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De: Nando1 (Mensaje original) |
Enviado: 09/02/2011 06:15 |
Il sindaco leghista ordina “Non fatela mangiare”![](https://www.gabitos.com/images/emoticons/asombro.gif)
Nella Scuola dell'Infanzia di Fossalta di Piave in Veneto per aiutare una piccola di origine africana le maestre si privano di un pasto alla settimana, ma il primo cittadino dice no
La scuola dell’Infanzia “Il Flauto Magico” di Fossalta di Piave In fondo la storia è molto semplice: una bambina di quattro anni lasciata senza pasto, nella mensa del suo asilo, e rimandata a casa per volontà di un sindaco. In fondo questa è una nuova, piccola, storia feroce, una storia di uomini coraggiosi che si mettono a fare la guerra ai bambini. Ed è una di quelle facili guerre con cui alcuni amministratori della Lega provano a stravolgere la faccia bella del nord e a macchiare la generosità dei veneti con il pretesto della buona amministrazione. Sarebbe forse una “Nuova Adro” – questa storia – se a Fossalta di Piave la solidarietà dei genitori (che sono andati a protestare in istituto), delle insegnanti e dei collaboratori scolastici non si fosse opposta alle decisioni del sindaco e della direttrice scolastica. E sarebbe una storia sicuramente incredibile se a raccontarla a “Il Fatto” non fossero le testimonianze dei genitori, le carte bollate e persino le parole dei diretti interessati.
Ecco che cosa è successo. Nella Scuola dell’Infanzia “Il Flauto Magico” di Fossalta di Piave (che fa parte dell’Istituto comprensivo di Meolo) – una deliziosa scuola con i giochi fuori e cinque maestre bravissime – c’è una bambina di origine africana (la chiameremo Speranza, anche se questo non è il suo nome). Speranza ha una famiglia povera ma felice. Il padre operaio, la madre che si prende cura dei figli: lui lavora nelle industrie della zona, il pane non manca. Speranza ha quattro fratellini: due più piccoli di lei, due più grandi, già alle elementari. Quando entra in età scolare non riesce a iscriversi a scuola, perché non trova posto: l’istituto può accogliere solo cinquanta bambini. Quest’anno la mamma di Speranza (che chiameremo Maria, anche se questo non è il suo nome) fa in tempo a ricevere una buona notizia e un colpo durissimo. La buona notizia è che Speranza potrà finalmente entrare a scuola perché c’è posto per lei. Accede al tempo pieno, impara subito l’Italiano, si integra, aiuta la propria famiglia – e la madre che si esprime con pochissimi vocaboli e i verbi all’infinito – a inserirsi nella comunità fossaltina. Ma poi arriva anche il colpo: il papà di Speranza, dopo aver perso il suo lavoro e non essere riuscito a trovarne uno nuovo, sceglie di emigrare in Belgio, dove gli hanno promesso un impiego certo. Lo fa, e la piccola famiglia straniera inizia a vacillare. Era lui che si esprimeva in un italiano corrente, lui che teneva i rapporti con gli altri genitori. Maria resta sola: i soldi che arrivano dal Belgio sono pochissimi rispetto alle necessità di cinque bambini. I bimbi delle elementari hanno la refezione e il tempo pieno, ma Speranza, nella sua nuova classe, (anche se con la tariffa agevolata) deve pagare comunque cinquanta euro al mese. Se devi stringere la cinghia sono comunque tanti soldi. E così Maria si rivolge ai servizi sociali del comune, che le rispondono di non poter intervenire per aiutarla.
Nel frattempo (solo una settimana fa), le maestre della scuola escogitano una soluzione: ognuna di loro rinuncerà una volta a settimana al pranzo a cui ha diritto (sul posto di lavoro) e lo cederà alla bambina. E’ un gesto di solidarietà pragmatico, discreto. Aderiscono anche le due collaboratrici scolastiche, è d’accordo l’insegnante di religione che viene una volta a settimana. In un istituto in cui si servono 60 pasti e in cui mangiano 50 bambini, in realtà, le pietanze che ogni giorno avanzano basterebbero (e avanzerebbero) per tutti. Ma le maestre vogliono che non ci siano irregolarità e così si arrangiano: un giorno una di loro torna prima, un giorno un’altra si porta un panino, un altro ancora un’altra salta il pasto e dice scherzando che le farà bene alla linea.
