Parte dalla Piazza del Quirinale la Maratona Tricolore per il 150° dell’Unità d’Italia
Partirà dalla piazza del Quirinale la Maratona Tricolore che, nella notte tra il 16 e il 17 marzo, idealmente attraverserà tutta l'Italia in attesa della festa dedicata ai 150 anni dell'Unità nazionale.
Prima, nella mattinata, il Capo dello Stato visiterà, al Complesso del Vittoriano, la Mostra "Alle radici dell'identità nazionale", promossa da Roma Capitale e curata da Marcello Veneziani. Poi, in serata, la "Notte Tricolore" promossa dal Comitato dei Garanti per le Celebrazioni del 150° Anniversario, prenderà avvio dalla piazza del Quirinale con uno spettacolo trasmesso in diretta da Rai Uno, condotto da Fabrizio Frizzi con la partecipazione di Gianni Morandi, Roberto Vecchioni, Giancarlo Giannini, la JuniOrchestra Jung e il Coro di Voci Bianche dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Sono previsti collegamenti anche con le "notti tricolore" di Torino, Firenze, Napoli, oltre che con la Stazione Termini di piazza dei Cinquecento di Roma dove sarà issata una bandiera monumentale.
La Patria è la nostra casa; la casa che Dio ci ha dato, ponendovi dentro una numerosa famiglia, che ci ama e che noi amiamo.
Lavorando per la Patria, noi lavoriamo per l'umanità. La Patria è una cosa indivisibile.
Come i membri di una famiglia non hanno gioia dalla mensa comune se uno di essi è lontano, cosl voi non abbiate gioia e riposo finché vi sia una frazione del territorio, sul quale si parla la vostra lingua, che non faccia parte dello Stato italiano.
Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato; noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue: Articolo unico: Il Re Vittorio Emanuele II assume per sé e suoi Successori il titolo di Re d'Italia. Ordiniamo che la presente, munita del Sigillo dello Stato, sia inserita nella raccolta degli atti del Governo, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. Da Torino addì 17 marzo 1861".
Sono le parole che si possono leggere nel documento della legge n. 4671 del Regno di Sardegna e valgono come proclamazione ufficiale del Regno d'Italia, che fa seguito alla seduta del 14 marzo 1861 della Camera dei Deputati, nella quale è stato votato il progetto di legge approvato dal Senato il 26 febbraio 1861. La legge n. 4671 fu promulgata il 17 marzo 1861 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 68 del 18 marzo 1861.
In circa due anni, dalla primavera del 1859 alla primavera del 1861, nacque, da un 'Italia divisa in sette Stati, il nuovo regno: un percorso che parte dalla vittoria militare degli eserciti franco-piemontesi nel 1859 e dal contemporaneo progressivo sfaldarsi dei vari Stati italiani che avevano legato la loro sorte alla presenza dell'Austria nella penisola e si conclude con la proclamazione di Vittorio Emanuele II re d'Italia.
Tra il 1859 e il 1860 non ci fu un vero scontro tra l'elemento liberale e le vecchie classi dirigenti ma una rassegnata accettazione della nuova realtà da parte di queste ultime. Solo nel regno meridionale si manifestò una qualche resistenza, dopo la perdita della Sicilia e l'ingresso di Garibaldi a Napoli (7 settembre), senza colpo ferire, con la battaglia del Volturno e la difesa di alcune fortezze. Il nuovo Stato non aveva tradizioni politiche univoche (insieme ad un centro nord con tradizioni comunali e signorili, c'era un mezzogiorno con tradizioni monarchiche fortemente accentrate a Napoli) ma si basava su una nazione culturale di antiche origini che costituiva un forte elemento unitario in tutto il paese, uno Stato - come scrisse all'indomani della conclusione della seconda guerra mondiale un illustre storico svizzero, Werner Kaegi - che cinque secoli prima dell'unità aveva "una effettiva coscienza nazionale" anche se priva di forma politica. Nel rapidissimo riconoscimento del regno da parte della Gran Bretagna e della Svizzera il 30 marzo 1861, ad appena due settimane dalla sua proclamazione, seguito da quello degli Stati Uniti d'America il 13 aprile 1861, al di là delle simpatie per il governo liberale di Torino, ci fu anche un disegno, anche se ancora incerto, sul vantaggio che avrebbe tratto il continente europeo dalla presenza del nuovo regno.
Cominciò infatti a diffondersi la convinzione che l'Italia unita avrebbe potuto costituire un elemento di stabilità per l'intero continente. Invece di essere terra di scontro tra potenze decise ad acquistare una posizione egemonica nell'Europa centro-meridionale e nel Mediterraneo, l'Italia unificata, cioè un regno di oltre 22 milioni di abitanti, avrebbe potuto rappresentare un efficace ostacolo alle tendenze espansioniste della Francia da un lato e dell'impero asburgico dall'altro e, grazie alla sua favorevole posizione geografica, inserirsi nel contrasto tra Francia e Gran Bretagna per il dominio del Mediterraneo.
