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Respuesta  Mensaje 1 de 4 en el tema 
De: Romano  (Mensaje original) Enviado: 15/04/2010 08:49

Dopo il successo clamoroso dei gruppi musicali (Beatles e Rolling Stones e i moltissimi altri che sono seguiti, in Gran Bretagna e in tutto il mondo), anche in Italia negli anni '60 prese il via un prevedibile processo di imitazione. Contribuivano a sostenere il nuovo fenomeno due elementi: la egemonia culturale che andava esercitando sul costume la Gran Bretagna (e più in generale il mondo anglosassone) e la fame di musica e di novità del mercato italiano della musica, allora uno dei più ricchi del mondo.

Formare un complesso, come venivano chiamati allora i gruppi beat, non era difficile, il repertorio poteva essere ricavato dai successi inglesi, recuperabili sul posto dopo qualche viaggio, oppure ascoltando Radio Caroline o Radio Luxembourg, le radio private musicali inglesi.

Anche la tecnica non era un problema, bastava un minimo di capacità di padroneggiare gli strumenti, sia per la semplicità del genere beat, sia per gli standard piuttosto bassi ai quali tutti si uniformavano (i virtuosi di chitarra dovevano ancora arrivare, così come gli assolo di basso e batteria mutuati dal jazz). Ascoltando molti dei primi 45 giri degli inizi dell'epoca beat ci si può fare una idea della tecnica spesso elementare e quasi sempre derivativa dai modelli stranieri. Ci pensava l'entusiasmo sia di chi suonava sia di chi ascoltava a compensare il tutto

 

La formazione tipica era mutuata da quella dei Beatles: voce e chitarra ritmica (di accompagnamento), chitarra solista, basso, batteria. La chitarra ovviamente era elettrica, tipicamente una semplice Fender, spesso usata senza distorsore o altri effetti.


Alcuni seguivano la variante Stones, con un cantante front-man aggiunto, libero da strumenti da suonare, se non un tamburello con cui sottolineare il ritmo. Altri cercavano la originalità attraverso uno strumento ulteriore, tipicamente l'organo Hammond o Vox o Rhodes, secondo il modello degli americani Doors o, più tardi, degli inglesi Procol Harum e Moody Blues. Nel momento magico del Rhythm & Blues qualcuno tentò anche l'innesto del sax.

 

I complessi cercavano, sul modello dei Beatles e dei Rolling Stones, di darsi una immagine riconoscibile e che consentisse di emergere dalla massa, nonché di identificare i musicisti come partecipanti ad un gruppo. Poteva essere il taglio di capelli, o i vestiti - travestimenti da utilizzare. Molti usavano abiti tutti uguali, sempre del tipo giacca e cravatta, come i Beatles degli inizi, che potevano trasformarsi anche in una specie di travestimento se l'abito era particolarmente estroso (per esempio una divisa militare, o un abito di colore insolito, o un costume di epoche passate).

 

L'uniformità non doveva però essere eccessiva, per consentire di fare emergere individualità e qualche fenomeno di proto-divismo, soprattutto incentrato sul cantante, che era solitamente il front-man. E che infatti, sul modello straniero, spesso era tentato di abbandonare il gruppo e tentare la carriera solistica.

 

I complessi che negli anni '60/70 hanno suonato a livello professionale sono stati un numero assai elevato, nell'elenco che  ne sono censiti oltre 1400, e probabilmente ne mancano ancora molti, in seguito vi racconterò pubblicando di quei gruppi  Italiani oltre 500 insomma dei più famosi dei meno famosi scusate il gioco di parole,  direi quasi tutti inciso canzoni una o molte sconosciuti al grande pubblico molti esistono ancora si esibiscono in piazza concerti minori, balere estive, discoteche, feste private, alcuni gruppi resuscitati e si notano anche in TV, insomma moltissimi esistono ancora.



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De: Romano Enviado: 15/04/2010 08:52

Nella grande maggioranza si trattava però sostanzialmente di gruppi che oggi chiamiamo cover band, nel senso che proponevano quasi soltanto successi stranieri in versione italiana (cover), solitamente con un arrangiamento il più vicino possibile all'originale, e differenze spesso dettate da fattori contingenti (p.es. la mancanza delle tastiere in formazione, sostituite da intrecci di chitarre elettriche). 

Oppure proponevano brani già noti di altri complessi.

I brani originali erano in maggioranza di noti autori dell'epoca, a volte in stile beat, a volte in stile tardo doo-woop o surf, altre ancora in stile melodico italiano, così come le parole delle versioni italiane delle cover. Gli autori erano per esempio Bardotti, Mogol, Battisti, Pace, Panzieri, Vecchioni, Guccini e molti altri.