Ma qui finisce il lato bello della storia e inizia la commedia surreale e grottesca. Il sindaco leghista Massimo Sensini (che è stato informato dai servizi sociali e dalla direttrice) viene a sapere della soluzione che è stata trovata e va su tutte le furie. Convoca la direttrice del comprensorio, Simonetta Murri e le spiega che “è responsabile di una gravissima irregolarità”. Prende carta e penna e scrive di suo pugno una lettera in cui si leggono frasi come questa: “Si sottolinea che il personale (della scuola, ndr.) non può cedere il proprio pasto senza incorrere in un danno erariale per il comune di Fossalta di Piave”. Insomma, per l’amministratore Sensini, le maestre che si privano del pasto per far mangiare una bambina di quattro anni, sono paragonabili a dei ladri che sottraggono al Comune beni di pubblica utilità. La direttrice sottoscrive la decisione, e a sua volta stila un ordine di servizio il cui senso è: “Se questo atteggiamento si ripeterà le responsabili saranno denunciate al provveditorato”. Con questa procedura le maestre rischiano provvedimenti disciplinari e la sospensione dall’insegnamento. E infatti non vogliono parlare. Maria viene informata che deve presentarsi a prendere Speranza alle 12.00 e non più alle 16.00. La bimba è costretta a saltare il tempo pieno e a separarsi dai suoi compagni di scuola. Maria fa quel che le è stato detto e, due giorni fa, la bimba scoppia a piangere in classe quando la madre la prende per portarla a casa. Ieri i genitori hanno chiesto un incontro alla direttrice dell’istituto per pregarla di risolvere la situazione.
Ma l’interessata spiega a “Il Fatto”: “Purtroppo condivido il richiamo che ci ha fatto il sindaco”. Le domandi come giudichi la sua lettera e lei ti risponde: “L’ho trovata ironica. E utile”. Ma in che senso? La Murri fa un esempio: “Se lei ha una casa del comune non la può subaffittare a dei terzi, capisce? E’ un reato. Se lei ha diritto ad un pasto della mensa non lo può dare a chi passa”. Provi a suggerire alla direttrice che la bambina non è una persona “che passa”. La Murri non accetta l’idea: “Ma vede, questo è un principio: quella soluzione era grave e dannosa. Se tutti volessero il pasto gratis noi cosa potremmo fare?”. Le chiedi se abbia ricevuto altre richieste: “Per ora no. Ma non potrebbero arrivare in tanti, siamo in tempi di crisi”. Provi a domandare se pensa che il fatto che la bimba sia extracomunitaria abbia prodotto la decisione dell’amministratore: “Penso proprio di no. Anzi, questa vicenda è la migliore garanzia della buona fede del sindaco: la bimba viene trattata come verrebbe trattato qualsiasi italiano”. Resti ancora incredulo, e cerchi il sindaco Sensini, classe 1951. Lo cerchi quattro volte, in comune, ti dicono che arriva alle 17.00. Ma lui non risponde e non richiama. Peccato. In fondo, questa è una storia semplice, una piccola storia di ordinaria ferocia. Ma la parola fine – per fortuna – non è stata ancora scritta.
Da Il Fatto Quotidiano del 4 febbraio 2011
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De: Nando1 |
Enviado: 09/02/2011 06:18 |
Quella bimba non resterà più senza mensa
Tanta solidarietà tra i cittadini: un ex consigliere di Fossalta di Piave azzera l'affitto per la famiglia della bambina. Ma il sindaco va avanti e dà dell'integralista al padre Le maestre le avevano offerto il loro pasto, il sindaco aveva accusato le maestre di danno erariale e la preside aveva minacciato le insegnanti di provvedimenti disciplinari spiegando di essere “obbligata dalla legge”. Ieri mattina – per fortuna – i genitori degli altri bambini della scuola hanno rimesso le cose a posto, con un bellissimo gesto di solidarietà. Sul palcoscenico di un asilo del basso Piave, si sono alternati l’alfabeto della ferocia e quello della gentilezza, il gesto di chi ha pagato per la piccola Speranza (anche se questo non è il suo vero nome) e la straordinaria scelta di un pensionato che oggi ospita gratuitamente la famiglia della bambina. Ma anche le parole di un sindaco che si è giustificato con queste incredibili argomentazioni: “La bambina è figlia di un noto estremista islamico”. Forse, nella sua visione tribale e integralista, l’idea di una rappresaglia legittimava lo sproposito della sua circolare.
Ma anche questa accusa ieri non trovava alcun riscontro: “Kabir (anche se questo non è il suo vero nome) – ci ha spiegato Giuseppe Dalcin, l’ex consigliere comunale del Pci che ha messo a disposizione della sua famiglia la propria casa – è andato in Belgio a cercare un impiego onesto perché aveva perso il lavoro. Ha lavorato otto anni come metalmeccanico, non l’ho mai visto lamentarsi. Quando è finito in cassa integrazione, un giorno mi ha detto: ‘Devo trovare un modo per sfamare la mia famiglia’”. Integralista islamico? “Un religioso islamico, direi. Qualcuno deve spiegare al sindaco la differenza”.
