Percepire il proprio corpo in maniera distorata, ingigantire lievi difetti o vederne di inesistenti. Rovinarsi la vita alla ricerca di una folle e irraggiungibile perfezione fisica. Si chiama dismorfofobia. Storie di donne che se hanno sofferto
Chiedete alla statuaria subrettina di turno, all’attrice del momento, se c’è qualcosa che non le piace del suo corpo. Vi risponderà qualcosa tipo: "l’alluce troppo lungo", "il gomito troppo aguzzo", "il lobo imperfetto". Stupidaggini, insomma, non certo cose che balzano all’occhio. Quasi tutte noi comuni mortali, invece, abbiamo qualcosa che non ci piace di ben più visibile: chi le gambe, chi il naso, chi il seno, chi il sedere . Spesso tendiamo anche a esagerare questi difetti. Ci guardiamo allo specchio e ci sembrano orribili, mentre ai nostri amici questi dettagli sembrano perfettamente normali e perfino belli. Difficile essere obiettive: chissà perché, poi, noi donne sappiamo essere così crudeli con noi se stesse. L’incapacità di vedersi realmente per ciò che si è allo specchio si chiama dismorfofobia o body dysmorphic disorder (BDD). In Italia ne soffrono oltre 500mila persone, per lo più donne. La patologia si manifesta in giovane età, solitamente tra i 10 e i 20 anni. Ne conseguono problemi di salute e relazionali.
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