O patria mia, vedo le mura e gli archi E le colonne e i simulacri e l'erme Torri degli avi nostri, Ma la la gloria non vedo, Non vedo il lauro e il ferro ond'eran carchi I nostri padri antichi. Or fatta inerme Nuda la fronte e nudo il petto mostri, Oimè quante ferite, Che lívidor, che sangue! oh qual ti veggio, Formosissima donna! Io chiedo al cielo e al mondo: dite dite; Chi la ridusse a tale? E questo è peggio, Che di catene ha carche ambe le braccia, Sì che sparte le chiome e senza velo Siede in terra negletta e sconsolata, Nascondendo la faccia Tra le ginocchia, e piange. Piangi, che ben hai donde, Italia mia, Le genti a vincer nata E nella fausta sorte e nella ria. Se fosser gli occhi tuoi due fonti vive, Mai non potrebbe il pianto Adeguarsi al tuo danno ed allo scorno; Che fosti donna, or sei povera ancella. Chi di te parla o scrive, Che, rimembrando il tuo passato vanto, Non dica: già fu grande, or non è quella? Perchè, perchè? dov'è la forza antica? Dove l'armi e il valore e la costanza? Chi ti discinse il brando? Chi ti tradì? qual arte o qual fatica 0 qual tanta possanza, Valse a spogliarti il manto e l'auree bende? Come cadesti o quando Da tanta altezza in così basso loco? Nessun pugna per te? non ti difende Nessun de' tuoi? L'armi, qua l'armi: io solo Combatterà, procomberò sol io. Dammi, o ciel, che sia foco Agl'italici petti il sangue mio. Dove sono i tuoi figli?. Odo suon d'armi E di carri e di voci e di timballi In estranie contrade Pugnano i tuoi figliuoli. Attendi, Italia, attendi. Io veggio, o parmi, Un fluttuar di fanti e di cavalli, E fumo e polve, e luccicar di spade Come tra nebbia lampi. Nè ti conforti e i tremebondi lumi Piegar non soffri al dubitoso evento? A che pugna in quei campi L'itata gioventude? 0 numi, o numi Pugnan per altra terra itali acciari. Oh misero colui che in guerra è spento, Non per li patrii lidi e per la pia Consorte e i figli cari, Ma da nemici altrui Per altra gente, e non può dir morendo Alma terra natia, La vita che mi desti ecco ti rendo. Oh venturose e care e benedette L'antiche età, che a morte Per la patria correan le genti a squadre E voi sempre onorate e gloriose, 0 tessaliche strette, Dove la Persia e il fato assai men forte Fu di poch'alme franche e generose! lo credo che le piante e i sassi e l'onda E le montagne vostre al passeggere Con indistinta voce Narrin siccome tutta quella sponda Coprir le invitte schiere De' corpi ch'alla Grecia eran devoti. Allor, vile e feroce, Serse per l'Ellesponto si fuggia, Fatto ludibrio agli ultimi nepoti; E sul colle d'Antela, ove morendo Si sottrasse da morte il santo stuolo, Simonide salia, Guardando l'etra e la marina e il suolo. E di lacrime sparso ambe le guance, E il petto ansante, e vacillante il piede, Toglicasi in man la lira: Beatissimi voi, Ch'offriste il petto alle nemiche lance Per amor di costei ch'al Sol vi diede; Voi che la Grecia cole, e il mondo ammira Nell'armi e ne' perigli Qual tanto amor le giovanette menti, Qual nell'acerbo fato amor vi trasse? Come si lieta, o figli, L'ora estrema vi parve, onde ridenti Correste al passo lacrimoso e, duro? Parea ch'a danza e non a morte andasse Ciascun de' vostri, o a splendido convito: Ma v'attendea lo scuro Tartaro, e l'ond'a morta; Nè le spose vi foro o i figli accanto Quando su l'aspro lito Senza baci moriste e senza pianto. Ma non senza de' Persi orrida pena Ed immortale angoscia. Come lion di tori entro una mandra Or salta a quello in tergo e sì gli scava Con le zanne la schiena, Or questo fianco addenta or quella coscia; Tal fra le Perse torme infuriava L'ira de' greci petti e la virtute. Ve' cavalli supini e cavalieri; Vedi intralciare ai vinti La fuga i carri e le tende cadute, E correr fra' primieri Pallido e scapigliato esso tiranno; ve' come infusi e tintí Del barbarico sangue i greci eroi, Cagione ai Persi d'infinito affanno, A poco a poco vinti dalle piaghe, L'un sopra l'altro cade. Oh viva, oh viva: Beatissimi voi Mentre nel mondo si favelli o scriva. Prima divelte, in mar precipitando, Spente nell'imo strideran le stelle, Che la memoria e il vostro Amor trascorra o scemi. La vostra tomba è un'ara; e qua mostrando Verran le madri ai parvoli le belle Orme dei vostro sangue. Ecco io mi prostro, 0 benedetti, al suolo, E bacio questi sassi e queste zolle, Che fien lodate e chiare eternamente Dall'uno all'altro polo. Deh foss'io pur con voi qui sotto, e molle Fosse del sangue mio quest'alma terra. Che se il fato è diverso, e non consente Ch'io per la Grecia i mororibondi lumi Chiuda prostrato in guerra, Così la vereconda Fama del vostro vate appo i futuri Possa, volendo i numi, Tanto durar quanto la, vostra duri.
Una festa bellissima, che ho seguito in tutte le manifestazioni trasmesse in TV (oggi da me pioveva e sono rimasta a casa) cominciando dalla visita al Vittoriano a Roma fino al Nabucco trasmesso in serata... un suggestivo bagno di folla, che ha veramente emozionato
Viva l' Italia , la nostra bella patria...
Gli Italiani si sentono veramente uniti sotto il vessillo del nostro tricolore...