«In
Italia la perdita di natura procede a ritmi senza precedenti, con un
forte aumento del numero di specie a rischio estinzione». Il grido
d’allarme arriva dall’ultimo Annuario dei dati ambientali, realizzato
dall’Istituto superiore per la protezione ambientale (Ispra) e appena
presentato a Roma. Secondo la pubblicazione, curata insieme alle
agenzie regionali, negli ultimi 25 anni il numero di rondini,
balestrucci, allodole (e altre 30 varietà di uccelli tipiche degli
ambienti agricoli) è praticamente dimezzato; il 23 per cento dei
volatili rischia oltretutto di scomparire per sempre, così come il 66
per cento dei pesci d’acqua dolce, dei rettili e degli anfibi. Una
situazione davvero preoccupante. L’allarme purtroppo non riguarda
soltanto il mondo animale, ma anche quello vegetale: «Il 15 per cento
delle piante superiori e il 40 per cento delle piante inferiori – si
legge nell’Annuario – sono in pericolo. Si stima che siano a rischio
772 specie di epatiche, muschi e licheni e 1.020 piante vascolari».
Di chi è la colpa? «Sicuramente ci sono responsabilità umane –
spiega l’Istituto – La minaccia primaria è costituita dalle attività
antropiche e dalla richiesta di risorse naturali e servizi
ecosistemici». La trasformazione degli habitat, in particolare, mette a
rischio «il 50,5 per cento delle specie animali vertebrate. E non
dimentichiamo il bracconaggio e la pesca illegale». Tra tante cattive
notizie, ce n’è anche una buona: gli spazi verdi nel nostro Paese sono
in costante aumento. Nei capoluoghi di provincia ogni cittadino ha “a
disposizione” 93,60 metri quadri di verde (dieci anni fa erano 88,40),
mentre il patrimonio forestale nazionale stimato si aggira attorno ai
5.500 ettari (le zone di protezione speciale sono 597, pari al 14,5 per
cento del territorio).