta. E quando gli uomini mi guarderanno, li farò pensare a Dio.»

 

Passarono gli anni e un giorno nella foresta arrivarono tre boscaioli.

«Finalmente!», gridò il primo albero, quando il primo boscaiolo lo abbatté. «Ora il mio sogno di diventare un baule di tesori si realizzerà.»

«Splendido!», gridò il secondo albero, quando il secondo boscaiolo lo abbatté. «Ora il mio sogno di diventare un veliero si potrà realizzare.»

«Oh no!», gridò il terzo albero, quando il terzo boscaiolo lo abbatté. «Ora non potrò parlare agli uomini di Dio.»

I boscaioli portarono via i tre alberi. E per due di loro il futuro era carico di promesse. Ma non ci volle molto perché tutti e tre dovessero seppellire i loro sogni. Anziché essere trasformato in un bel baule di tesori, il primo albero diventò una brutta mangiatoia per animali. Anziché un agile veliero, il secondo albero diventò un semplice peschereccio. E del terzo albero non fecero niente. Fu tagliato in assi, che furono lasciate in una pila nel giardino del falegname.

 

La vita continuò. Gli anni passarono. E piano piano, i tre alberi impararono a convivere con i loro sogni infranti.

Poi, una notte, la vita del primo albero cambiò repentinamente. Nacque un bambino, con tutta evidenza non un bambino comune. Gli angeli cantarono, pastori vennero a visitarlo. Indovina quale mangiatoia usò come culla la madre del bambino? Quando il primo albero capì che cosa era successo, il suo cuore si riempì di gioia. «I miei sogni si sono realizzati», disse. «Non sono stato riempito d’oro e di gioielli, ma ho portato il più prezioso tesoro del mondo.»

 

Passarono molti altri anni, in tutto circa 30, e un giorno, infine, anche la vita del secondo albero cambiò. Era fuori, in mezzo al mare, quando si scatenò una tempesta terribile. Il vento soffiava violentemente e le onde erano tanto alte che la barchetta era persuasa di affondare. Ma a quel punto accadde qualcosa di incredibile. Uno degli uomini che essa trasportava, si alzò. «Taci, calmati!», disse al vento e alle onde. Ed essi obbedirono. Quandoil secondo albero afferrò ciò che era accaduto, anche il suo cuore si riempì di gioia. «I miei sogni si sono realizzati», disse. «Non ho trasportato un grande esploratore, ma ho trasportato il Creatore del cielo e della terra.»

 

Non molto tempo dopo, anche la vita del terzo albero subì un cambiamento.

Arrivò un falegname e lo portò via. Con sua grande costernazione, però, non fu lavorato per farne qualcosa di bello. Non ne fecero neppure qualcosa di utile. Invece, ne fu fatta una grezza croce di legno. «Questo è il tipo di croce sulla quale i soldati crocifiggono i criminali», pensò l’albero, sconvolto. E in effetti fu trasportato sul luogo dell’esecuzione. Là, in cima ad una collina fu inchiodato sopra le sue travi un uomo condannato a morte. Per la verità sarebbe dovuto essere il giorno più brutto della vita dellalbero, ma l’uomo inchiodato sulla croce non era un comune criminale che doveva pagare la pena dei suoi delitti. Era un innocente, Gesù Cristo, figlio di Dio, che moriva per i peccati del mondo. E quando il terzo albero capì ciò che era successo, il suo cuore esultò di gioia. «I miei sogni si sono realizzati», disse. «Non diventerò l’albero più alto del bosco, ma sarò la croce che farà pensare gli uomini a Gesù Cristo.»