Solo pochi gruppi intervenivano in proprio nella composizione dei testi delle cover (es. Jaguars, Kings) o anche di alcune canzoni (es. Giganti, Kings, Pooh). Praticamente soltanto i Rokes (un gruppo straniero in Italia, come noto) seguivano più o meno il modello inglese dei Beatles, dei Rolling Stones o dei Kinks, poi diventato la regola del rock, cioè erano autori in proprio, con alcuni dei loro componenti, delle canzoni del loro repertorio.

 

Non tutti arrivavano al traguardo della pubblicazione di un disco, ovvero di un singolo a 45 giri. A volte pubblicavano dischi sostanzialmente promozionali, a tiratura limitata e con una distribuzione molto ridotta. A volte rimanevano ad un solo singolo pubblicato. Pochi gruppi hanno costruito nel tempo una vera e propria discografia. Ancora in meno sono arrivati al traguardo della pubblicazione di un LP. Per la grande maggioranza dei complessi che citerò  nella nostra rubrica l'attività è stata soprattutto dal vivo, in concerti, spesso con più gruppi, in locali da ballo o in eventi musicali in ogni angolo della penisola.

 

Oltre ai complessi formatisi in Italia, molti gruppi stranieri, praticamente tutti inglesi, che trovavano difficoltà a conquistarsi uno spazio nel competitivo mercato di casa, si trasferirono sul mercato italiano, cantando nella nostra lingua e nazionalizzandosi, e costituendo anche, nel caso dei gruppi più preparati (come Rokes e Primitives) uno stimolo e una fonte di imitazione per i gruppi italiani.


Il mercato italiano era estremamente vasto, incomparabile con gli standard attuali (per arrivare ai primi posti della hit parade occorreva vendere centinaia di migliaia o milioni di copie. Con le vendite attuali da primi posti, 10 mila o 20 mila copie, ci si affacciava sì e no nella top-100, ma si rientrava comunque ampiamente delle spese. Inoltre, il mercato era ampiamente dominato dal singolo, il 45 giri, dal costo di produzione, ma anche di acquisto, molto basso, 500-600 lire (un LP costava circa 1800 lire). Un mercato quindi che attraeva in modo naturale chi aveva un prodotto già pronto da offrire.

 

Il lancio per il grande pubblico del fenomeno dei complessi, fino a quel momento un fenomeno giovanile, vagamente protestatario e alternativo, avvenne con una manifestazione musicale allora molto popolare, il Cantagiro, nella edizione del 1966. Il Cantagiro, una manifestazione vagamente ispirata al Giro d'Italia ciclistico e prodotta dal noto impresario Ezio Radaelli, prima edizione nel 1962 (e vinta da Celentano con Stai lontana da me) prevedeva una serie di tappe, il trasferimento dei cantanti con auto addobbate con i loro nomi, e una manifestazione canora in ogni località, tipicamente di vacanze, con votazioni effettuate da giurie popolari, scelte sul posto, e vincitori di tappa. Alla edizione del '66 parteciparono praticamente tutti i complessi beat attivi sulla scena musicale italiana, in un girone apposito (gli altri due gironi erano dedicati ai big e alle promesse). Nelle varie tappe i giovani erano attirati più che dai big (per la cronaca, in questa categoria vinse Gianni Morandi), dai complessi "capelloni", il nuovo fenomeno di costume. Quindi grande risalto grazie alla copertura televisiva, contrasti tra sostenitori dei cantanti tradizionali e di quelli nuovi, con contestazioni ai capelloni più spinti. Processo alla tappa, come nel ciclismo, ripreso dalla televisione, con i giornalisti al seguito schierati tra conservatori e moderni.


Respuesta  Mensaje 3 de 4 en el tema 
De: Romano Enviado: 15/04/2010 08:55

La gara fu un testa a testa tra i due gruppi di maggiore di successo, i Rokes e la Equipe 84, che alla fine vinse di un soffio.
Per i curiosi: la classifica finale del Cantagiro del 1966 e il referendum di "Ciao amici" dello stesso anno

 

La grande diffusione di complessi amatoriali o semi-professionali fu anche all'origine della proliferazione di concorsi e gare tra complessi, organizzate in teatri da sponsor di vario tipo (per esempio la Davoli, che vendeva strumenti musicali ed era ovviamente interessata al fenomeno). I finalisti potevano accedere a manifestazioni e festival ufficiali o vincere la pubblicazione di un disco.
Per i curiosi:
la cronaca del concorso Davoli del 1967 e tutti i complessi partecipanti

 

Un fenomeno così ampio e diffuso come quello dei complessi beat che influenza ha avuto sulla musica italiana? Nel decennio successivo la musica in Italia ha espresso due tendenze principali: i cantautori e il progressive italiano. Sul primo fenomeno i complessi hanno inciso poco o nulla: nessuno dei principali cantautori proveniva da complessi di una qualche notorietà, la maggioranza non aveva avuto alcuna relazione con il beat, si possono citare solo Francesco Guccini, che era stato autore e collaboratore dei Nomadi, e aveva intitolato il suo primo LP Folk Beat N.1 anche se era un'opera del tutto riconducibile al cantautorato (anzi, anticipatrice di questo nuova tendenza), e Claudio Rocchi, ex bassista degli Stormy Six.