Così, quella di oggi è la seconda puntata di un dramma padano, la storia di una bambina di quattro anni che tre giorni fa si era addormentata, ritrovandosi suo malgrado in un incubo, e che adesso potrebbe risvegliarsi in una meravigliosa fiaba solidale. Ieri, da tutta Italia, migliaia di persone hanno chiamato e scritto per raccontarci i loro timori, la loro solidarietà e la loro rabbia. Un grande vento che ha iniziato a soffiare quando un lettore che si offriva di pagare la retta della mensa a mezzanotte e cinque di ieri, subito dopo aver letto il nostro giornale nell’edizione online. E che di prima mattina si è abbattuto come una tempesta sui centralini della scuola “Il flauto magico” e su quelli del Comune (di fatto inagibili per tutto il giorno). Non c’è molto da aggiungere: grazie. Ieri un frammento di Italia ha detto: “Se serve, pago io”.
Ma è anche la storia del cuore profondo del Veneto, dei tanti che a Fossalta di Piave, leghisti, non leghisti, di destra o di sinistra, facoltosi o indigenti, hanno considerato inaccettabile la decisione della preside della scuola, Simonetta Murri, che su queste pagine aveva difeso la decisione di riprendere le maestre per il loro digiuno a rotazione: “Quella scelta era grave e dannosa”. Ieri la preside è stata più prudente (e silente), mentre i rappresentanti dei genitori hanno provveduto a consegnare i buoni alla madre di Speranza: “La scena della bambina che piangeva perché veniva separata dai suoi amichetti – ha raccontato una di loro – ci ha devastato il cuore. Non avevamo e non abbiamo nulla contro l’amministrazione, non facciamo politica! Abbiamo fatto quello che qualsiasi genitore di buonsenso vorrebbe fare”.
Vuole restare anonima questa madre (come tutti gli altri che abbiamo sentito): “Non vogliamo medaglie. Non vogliamo che questa diventi una guerra sulle teste dei bambini. Vogliamo e volevamo, ‘solo’, risolvere un problema che non si poteva ignorare”. Un altro padre aggiunge: “Avevamo chiesto un colloquio con la preside. Le abbiamo parlato. E lei, ancora ieri, ci ha detto che non poteva fare nulla. Alcuni di noi hanno scelto di intervenire in forma privata. Le polemiche non servono a nessuno”.
Quella che stiamo scrivendo è una storia italiana. La storia di un paese sempre in bilico fra la cialtroneria e la generosità. Ieri il sindaco Massimo Sensini, leghista puro e duro, si è difeso come ha potuto: “Il buono pasto non può essere ceduto. E soprattutto non può essere istituzionalizzato il regalo a chi si vuole. è inammissibile”. Speranza è di origine africana, mulatta. Padre del Senegal e madre del Ciad, in Italia da dieci anni. La bimba ha quattro fratellini. Da quando il padre è partito per il Belgio la famiglia si trova in gravi difficoltà: la madre non parla l’italiano, ha chiesto aiuto ai servizi sociali. E qui il sindaco si impunta: “Sono già aiutati dal Comune che ha tagliato il costo del buono pasto da 4 euro e 45 centesimi a 2”. Una infanzia a rischio per 50 euro. A un passo dalla scuola, la famiglia viveva nella casa di Dalcin. Per un comodato di 300 euro, finché il papà ha lavorato. Poi gratis. L’ex consigliere parla con una voce calda, un lessico curato: “Usavo quei soldi per ammortizzare i costi, solo di riscaldamento: solo di quello, per il mio piano ed il mio spendo 700 euro al mese”.
Già, perché Dalcin vive da solo, con una pensione da mille euro. Ma adesso dice: “Io cinque bambini per strada non li metterò m-a-i. Piuttosto ci vado io, al freddo e al gelo”. Dalcin racconta che a fare la spesa è il fratello di Kabir: “Ha vent’anni. Si è diplomato brillantemente. Ha un lavoro, una famiglia da mantenere, ma si cura anche dei nipoti”. La Speranza questa sera è uscita dall’incubo, ha trovato un nome, una casa. E – pensate un po’ – persino un buono pasto.
da il Fatto Quotidiano del 5 febbraio 2011 |
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C'è tanto spreco... e si vieta un pasto a una bimba a scuola?
E´ ignobile, da condannare.
Non capisco come la direttrice abbia potuto accettare ciò che diceva un uomo così egoista!![](../images/emoticons/sorprendido.gif)
Siamo nel 2011. ma la cattiveria e l´ egoismo prevalgono in certe persone... meno male che per i più il cuore è nobile e il bene prevale...![](../images/emoticons/sonrisa_1.gif)
Mariasole![](../images/emoticons/confundido.gif)
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