anonimo



Respuesta  Mensaje 3 de 3 en el tema 
De: Lelina Enviado: 18/12/2009 21:11
Il Natale di Martin
 
di Leone Tolstoj
 
 
In una certa città viveva un ciabattino, di nome Martin Avdeic.
Lavorava in una stanzetta in un seminterrato, con una finestra che guardava sulla strada e da questa poteva vedere soltanto i piedi delle persone che passavano, ma ne riconosceva molte dalle scarpe, che aveva riparato lui stesso.
Aveva sempre molto da fare, perché lavorava bene, usava materiali di buona qualità e per di più non si faceva pagare troppo.
Anni prima, gli erano morti la moglie e i figli e Martin si era disperato al punto di rimproverare Dio.
Poi un giorno, un vecchio del suo villaggio natale, che era diventato un pellegrino e aveva fama di santo, andò a trovarlo.
E Martin gli aprì il suo cuore. - Non ho più desiderio di vivere - gli confessò. - Non ho più speranza.
 Il vegliardo rispose: « La tua disperazione è dovuta al fatto che vuoi vivere solo per la tua felicità. Leggi il Vangelo e saprai come il Signore vorrebbe che tu vivessi.»
Martin si comprò una Bibbia.
In un primo tempo aveva deciso di leggerla soltanto nei giorni di festa ma, una volta cominciata la lettura, se ne sentì talmente rincuorato che la lesse ogni giorno.
E cosi accadde che una sera, nel Vangelo di Luca, Martin arrivò al brano in cui un ricco fariseo invitò il Signore in casa sua.
Una donna, che pure era una peccatrice, venne a ungere i piedi del Signore e a lavarli con le sue lacrime.
Il Signore disse al fariseo: «Vedi questa donna? Sono entrato nella tua casa e non mi hai dato acqua per i piedi. Questa invece con le lacrime ha lavato i miei piedi e con i suoi capelli li ha asciugati... Non hai unto con olio il mio capo, questa invece, con unguento profumato ha unto i miei piedi.» Martin rifletté. Doveva essere come me quel fariseo. Se il Signore venisse da me, dovrei comportarmi cosi?
Poi posò il capo sulle braccia e si addormentò. All'improvviso udì una voce e si svegliò di soprassalto.
Non c'era nessuno.
Ma senti distintamente queste parole: - Martin! Guarda fuori in strada domani, perché io verrò. L'indomani mattina Martin si alzò prima dell'alba, accese il fuoco e preparò la zuppa di cavoli e la farinata di avena. Poi si mise il grembiule e si sedette a lavorare accanto alla finestra. Ma ripensava alla voce udita la notte precedente e così, più che lavorare, continuava a guardare in strada. Ogni volta che vedeva passare qualcuno con scarpe che non conosceva, sollevava lo sguardo per vedergli il viso.
Passò un facchino, poi un acquaiolo.
E poi un vecchio di nome Stepanic, che lavorava per un commerciante del quartiere, cominciò a spalare la neve davanti alla finestra di Martin che lo vide e continuò il suo lavoro.
Dopo aver dato una dozzina di punti, guardò fuori di nuovo.
Stepanic aveva appoggiato la pala al muro e stava o riposando o tentando di riscaldarsi.
Martin usci sulla soglia e gli fece un cenno. - Entra - disse - vieni a scaldarti. Devi avere un gran freddo. - Che Dio ti benedica!- rispose Stepanic. Entrò, scuotendosi di dosso la neve e si strofinò ben bene le scarpe al punto che barcollò e per poco non cadde. -
Non è niente - gli disse Martin. - Siediti e prendi un po' di tè. Riempi due boccali e ne porse uno all'ospite.
Stepanic bevve d'un fiato. Era chiaro che ne avrebbe gradito un altro po'. Martin gli riempi di nuovo il bicchiere.
Mentre bevevano, Martin continuava a guardar fuori della finestra.
- Stai aspettando qualcuno? - gli chiese il visitatore.
- Ieri sera- rispose Martin - stavo leggendo di quando Cristo andò in casa di un fariseo che non lo accolse coi dovuti onori.
Supponi che mi succeda qualcosa di simile.
Cosa non farei per accoglierlo! Poi, mentre sonnecchiavo, ho udito qualcuno mormorare: "Guarda in strada domani, perché io verrò".
Mentre Stepanic ascoltava, le lacrime gli rigavano le guance. - Grazie, Martin Avdeic.
Mi hai dato conforto per l'anima e per il corpo. Stepanic se ne andò e Martin si sedette a cucire uno stivale.