Il progressive è invece stato lo sbocco naturale per un discreto numero di complessi, in particolar modo quelli che avevano una migliore preparazione tecnica e musicale e una maggiore determinazione e coesione per superare il momento di crisi al volgere del decennio.

Così una buona parte dei protagonisti del progressive provenivano da precedenti complessi beat, o dallo stesso complesso, come si può vedere dal breve (e non esaustivo) elenco che segue.

 

Tra i gruppi storici progressive che hanno raccolto un buon successo di vendite praticamente solo Il Banco del mutuo soccorso non ha avuto praticamente trascorsi nel periodo beat. Naturalmente esistono molti alti gruppi progressive, molti dei quali scoperti e apprezzati anni dopo, dai Jumbo ai Garybaldi, dai Quella vecchia locanda a Il biglietto per l'inferno (nei nomi dei gruppi la creatività ha raggiunto il suo culmine, in questa fase) con seguito, dischi all'attivo e risultati variabili.


Da ricordare infine quel piccolo gruppo di complessi anni '60, nominalmente ricondotti al beat, ma in realtà già oltre e ampiamente influenzati dalla psichedelia, precursori del fenomeno progressive. Parliamo dei Tubi lungimiranti, dei Fantom's, dei Chewing Gum di Firenze, ovviamente de Le Stelle di Mario Schifano, dei Chetro & Co. degli Astrali.
Tutti accomunati da una storia limitata agli anni '60, a parte le vicende personali dei componenti dei complessi.


Respuesta  Mensaje 4 de 4 en el tema 
De: Romano Enviado: 15/04/2010 09:12

Tra le migliaia di complessi degli anni '60 decine, o forse centinaia, sono arrivati alla notorietà, con articoli sui giornali specializzati (Giovani, Big, Tutto Beat), presenza alla radio, passaggi in televisione o nei festival. La grandissima maggioranza non ha superato la fine dell'era beat, nei successivi anni '70 alcuni si sono riconvertiti al pop melodico all'italiana (Gens, Bertas, Cugini di campagna) rimanendo nel circuito professionale. Alla fine degli anni '60 psichedelia e nuovo rock hanno reso definitivamente obsoleto il beat e hanno anche richiesto a chi vi si cimentava una preparazione musicale molto più accurata.

 

Un numero ristretto di gruppi musicalmente preparati ha proseguito il cammino negli anni '70 evolvendo nel ben più impegnativo genere progressive: sono i Quelli, che hanno dato origine alla Premiata Forneria Marconi, Le Orme, i New Trolls, i Califfi (che realizzarono l'apprezzato disco progressive Fiore di metallo). Al folk-rock impegnato approdarono gli Stormy Six e due ex esponenti del beat, Demetrio Stratos dei Ribelli e Paolo Tofani dei Califfi, che furono tra i fondatori degli Area

 

Di tutti i complessi beat soltanto due, diversissimi, sono ancora attivi: i Nomadi e i Pooh, anche se i secondi sono stati realmente un complesso beat solo per pochissimo tempo, nelle fasi iniziali della loro carriera (ma non hanno mai dimenticato le loro origini beat).

 

La maggior parte di questi gruppi esiste ancora si esibiscono su palcoscenici locali rionali, con la separazione di un gruppo ne sono nati  e scaturiti altri, anche di successo seguitemi e vedrete alcuni elementi da dove sono partiti e dove sono arrivati altri si sono sciolti definitivamente pochi, per i problemi di sopravvivenza, difficile campare, problemi operativi di lavoro di studio, di matrimonio, ecc. ecc. erano le cause di scioglimento di questi gruppi.

Tra questi gruppi in seguito citerò anche il mio “FESTA MOBILE”, raggiunto un livello professionale di assoluta eccellenza le nostre esibizioni erano le serate di piazza nelle feste paesane, le discoteche i veglioni, abbiamo partecipato anche a diversi Festival, uno da vincitori, purtroppo per i problemi sopra citati ci siamo sciolti nei primi anni dell’ottanta.

Il solo batterista Carmelo proseguito l’attività musicale, bravo in gamba, gli ho consigliato di  contattare i POOH ed i New Trolls in quanto devono sostituire il batterista, vero non è una battuta.

Il restante del gruppo stiamo pensando di riprendere semplicemente come Hobby ritrovarsi almeno una sera a settimana trascorrere insieme suonare cercando di ricordare qualcosa.. vedremo… mi racconterò in seguito…

 

romy



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