Le feste natalizie stanno arrivando, e come ogni anno, la magia delle luminarie, degli alberi colorati e dei presepi si rinnova, sebbene la crisi economica non faccia presagire un Natale spendaccione. Ma del resto non guasta ricordare che il Natale prima di tutto è la festa della natività e dunque della venuta al mondo del Salvatore, per cui un maggiore intimismo e una maggiore spiritualità non sono certo cose da buttar via.
Intendiamoci: non che questi siano del tutto scomparsi dalla faccia della Terra. Tutt’altro. Purtroppo, però, l’uomo spesso li dimentica, tanto è dominato dall’invidia, dalla lussuria, dall’avarizia, dall’acidia, dalla golosia, dalla superbia e dall’ira… Soprattutto, la superbia da cui discende l’arroganza dell’umanità di ergersi a dea del creato, con tutti i pericoli che ne conseguono. Perché è l’arroganza che induce l’essere umano a mettere in discussione le leggi della natura e a tentare di piegarle a suo vantaggio, prescindendo superbamente dalle implicazioni etiche sottese a queste leggi, quasi che egli non abbia di esse più bisogno, laddove così non è: il progresso tecnologico e scientifico sono e sempre saranno attività positive, ma l’uomo deve perseguire sia l’uno che l’altro, tenendo conto delle fondamentali regole della vita che certo non possono essere sovvertite e stravolte a suo piacimento.
Eppure, tornando al Natale, nell’uomo esiste anche l’esigenza di riscoprire la propria identità sociale, l’essenza stessa del bene e della bontà. E questo, malgrado in un’epoca come la nostra, votata al materialismo esasperato e al relativismo etico, il Natale – simbolo per eccellenza della bontà d’animo – sia piuttosto un appuntamento commerciale, un periodo invernale per fare baldoria e basta. Da qui i Babbi Natali paccioconi e vestiti di rosso che ricordano la famosa bibita americana… Da qui l’uso dei doni, sempre più costosi e sempre più il risultato di esigenze superflue piuttosto che della spontanea necessità di simboleggiare, attraverso essi, lo scambio di un affetto che dovrebbe informare con la sua profondità non solo il momento della festa, ma ogni momento della nostra vita.
Il Natale certamente deve essere anche divertimento (l’ho detto!). E’ giusto che gli uomini ritrovino in questa festività la gioia di vivere, la speranza e la spensieratezza. Ma è altrettanto certo che il Natale non deve essere solo questo. Nella sua portentosa universalità, la natività deve essere capace di riportare la nostra attenzione sui coloro che sono più sfortunati di noi, sui diseredati e su tutte quelle persone a cui la vita ha dato poco o nulla. Un piccolo pensiero che non costa certo quanto una playstation 3, ma che, sicuramente, per molti potrebbe fare la differenza tra un Natale di lacrime e un Natale di sorrisi appesi all’albero come fossero tante palline colorate…
Marika