Mentre guardava fuori della finestra, una donna con scarpe da contadina passò di lì e si fermò accanto al muro.
Martin vide che era vestita miseramente e aveva un bambino fra le braccia.
Volgendo la schiena al vento, tentava di riparare il piccolo coi propri indumenti, pur avendo indosso solo una logora veste estiva.
Martin uscì e la invitò a entrare.
Una volta in casa, le offrì un po' di pane e della zuppa.
- Mangia, mia cara, e riscaldati - le disse.
Mangiando, la donna gli disse chi era: - Sono la moglie di un soldato.
Hanno mandato mio marito lontano otto mesi fa e non ne ho saputo più nulla.
Non sono riuscita a trovare lavoro e ho dovuto vendere tutto quel che avevo per mangiare.
Ieri ho portato al monte dei pegni il mio ultimo scialle.
Martin andò a prendere un vecchio mantello. - Ecco - disse. - è un po' liso ma basterà per avvolgere il piccolo.
La donna, prendendolo, scoppiò in lacrime.
- Che il Signore ti benedica.
- Prendi - disse Martin porgendole del denaro per disimpegnare lo scialle. Poi l’accompagnò alla porta. Martin tornò a sedersi e a lavorare.
Ogni volta che un'ombra cadeva sulla finestra, sollevava lo sguardo per vedere chi passava.
Dopo un po', vide una donna che vendeva mele da un paniere.
Sulla schiena portava un sacco pesante che voleva spostare da una spalla all'altra.
Mentre posava il paniere su un paracarro, un ragazzo con un berretto sdrucito passò di corsa, prese una mela e cercò di svignarsela.
Ma la vecchia lo afferrò per i capelli.
Il ragazzo si mise a strillare e la donna a sgridarlo aspramente.
Martin corse fuori. La donna minacciava di portare il ragazzo alla polizia.
- Lascialo andare, nonnina - disse Martin. - Perdonalo, per amor di Cristo. La vecchia lasciò il ragazzo.
- Chiedi perdono alla nonnina - gli ingiunse allora Martin.
Il ragazzo si mise a piangere e a scusarsi.
Martin prese una mela dal paniere e la diede al ragazzo dicendo:
- Te la pagherò io, nonnina.
- Questo mascalzoncello meriterebbe di essere frustato - disse la vecchia. - Oh, nonnina - fece Martin - se lui dovesse essere frustato per aver rubato una mela, cosa si dovrebbe fare a noi per tutti i nostri peccati?
Dio ci comanda di perdonare, altrimenti non saremo perdonati. E dobbiamo perdonare soprattutto a un giovane sconsiderato.
- Sarà anche vero - disse la vecchia - ma stanno diventando terribilmente viziati.
Mentre stava per rimettersi il sacco sulla schiena, il ragazzo sì fece avanti.
- Lascia che te lo porti io, nonna. Faccio la tua stessa strada.
 La donna allora mise il sacco sulle spalle del ragazzo e si allontanarono insieme.
Martin tornò a lavorare.
Ma si era fatto buio e non riusciva più a infilare l'ago nei buchi del cuoio.
Raccolse i suoi arnesi, spazzò via i ritagli di pelle dal pavimento e posò una lampada sul tavolo.
Poi prese la Bibbia dallo scaffale.
Voleva aprire il libro alla pagina che aveva segnato, ma si apri invece in un altro punto.
Poi, udendo dei passi, Martin si voltò.
Una voce gli sussurrò all'orecchio: - Martin, non mi riconosci?
- Chi sei? - chiese Martin.
- Sono io - disse la voce.
E da un angolo buio della stanza uscì Stepanic, che sorrise e poi svanì come una nuvola.
- Sono io - disse di nuovo la voce.
E apparve la donna col bambino in braccio. Sorrise. Anche il piccolo rise. Poi scomparvero.
- Sono io - ancora una volta la voce.
La vecchia e il ragazzo con la mela apparvero a loro volta, sorrisero e poi svanirono.
Martin si sentiva leggero e felice.
Prese a leggere il Vangelo là dove si era aperto il libro.
 In cima alla pagina lesse: « Ebbi fame e mi deste da mangiare, ebbi sete e mi dissetaste, fui forestiero e mi accoglieste.
In fondo alla pagina lesse: Quanto avete fatto a uno dei più piccoli dei miei fratelli, l’avete fatto a me.» Così Martin comprese che il Salvatore era davvero venuto da lui quel giorno e che lui aveva saputo accoglierlo


 
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